Collezionisti e studiosi: Le follie per le reliquie della storia
Cadaveri Eccellenti: Una panoramica sulle reliquie di grandi personaggi
Andrea Pastore 17/02/2024 0
Nel vasto panorama della storia, alcuni oggetti atipici e macabri diventano oggetto di desiderio per una particolare categoria di individui: collezionisti e studiosi. Il fenomeno delle reliquie storiche, in particolare i resti di persone celebri, ha attraversato i secoli, coinvolgendo personaggi come Napoleone, Lenin, Stalin e altri illustri defunti. Queste reliquie, da alcuni considerate preziose testimonianze del passato, diventano spesso oggetto di controversia e dibattito.
Uno degli esempi più discussi è il pene di Napoleone, attualmente custodito in una collezione privata a New York. Il percorso di questo "reperto" ha attraversato continenti e case d'aste, suscitando indignazione tra coloro che ritengono la sua conservazione un atto di cattivo gusto. La storia di questa particolare reliquia è stata trasformata in un romanzo, "Peter Doyle" di John Vernon, mentre molti americani chiedono la sua restituzione alla Francia. L'amputazione del membro imperiale avvenne durante l'autopsia di Napoleone nel maggio del 1821, motivata più dalla vendetta personale del medico corso che lo curava che da un rispetto reverenziale per il defunto.
Ma il desiderio di possedere frammenti dei grandi personaggi della storia non si limita al periodo napoleonico. La Napoleonic Society of America ha recentemente messo all'asta una ciocca dei capelli di Napoleone, un altro pezzo controverso di questa collezione di reliquie.
Le autopsie diventano un momento magico per i cacciatori di tesori macabri. Nel caso di Einstein, oltre agli occhi, il suo cervello fu trafugato durante l'autopsia. Thomas Harvey, il protagonista di questo colpo, risiede nel Kansas e talvolta regala microspicci di cervello a scienziati desiderosi di esplorare i segreti della mente del celebre scienziato.
Anche Lenin e Stalin non sfuggono a questa strana forma di venerazione post mortem. I loro cervelli sono stati asportati e studiati per cercare prove della loro straordinarietà. Nel caso di Lenin, la storia narra di uno scambio di cervelli orchestrato dallo stesso Stalin per nascondere le malattie del fondatore dell'URSS.
La febbre collezionistica arriva persino a coinvolgere il genio musicale di Mozart. Un teschio attribuito al compositore è stato ritrovato a Mosca, avvolto in un giornale datato 1896 con la scritta "Mozart" in caratteri latini. Sebbene siano sorti dubbi sull'autenticità, il mistero attorno a queste reliquie persiste.
In diverse parti del mondo, si conservano frammenti di personalità storiche come Lucrezia Borgia, i capelli di cui sono custoditi negli oscuri sotterranei dell'arcivescovado di Milano. Questi oggetti diventano oggetto di desiderio, suscitando emozioni contrastanti tra chi li osserva.
In conclusione, la passione per le reliquie della storia continua a ispirare collezionisti e studiosi, creando un curioso connubio tra il macabro e l'ammirazione per la grandezza del passato.
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Barbara Ruscitti 24/01/2025
L’importanza di Costruire le Case Funerarie Lontano da Ospedali e Strutture Sanitarie: Riflessioni su Vita, Morte e la Cultura dei Luoghi
La società moderna è sempre più consapevole dell'importanza di progettare spazi pubblici e privati in modo da rispettare la funzione culturale ed emotiva di ciascun luogo. In questo contesto, il tema della collocazione delle case funerarie – strutture dedicate alla gestione delle salme e all’accoglienza dei parenti dei defunti – assume un’importanza cruciale. È indispensabile, infatti, che tali strutture siano progettate e costruite lontano da ospedali, case di cura e strutture sanitarie. La ragione di questa separazione risiede non solo in motivazioni logistiche, ma soprattutto nel rispetto di una differenza culturale profonda tra luoghi destinati alla vita e luoghi associati alla morte.
La Cultura dei Luoghi: Ospedali come Simboli della Vita
Gli ospedali sono luoghi che, nonostante accolgano anche momenti difficili, rappresentano per eccellenza la speranza e la cura. Sono ambienti dove si combatte per la vita, dove si attende una guarigione e dove la medicina si impegna per alleviare la sofferenza. Sono anche luoghi di nascita, di nuova vita e di ricongiungimento con la salute.
L’idea di affiancare una casa funeraria a una struttura sanitaria mina questa percezione culturale. Inserire un simbolo di morte accanto a un simbolo di vita rischia di generare un cortocircuito emotivo e valoriale. Gli ospedali devono rimanere spazi in cui i pazienti, i familiari e il personale sanitario possano concentrarsi esclusivamente sul percorso di guarigione o sulla gestione delle situazioni critiche. Introdurre un luogo che richiama il lutto e la perdita potrebbe compromettere questa energia positiva e aumentare il carico emotivo di chi frequenta tali strutture.
Il Clown in Ospedale: Un Simbolo di Vita e Speranza
Negli ospedali, è fondamentale introdurre elementi che promuovano la speranza e il sollievo emotivo. Ne è un esempio l’arte della clownterapia, che attraverso la leggerezza e il sorriso riesce a portare conforto a pazienti di ogni età, in particolare ai bambini. La figura del clown, con la sua capacità di comunicare empatia e gioia, rappresenta l’antitesi culturale della casa funeraria. L’ospedale, anziché essere affiancato da simboli di lutto, dovrebbe essere arricchito da iniziative che ne rafforzino il ruolo di spazio dedicato alla vita e al benessere.
La Casa Funeraria: Un Luogo di Riflessione e Commiato
La casa funeraria, al contrario, è un luogo che deve essere pensato come spazio di raccoglimento e memoria. È il luogo dove i familiari possono elaborare il lutto e dare l’ultimo saluto alla persona cara. La sua funzione è strettamente legata alla dimensione del commiato, che richiede calma, rispetto e un distacco simbolico dalla frenesia della vita quotidiana.
Costruire una casa funeraria accanto a un ospedale non solo confonde i significati culturali associati ai due luoghi, ma rischia anche di interferire con il processo di elaborazione del lutto stesso. I familiari che frequentano una casa funeraria hanno bisogno di trovarsi in un contesto separato dalla quotidianità ospedaliera, in un luogo che consenta loro di concentrarsi sul ricordo e sull’intimità del momento.
Motivazioni Logistiche e Urbanistiche
Oltre agli aspetti culturali, ci sono anche motivazioni pratiche che rendono inopportuna la costruzione di case funerarie accanto agli ospedali.
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Sovraccarico del traffico locale: La vicinanza a un ospedale, che è già di per sé un centro di elevata affluenza, può creare problemi di congestione del traffico e ostacolare l’accesso ai servizi sanitari.
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Rischio di interferenze emotive: La coesistenza di una casa funeraria e di un ospedale può creare disagio nei pazienti e nei familiari, che potrebbero sentirsi oppressi dalla presenza costante del simbolo della morte.
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Incompatibilità ambientale: Gli standard di sicurezza e igiene richiesti per una casa funeraria, soprattutto per quanto riguarda la conservazione delle salme, possono non essere compatibili con la natura degli ambienti sanitari circostanti.
Un Approccio Culturale e Pianificatorio
La progettazione degli spazi urbani non può prescindere dall’impatto psicologico che tali luoghi hanno sulla comunità. È necessario adottare un approccio consapevole, che rispetti la funzione simbolica e pratica di ciascun luogo. Gli ospedali devono rimanere spazi di speranza, cura e guarigione, mentre le case funerarie devono essere collocate in contesti che permettano di preservare il rispetto e la solennità del commiato.
Separare i luoghi della vita da quelli della morte non è solo una questione logistica, ma soprattutto un atto di rispetto verso le emozioni e le esigenze delle persone. Gli ospedali devono essere ambienti che alimentano la speranza e la vita, dove i pazienti possono concentrarsi sulla guarigione e dove i professionisti sanitari lavorano per salvare vite.
Le case funerarie, invece, devono essere concepite come spazi dedicati alla riflessione, alla memoria e al saluto, lontani dalla frenesia e dall’energia degli ospedali. Solo attraverso questa chiara distinzione è possibile costruire una società che rispetti il valore della vita, il significato del lutto e il bisogno di equilibrio tra speranza e ricordo.
Andrea Fantozzi 17/09/2020
Corsi di tanatoprassi, attenti alle truffe!
In questi ultimi anni, stiamo assistendo ad un susseguirsi, su Internet e sulle testate giornalistiche del settore funebre, di svariati articoli che propongono corsi di tanatoprassi e di tanatoestetica; attenzione però, perché il pericolo è quello di una certa speculazione sull' argomento. Tale rischio è stato avvertito anche da ASSOTAN (Associazione Nazionale
Redazione Tan Magazine 17/09/2020
Jean-Nicolas Gannal, ideatore della tanatoprassi moderna
Personaggio eccentrico e controverso, Jean-Nicolas Gannal (1791-1852) ha dato il suo nome al metodo Gannal, considerato il metodo alla base della tanatoprassi moderna. Come molto spesso accade, la fama di cui gode Gannal nel campo della tanatoprassi, è in parte usurpata in quanto il procedimento di conservazione dei corpi per via d’iniezione vascolare era già stato attuato dal medico italiano Giuseppe Tranchina qualche anno prima di Gannal, e addirittura un secolo prima
dall’anatomista olandese Frederik Ruysch che con il suo liquor balsamicum è considerato il primo ad avere utilizzato l’iniezione arteriosa per la conservazione dei cadaveri.
Le parti anatomiche e i corpi conservati da Ruysch suscitarono un notevole interesse tanto che, a quasi un secolo dalla sua morte, Giacomo Leopardi scrisse un’ opera intitolata Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie.
Sembra che, attraverso le sue mummie, Ruysch volesse trasmettere il messaggio che lui – e solo lui – fosse in grado di sfidare la morte rendendo l’aspetto di un morto simile a quello di un dormiente. Enfatizzò sempre la naturalezza delle forme e la flessibilità dei corpi diversi da quelli vivi solo per la mancanza di movimento. Era convinto che nessuno sarebbe stato in grado di raggiungere il suo livello di perfezione. Per questo non volle divulgare il suo metodo. Mantenendo il segreto sarebbe potuto rimanere l’unico valido intermediario tra il mondo dei vivi e la morte. Il metodo non sopravvisse quindi all’autore.
Tornando a scrivere di Gannal va altresì ricordato che l’americano Holmes, che gode di fama ancora maggiore rispetto allo stesso Gannal, specie negli Stati Uniti dove l’embalming nel senso moderno del termine è diventata ormai routine, trasse il suo metodo dalla traduzione in inglese di Histoire des Embaumements scritto da Gannal nel 1838 e tradotto in inglese nel 1840.
Fino al XIX° secolo i metodi di conservazione dei corpi erano molto invasivi, con asportazione di alcuni organi e tagli sulla muscolatura per fare penetrare polveri, aromi e altre sostanze.
Una rivista del 1842 descrive così il metodo Gannal: “Grazie al procedimento inventato dal sig. Gannal nulla è più come prima. Una piccola incisione sulla parte laterale del collo per introdurre il liquore di conservazione, tramite una pompa; poi, all’esterno, tessuti bagnati con liquori aromatici; due ore di tempo ed è tutto finito … non serve nemmeno spogliare il corpo che deve essere imbalsamato … il corpo di un bambino trattato con questo metodo è stato esposto per tre mesi nell’obitorio di Parigi … Un condannato, imbalsamato dal sig. Gannal è stato esposto a Londra per due anni agli occhi del pubblico … è auspicabile che il procedimento del sig. Gannal diventi popolare e questo sarà possibile grazie al prezzo contenuto di questo trattamento …
Su Gannal si sono scritte tante cose. Ad esempio che avesse sperimentato il suo metodo per rimpatriare i corpi di alcuni soldati morti nella battaglia della Berezina durante la campagna di Russia di Napoleone. Questo appare molto improbabile in quanto lo stesso Gannal fu fatto prigioniero dai russi alla Berezina. E’ invece vero che, come addetto ai reparti sanitari, partecipò a numerose campagne napoleoniche, fu fatto sette volte prigioniero e riuscì sempre ad evadere. Sopravvisse a Waterloo.
Tornato a Parigi lavora come chimico al laboratorio di chimica del Politecnico di Parigi prima e a quello dell’Accademia delle scienze, dopo.
E’ protagonista di diverse invenzioni: cere industriali, collanti, inchiostri, gelatine da sotto-prodotti animali che conserva con procedimenti chimici.
Fa ricerche sulla conservazione dei cadaveri per i laboratori di anatomia. Nel 1837, l’accademia delle scienze lo invita a fare delle prove sul metodo di conservazione dei corpi dell’italiano Tranchina per via di iniezione arteriosa di acido arsenico. Dà parere negativo insistendo sui pericoli, per la salute pubblica, rappresentati dall’arsenico. Facendo così finta di dimenticare che anche il suo liquido di conservazione, brevettato nello stesso anno 1837 contiene arsenico.
Ma quando nel 1845 l’Accademia di Medicina di Parigi fa un confronto tra il metodo Gannal e il metodo Sucquet, viene rivelata la presenza di arsenico nel liquido di Gannal che proprio per questo viene screditato. Il suo liquido è soppiantato da quello del suo concorrente, l’imbalsamatore J.P. Sucquet, a base di cloruro di zinco. Nonostante le critiche del mondo accademico e scientifico, grazie alla traduzione in inglese del suo libro, Gannal è noto in America ed è studiando il suo metodo e il suo liquido che Thomas Holmes svilupperà il proprio fluido togliendo la componente d’arsenico. Il metodo di Holmes conoscerà un notevole successo con la guerra di secessione. Holmes dichiarerà di aver praticato personalmente 4028 trattamenti. Al prezzo di 100 dollari per intervento, Holmes tornò nella sua natia Brooklyn da uomo ricco. Successo e ricchezza dovute in gran parte ad un eccentrico inventore parigino di nome Jean-Nicolas Gannal.