L'importanza dell'ultima immagine
Redazione Tan Magazine 17/09/2020 0
Non appartengo al settore funerario. Mi occupo d’immagine. Immagine di vivi e non di defunti. Fino a non molto tempo fa, ignoravo tutto della tanatoprassi e guardavo con una certa diffidenza tutto ciò che era legato all’attività funebre, attività che consideravo come un male necessario. Necessario, ma sempre un male. Penso tutt’ora che il mio atteggiamento fosse comune a molta gente. Come molte persone, non ero per nulla attratto dal vedere i cadaveri anche se la mia professione mi aveva portato su vari scenari di guerra e calamità naturali dove dolore e morte facevano regolarmente parte dello scenario. Ma in quel caso era diverso: il contatto con la morte apparteneva alla sfera della professione. Era routine.
Dopo essermi avvicinato alla tanatoprassi, sempre per professione, mi sono posto una domanda: perché molte persone sono riluttanti ad avvicinarsi al corpo di un loro caro defunto? Perché sono insensibili? Non penso. La ragione è che l’immagine che vogliono conservare, che vogliono ricordare del loro caro non è quella del morto. La fissità del viso di un cadavere ha una grande forza espressiva e spesso, vi si legge in maniera inesorabile sofferenza e dolore. Si vogliono ricordare immagini di momenti felici. Eppure quell’immagine, quell’espressione sul letto di morte o nella bara, vista anche per un attimo, t’insegue e ti perseguita.
Ed è lì che tanatoprassi e tanatoestetica possono svolgere un importante ruolo sociale e di civiltà: curandone l’aspetto si ridà ad una persona, perché sempre di persona si tratta, la dignità che non di rado aveva perso nell’ultimo periodo della sua vita.
Il mondo di oggi è un mondo dove la cura dell’immagine è quasi portata ad esasperazione. Prodotti per l’estetica, la cura del corpo e del viso non conoscono crisi. La cura dell’immagine diventa una priorità impostata dai rapporti professionali e sociali e non si capisce perché questa cura non dovrebbe riguardare proprio l’ultima immagine che uno lascia di se. Chi rimane dovrebbe percepirlo come un segno di rispetto, un obbligo morale.
Tanatoestetica e tanatoprassi dovrebbero diventare una prassi e non l’eccezionalità. Prassi lo sono già in America e lo stanno diventando nel Regno Unito in Francia e in altri paesi europei. Sono personalmente convinto che se la gente fosse correttamente informata non avrebbe difficoltà ad aderire a patto che non venga spaventata da una terminologia sconosciuta e persino intrigante. Si dovrebbe semplicemente parlare di cure di conservazione come accade in Francia dove la stessa legge recita: “soins de conservation”.
I popoli antichi consideravano la nascita e la morte come due momenti fondamentali ai quali partecipava tutta la comunità. L’era moderna, che ha progressivamente disgregato le comunità, anche quella familiare, tende a limitare le forme e i momenti di partecipazione. Ritrovarsi e magari riallacciare rapporti da tempo affievoliti può essere una grande opportunità e la tanatoprassi può ridare una serenità familiare in un momento così delicato come quello del commiato.
Per avere successo in società si dice che bisogna “nascere bene” a chi ci lascia deve essere consentito “morire bene”.
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Redazione TanMagazine 17/05/2021
FUNERALI LOW COST: LA TRUFFA E' DIETRO L' ANGOLO!
Si può davvero pensare di optare per un funerale low cost ed avere un servizio di qualità? Oggigiorno il fenomeno delle imprese funebri che propongono funerali low cost ed all inclusive a prezzi ben al di sotto della media, sui 900 – 1200 euro, sta prendendo sempre più piede all' interno del settore funerario. Ma cosa si cela dietro a questi prezzi ridicoli?
Quanto costa un funerale in Italia, oggi? Il costo della cerimonia che accompagna l' estremo commiato al defunto è sicuramente variabile ed è in funzione del servizio che si vuole organizzare: ecco che, se ipotizzare un minimo di prezzo dal quale poter partire è piuttosto semplice, il limite massimo da raggiungere è ovviamente soggettivo, ma, considerata l' attuale tendenza delle famiglie a tenere sempre più sott'occhio il portafoglio, il tetto non sarà altissimo.
Al contrario, invece e piuttosto, più verosimilmente sarà una corsa al ribasso. Ma bisogna fare attenzione al servizio e alla qualità!
Attualmente, il prezzo medio di un funerale completo, da parte di aziende serie e professionali, può essere ascritto in un range che va dai 2000 euro circa (o anche qualcosina meno, in caso di un servizio economico) ai 3000 e passa, ma si possono raggiungere anche i 4 - 5mila euro per funerali più prestigiosi e di lusso, considerando anche che - oltre alle pratiche burocratiche, alla cassa e ai suoi accessori, al carro e al trasporto e alle tradizionali attività che l' impresa funebre svolge -, ci sono da pagare le tasse e i costi del cimitero e dei loculi, a patto che non si opti per la cremazione della salma.
Se è un dato di fatto che il rito funebre sia un servizio - anche nel caso del più essenziale -, non propriamente fra quelli più a buon mercato, altrettanto vero è, comunque, che nel prezzo rientra la serietà dell' azienda, la professionalità, la competenza, l' esperienza nel settore e il rispetto delle normative. Ma non sempre, purtroppo, è così.
Infatti non è certo una novità che oggi si assista, anche non di rado, da parte di alcuni impresari del settore, alla messa in atto di tentativi che possono essere definiti di vero e proprio declassamento del servizio funebre, proponendo funerali low cost ed all inclusive a prezzi che si aggirano sui 900 – 1200 euro.
Tuttavia, coloro che offrono funerali a prezzi bassissimi, rispetto alla media generale, vogliono sì fare certamente numero o meglio “cassa” ma senza badare al servizio e all' eccellenza, cercando letteralmente di rubare i funerali alle aziende che in realtà investono e mantengono alta la qualità, la competenza e professionalità.
La proposta di prezzi scandalosi si riflette in scelte che, tra l' altro, non rispettano minimamente le norme ministeriali e la stessa Agenzia delle Entrate è intervenuta più volte sulla questione, scaturendo controlli ed indagini in casi specifici: laddove un funerale scende sotto i 2000 euro circa, di sicuro c'è qualcosa che non va!
Queste sono imprese che, senza luoghi comuni, cercano proprio di rovinare e di screditare il settore, e in molti casi non emettono nemmeno regolare fattura.
I legni usati poi sono spesso di scarsa qualità, il cui spessore è ben al di sotto alle normative ministeriali e di quelle del Regolamento di Polizia mortuaria, e le cui caratteristiche non sono certamente in regola.
Le bare vengono costruite all' interno di squallidi garage, per far fronte all' immediata richiesta e all' urgenza del bisogno, in un momento, peraltro, in cui i parenti e i familiari, addolorati e rattrististi dalla perdita, sono psicologicamente più labili, manifestando maggiore debolezza e manipolabilità, e prendendo per buona anche una soluzione come quella, la quale oltre a fare fronte in tempi rapidi alla propria richiesta, sembra anche alquanto allettante dal punto di vista economico.
Tuttavia, tutto questo si svolge non solo a discapito di quelle aziende solide e professionali che, con tenacia, mirano ad offrire ancora un servizio di qualità, ma anche a danno della famiglia che, non sapendo, acquista una cassa che all' impresa sarà costata sì e no forse un centinaio d' euro - costruita con modalità e materiali non a norma -, provocando problemi anche all' interno dei cimiteri, dove queste bare, col tempo, non riescono certamente nemmeno a contenere i gas e i liquami che la salma inevitabilmente sprigiona.
Attenzione quindi perché si sa… regalare, non regala niente nessuno!!! Infatti, le truffe sono sempre dietro l' angolo.
Si va dal caso in cui a Roma, qualche tempo fa, si promettevano, telefonicamente, a vecchietti ingenui e ignari del losco tranello, funerali low cost, in occasione del loro proprio futuro funerale - un pacchetto all inclusive con tanto di bara e vestizione compresa, con pagamento dell' anticipo e consegna a domicilio, al momento della dipartita -, e poi successivamente, ritirato l’acconto, o il saldo, della presunta impresa funebre non era rimasta nemmeno l' ombra; a quello, sempre di qualche anno fa, (quantomeno questa volta il funerale era stato svolto!) di un' agenzia nel padovano che aveva ricorso a questa scontistica, proponendo funerali a partire da 1450 euro, quando una signora, affidatasi all' azienda dopo la morte del marito, si è vista lievitare il conto fino a 3900 euro, per “presunti servizi aggiuntivi al prezzo base” - così si era giustificata infatti l' impresa (nel caso, il peso di 155 di chili del defunto, che non rientrava nella cassa standard, inclusa nell' offerta a basso budget, l' uscita serale e il maggior numero di personale impiegato).
Ma questo non è certo l' unico caso in cui la promessa per cui con un prezzo ridicolo si possa avere un “funerale completo” viene regolarmente mandata a quel paese, perché invece che “tutto compreso”, costosi servizi aggiuntivi, peraltro di dubbia qualità, ed accessori non compresi nel pacchetto iniziale, vanno sempre inevitabilmente ad alzare la parcella.
Non sono certo nuovi, poi, i casi di sciacallaggio. C'è chi blocca i parenti del defunto in ospedale per tentare di vendergli i loro servizi a prezzi vergognosi, e chi si arma di manifesti e cartelloni pubblicitari a mezzo stampa.
Così, si può ricordare il caso, qualche anno addietro, di un' impresa di pompe funebri nel fiorentino che aveva divulgato in bella mostra manifesti che pubblicizzavano "funerali completi a 990 euro": una promozione che era utilizzata solo per attirare clienti ma che si era rivelata non veritiera, presupponendo, in quella situazione, anche l' intervento dell' Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (Iap)", che ne ordinò la rimozione, sotto richiesta della Presidente Regionale della Federazione Comparto Funerario Italiano della Toscana; la quale era intervenuta a precisare, essa stessa, che era impossibile che delle imprese funebri regolari - soddisfacendo tutti i requisiti previsti dalla normativa, con personale assunto regolarmente-, potessero proporre prezzi così bassi.
Cosa bisogna fare quindi per non incorrere in simili tranelli ed essere sicuri di scegliere un’impresa funeraria seria e professionale?
Un servizio funebre completo ha senz' altro molte componenti e molti costi. Pertanto, prima di tutto, è indispensabile che ci sia la massima trasparenza tra operatori e clienti: ossia che coloro che sono colpiti da un lutto, in un momento di così particolare fragilità, possano avere i servizi richiesti, nei tempi concordati e senza sorprese sui costi. E seconda cosa, è fondamentale puntare sulla professionalità di imprese competenti e con una solida esperienza nel settore.
E se si vuole risparmiare sul funerale, certamente lo si può fare, scegliendo un servizio essenziale, ma attenzione alla qualità!
Legni come il mogano o il rovere sono legni più pregiati, e costosi. Dunque prediligere legni come l' abete, il pino o il ciliegio permette senza dubbio di stare più contenuti coi costi: inoltre, anche optare per finiture economiche ed essenziali consente di risparmiare.
Ma attenzione: la cassa proposta, anche se economica, deve essere comunque di buona fattura.
Secondariamente, il trasporto, dove scegliere un modesto furgoncino vetrato è ben diverso da un carro funebre lussuosissimo, e i fiori - a cui qualcuno spesso rinuncia in favore delle opere di bene” -, ma che, se si vogliono comunque, devono essere sempre freschi e ben presentati. Per finire non è possibile lesinare nemmeno sul personale, che deve essere sempre disponibile e competente, ben organizzato e di buona presenza durante il servizio.
Fare attenzione a queste variabili è importante, ricordando sempre dunque che, nel settore funebre, ma questo vale anche come regola generale, laddove il prezzo di un servizio è troppo basso quasi sicuramente si trova la fregatura!!
Sandra Bergamelli 06/02/2022
Le attività funerarie nel diritto europeo ed italiano
Il disegno di legge sulla «Disciplina delle attività funerarie, della cremazione e della conservazione o dispersione delle ceneri», A.C. n. 3189, del 22 giugno 2015 , risponde certamente ad una esigenza largamente sentita di aggiornamento e riordino della attuale disciplina. Nel perseguire tale obiettivo l’iniziativa legislativa in oggetto si caratterizza peraltro rispetto ad altre analoghe proposte per il rilievo che in essa assume la considerazione dell’interesse generale che i servizi funerari complessivamente considerati perseguono. Come si legge infatti nella Relazione illustrativa del disegno di legge, «[q]uella funebre è attività complessa che, oltre ad articolare il proprio intervento in ambito commerciale […], si configura come attività di interesse generale attinente alla salute pubblica ed alla pubblica sicurezza, con preminenti aspetti di natura igienico-sanitaria». È a tutti noto come l’attività funebre si sia venuta sempre più caratterizzando per la natura pubblica del servizio così prestato, in ragione dei sempre più numerosi compiti di natura appunto pubblicistica – quando non addirittura di vere e proprie funzioni sanitarie – attribuiti agli operatori del settore, quali incaricati di pubblico servizio. L’attuale disciplina non risponde ormai da tempo a tali specificità dell’attività funeraria nella sua odierna accezione e le precedenti iniziative di riforma non traevano, sul piano delle soluzioni in concreto suggerite, le dovute e coerenti conclusioni da quanto premesso in merito alla natura dell’attività stessa. Non a caso dunque, a fronte di una legislazione, come pure si legge nella Relazione, «disorganica a livello regionale ed obsolescente a livello nazionale», l’interesse pubblico (generale) preminentemente perseguito dalla attività funeraria costituisce il momento ispiratore della nuova iniziativa legislativa.
Che la salvaguardia dell’interesse pubblico sia una esigenza destinata ad imporsi sui profili più prettamente commerciali, pur esistenti e come tali meritevoli di tutela, è la stessa Unione europea a dircelo. Il nostro legislatore può così introdurre quei correttivi al libero mercato che soddisfino l’interesse generale al regolare svolgimento dei servizi di rilevanza non solo pubblica ma anche commerciale. Del resto, l’evoluzione in senso pubblicistico dei servizi funerari è comune, pur con risposte variamente articolate, a vari paesi dell’Unione europea. Muovendo da tale qualificazione, essi sono intervenuti a disciplinare il mercato, privilegiando la soddisfazione dell’interesse generale, che coincide, non a caso, con quello dei dolenti, a che, da un lato, siano garantite la qualità del servizio, la affidabilità degli operatori, la diffusione del servizio sul territorio e la professionalità degli addetti, e, dall’altro, sia rispettato il dolore della famiglia, evitando i deprecati fenomeni di malaffare. L’Europa, dunque, viene in nostro soccorso, mostrandoci non solo la strada da seguire, ma anche fornendoci gli strumenti necessari.
La giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea.
I servizi funerari nella loro accezione più ampia comprendono due categorie di attività e possono perciò essere distinti in «servizi mortuari» e servizi di «pompe funebri». Tale distinzione è stata fatta propria dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella sentenza del 27 febbraio 2003, Bestattung Wien3 , l’unica peraltro in cui i giudici del Lussemburgo si sono pronunciati sulla disciplina e soprattutto sulla natura di tali attività, avendo avuto modo in precedenza di occuparsi solo dei profili più prettamente concorrenziali in una ormai risalente decisione del 4 maggio 1988, Pompes funèbres4 , resa in tema di fissazione dei prezzi e dunque di abuso di posizione dominante. Nella decisione del 2003 la Corte muove invece dalla constatazione di come spesso gli Stati utilizzino la menzionata distinzione per qualificare i servizi mortuari quali servizi di interesse generale e le pompe funebri come servizi resi in regime di mercato, per concludere invece che entrambi i servizi rispondono ad una medesima funzione, giacché «non si può contestare che i servizi mortuari e di pompe funebri possono essere considerati come servizi rispondenti effettivamente a un bisogno di interesse generale»5 , la cui nozione costituisce un concetto autonomo di diritto comunitario. Proseguendo nel suo ragionamento, la Corte precisa che «[d]a una parte, infatti, tali attività sono connesse all’ordine pubblico in quanto lo Stato ha manifestato interesse ad esercitare un rigoroso controllo sul rilascio di certificati quali certificati di nascita e di decesso. D’altra parte, evidenti motivi di igiene e sanità pubblica possono giustificare il fatto che lo Stato conservi, su tale attività, un’influenza determinante e adotti misure come quelle previste dall’art. 10, n. 1, del WLBG, qualora i funerali non siano stati organizzati entro un determinato termine successivo al rilascio del certificato di decesso. L’esistenza stessa di una tale disposizione rappresenta pertanto effettivamente un indizio del fatto che le attività di cui trattasi possono soddisfare un bisogno di interesse generale. Pertanto, è segnatamente necessario respingere l’interpretazione sostenuta dalla convenuta nella causa principale secondo cui, in antitesi alle prestazioni di pompe “nel senso ampio del termine” come l’inserzione di necrologi, la collocazione del defunto nella bara o il suo trasporto, soltanto l’inumazione e la cremazione dei corpi nonché la gestione dei cimiteri e dei colombari – qualificati come prestazioni di pompe funebri “nel senso stretto del termine” – rientrerebbero nella nozione di bisogno di interesse generale. Infatti, tale distinzione sarebbe artificiosa dato che tutte o la maggior parte di tali attività erano di regola esercitate da una medesima impresa o da una medesima autorità pubblica».
“ 3 Corte giust., 27 febbraio 2003, causa C-373/00, Adolf Truley GmbH c. Bestattung Wien GmbH, EU:C:2003:110. 4 Corte giust., 4 maggio 1988, causa 30/87, Corinne Bodson c. SA Pompes funèbres des régions libérées, EU:C:1988:225. 5 Corte giust., 27 settembre 2003, causa C-373/00, Bestattung Wien, cit., punto 51”.
Le indicazioni che emergono dalla decisione della Corte sono chiare ed utili per definire il possibile ambito di intervento legislativo all’interno dei singoli paesi. Ad avviso dei giudici del Lussemburgo, non importa quanto siano rilevanti le prestazioni di pompe funebri in senso stretto rispetto alle attività più propriamente commerciali svolte da un’impresa, dal momento che la suddetta impresa continuerebbe ad occuparsi di bisogni di interesse generale, come tali soggetti ad una rigorosa disciplina volta ad assicurare la soddisfazione di tali interessi. Perché peraltro una determinata attività di natura anche, se non soprattutto, commerciale, possa comunque essere qualificata come destinata a soddisfare principalmente specifiche esigenze di interesse generale aventi – questi sì – carattere non commerciale, ovvero sanitari o di ordine pubblico, occorre che ricorrano determinati «indizi» della sua natura pubblicistica. In conclusione, (tutte) le attività funerarie, siano esse di natura pubblica oppure commerciale, rispondono, in determinate circostanze, ad un interesse generale dell’ordinamento. Il disegno di legge di cui si discute è destinato a soddisfare pienamente le condizioni poste dalla Corte di giustizia, ponendo al centro del riordino motivi di ordine pubblico, di igiene e di sanità pubblica. Come si legge infatti nell’art. 7, «[l]’attività funebre costituisce attività di interesse generale attinente alla salute pubblica ed alla pubblica sicurezza, con preminenti aspetti di natura igienico sanitari». Tale affermazione, più volte ripresa nell’articolato, si riverbera anche ma non solo sul piano dei requisiti per lo svolgimento dell’attività, sulle modalità per la sua effettuazione e sul processo di qualificazione professionale degli addetti (vedi artt. 8-11).
Del resto, come sottolineato dall’avvocato generale Alber nelle conclusioni rese nel caso Bestattung Wien, a connotare in senso pubblicistico l’incarico attribuito all’impresa di pompe funebri è proprio il fatto che le attività celebrative e di inumazione siano disciplinate insieme, in un ambito normativo unitario che non consente di distinguere, fra le varie attività, «quelle che sono svolte nell’interesse della collettività e quelle che sono svolte nell’interesse dei singoli»7 . Ancora più interessanti sono le considerazioni che possono trarsi dalla sentenza della Corte di giustizia sul piano dei possibili interventi di regolamentazione del mercato da parte dello Stato. È infatti la stessa Corte a sottolineare come, soddisfacendo l’attività un bisogno di interesse generale, il suo esercizio possa essere subordinato al rilascio di una previa autorizzazione8 , che è strettamente collegata, precisa l’avvocato generale, alla verifica dell’esistenza di una necessità del servizio da verificarsi in sede di rilascio della autorizzazione stessa9 . La verifica di tale «necessità» si traduce, sempre ad avviso dell’avvocato generale, in una delimitazione, per motivi di interesse generale, della concorrenza, mantenendo la pubblica amministrazione «un’influenza sostanziale almeno per ciò che concerne la determinazione del numero di coloro che operano sul mercato»10 . L’introduzione di un meccanismo autorizzatorio, basato sulla verifica della sussistenza dei requisiti previsti per l’esercizio dell’attività, e la definizione dei livelli ottimali di copertura del servizio funebre non solo costituiscono momenti qualificanti del disegno di legge (vedi art. 5), ma, come appena osservato, rispondono anche alla funzione sociale dell’intero comparto delle attività funebri, in piena coerenza e rispetto delle precise indicazioni della Corte di giustizia.
La direttiva Bolkestein e le deroghe alla libertà di iniziativa economica.
Non deve a questo punto meravigliare il fatto che la direttiva servizi, nota anche come direttiva Bolkestein (direttiva n. 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno11, cui è stata data attuazione col d. lgs. 26 marzo 2010, n. 5912), non menzioni i servizi funerari né per disciplinarli né per escluderli dal suo ambito di applicazione. Va invece rilevato che uno specifico riferimento ai «servizi di pompe funebri» compare nel Manuale per l’attuazione della direttiva servizi, pubblicato dalla Commissione europea, dove, a commento dell’art. 2, par. 2, lett. d, della direttiva, che esclude dall’ambito di applicazione della direttiva stessa i servizi nel settore dei trasporti, si precisa che l’esclusione non comprende «i servizi che non costituiscono servizi di trasporto» in senso stretto, quali «i servizi di pompe funebri», per quanto attiene ovviamente al trasporto della salma. Tale precisazione è stata fatta propria dal d.lgs. n. 59 del 2010, cit., il cui art. 6, c. 2, riprende al riguardo le indicazioni fornite dalla Commissione europea.
La prima considerazione da trarre è che le attività funerarie in genere non sono in quanto tali menzionate nella direttiva per il fatto, si può ragionevolmente ritenere, che esse risultano, per molteplici e rilevanti profili, riconducibili alla prestazione di servizi che attengono all’ambito della sanità, dell’igiene e della sicurezza pubblica, di per sé escluse, ex art. 2, par. 2, lett. f e anche i, dal campo di applicazione della direttiva stessa, e, per altri, alla categoria più ampia dei servizi in cui è preminente l’interesse generale alla loro esecuzione. Secondo infatti la distinzione tracciata dalla Corte di giustizia nella sentenza Bestattung Wien14 , fra «servizi mortuari» e «pompe funebri», i primi («servizi mortuari») rientrano fra i settori cui non si applica la direttiva, stante la loro natura pubblicistica. Per quanto riguarda invece le «pompe funebri», tra cui rientrano i servizi di trasporto funebre sopra ricordati, essi possono essere comunque soggetti a restrizioni, anche significative, e quindi di fatto esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva, laddove il legislatore nazionale riconosca loro la natura di servizi di interesse generale. Dispone infatti in tal senso la stessa direttiva che, in più disposizioni, prevede che la prestazione di determinate categorie di servizi possa essere sottoposta a restrizioni, tra cui, in particolare, il rilascio di autorizzazioni e misure di pianificazione territoriale, quando ciò trovi giustificazione in «motivi imperativi di interesse generale», tra i quali compaiono la pubblica sicurezza, la sanità e l’igiene pubblica e la tutela del consumatore (considerando n. 40; v. anche considerando n. 56 e art. 9). Il richiamo ai motivi imperativi d’interesse generale compare ovviamente anche nel d.lgs. di attuazione della direttiva, dove l’art. 8, c. 1, lett. f, riprende il contenuto del citato considerando n. 40 per definire l’ambito delle possibili deroghe al regime di liberalizzazione altrimenti introdotto.
Ulteriore conseguenza è che la libertà di esercizio delle attività in discorso può essere variamente limitata da ciascuno Stato membro per soddisfare le proprie esigenze imperative, nel rispetto comunque dei principi generali dell’ordinamento comunitario, tra cui quelli di non discriminazione e di proporzionalità. Stante infatti la natura comunque restrittiva delle misure previste nel progetto di disegno di legge in esame, perché esse possano essere giustificate occorre non solo che esse trovino ragione in motivi imperativi di interesse pubblico, ma anche che tali previsioni abbiano applicazione non discriminatoria, siano idonee a conseguire lo scopo perseguito e si limitino a quanto necessario per il raggiungimento di detto scopo. Tutti questi requisiti sono pienamente soddisfatti dalle disposizioni di cui si propone l’adozione nel disegno di legge A.C. n. 3189, cit.
Che i servizi di pompe funebri possano essere considerati come servizi rispondenti ad un bisogno di interesse generale è la Corte di giustizia, nella decisione sopra ricordata, ad affermarlo, riconoscendo così la possibilità per gli Stati di far ricorso per la loro disciplina a meccanismi autorizzatori idonei a soddisfare le esigenze imperative dell’ordinamento in questione, in deroga a quanto altrimenti previsto dalla direttiva servizi. A ciò si aggiunge che le disposizioni contenute nel disegno di legge di riforma, seppur restrittive dell’accesso al mercato, sono non discriminatorie e si applicano in ugual misura a tutte le imprese del settore. Ciò vale in particolare per i requisiti che sono fissati per consentire agli attuali e ai nuovi operatori di ottenere l’autorizzazione per la propria attività. In linea di principio, tutti gli operatori del settore che soddisfino le condizioni indicate hanno la possibilità di beneficiare delle nuove disposizioni.
Degli obiettivi specifici perseguiti dalla normativa proposta già si è detto, va invece precisato che lo strumento della pianificazione territoriale, di cui all’art. 5 del disegno di legge, è sicuramente idoneo a soddisfare l’interesse pubblico a che venga garantita la possibilità da parte dei dolenti di accedere ad un servizio che nel tutelarne i diritti soddisfi anche esigenze prioritarie di carattere igienico sanitario e di sicurezza pubblica. Nel perseguire tale obiettivo la normativa proposta non va oltre quanto strettamente necessario per raggiungere tale obiettivo. Nella scelta poi concreta dei singoli strumenti, in particolare amministrativi, giudicati idonei a garantire la tutela dell’interesse pubblico perseguito gli Stati membri dell’Unione mantengono, come già ricordato, un margine di discrezionalità che giustifica le differenti soluzioni legislative rintracciabili in ciascuno di essi. Il fatto che uno Stato membro imponga norme più rigide in materia di tutela di preminenti interessi pubblici di quelle stabilite da un altro Stato membro non significa dunque che tali norme siano incompatibili con le disposizioni dell’ordinamento dell’Unione. Ciò che conta è che, quando da tali norme conseguano restrizioni alle libertà fondamentali, i requisiti e le limitazioni così introdotti soddisfino le condizioni (quattro) sopra indicate e frutto della elaborazione della Corte di giustizia. Non varrebbe dunque invocare, al fine di contestare la legittimità delle forme di tutela e regolazione del mercato che sarebbero introdotte dal progetto di legge in discorso, una possibile violazione della libertà di iniziativa economica tutelata dalla Costituzione, così come declinata nelle pronunce della Corte costituzionale. In realtà, dovendosi fornire una interpretazione comunitariamente orientata della normativa nazionale, stante la supremazia del diritto dell’Unione, va ricordato che la libertà di impresa è sancita dall’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Esso stabilisce che tale libertà è riconosciuta «conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali». Tale rinvio al diritto comunitario va inteso nel senso che la libertà di impresa può incontrare limiti tra i quali la Corte di giustizia, nella sentenza Sokoll-Seebacher del 13 febbraio 2014, annovera espressamente un regime di autorizzazione amministrativa preventiva, purché, come già osservato, tale regime sia fondato «su criteri oggettivi, non discriminatori e previamente conoscibili, che garantiscano 8 la sua idoneità a circoscrivere sufficientemente l’esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali».
Nello stesso senso si è pronunciata la Corte costituzionale, precisando che la tutela della concorrenza «si attua anche attraverso la previsione e la correlata disciplina delle ipotesi in cui viene eccezionalmente consentito di apporre dei limiti all’esigenza di tendenziale massima liberalizzazione delle attività economiche»16, purché eventuali regimi autorizzatori siano giustificati da motivi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione e di proporzionalità17 . Tutti criteri quelli indicati dalla Corte costituzionale, e prima ancora dalla Corte di giustizia, che risultano pienamente soddisfatti dalla normativa proposta nel disegno di legge A.C. n. 3189, cit. Infine, sempre nel senso che la tutela del consumatore e, quindi, a maggior ragione, quella di esigenze igienico-sanitarie e di pubblica sicurezza giustifichino in base al diritto dell’Unione europea restrizioni alla libertà di iniziativa economica, si è pronunciato di recente anche il Consiglio di Stato, nella sentenza pronunciata il 26 agosto 2015, in tema di esercizio dell’attività di gioco lecito18 . Pienamente legittima è dunque la scelta che il legislatore italiano è chiamato ad operare sulla base del disegno di legge A.C. n. 3189, cit., laddove introduce meccanismi autorizzatori e di pianificazione territoriale, in quanto, come si legge all’art. 7 dell’articolato, «l’attività funebre costituisce attività di interesse generale attinente alla salute pubblica ed alla pubblica sicurezza, con preminenti aspetti di natura igienico sanitari». Il tutto nel rispetto del dettato delle disposizioni del TFUE e, più in particolare, della direttiva servizi che consente di restringere il suo ambito di applicazione per quei servizi che rispondono a finalità di interesse generale, purché siano soddisfatti i requisiti generali posti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.
I profili concorrenziali.
In più occasioni l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avuto modo di occuparsi dei profili concorrenziali dell’attività funeraria, giungendo a conclusioni critiche nei confronti dell’attuale assetto normativo. Due sono i profili principali di indagine: anzitutto, la distinzione fra l’attività di gestione delle camere mortuarie e l’attività imprenditoriale di onoranze funebri (AS392, Segnalazione del 23 maggio 200719); in secondo luogo, la possibilità, prevista nel caso dalla legge regionale campana, di subordinare l’esercizio dell’attività funeraria all’iscrizione in un apposito registro (AS1153, Segnalazione del 6 novembre 2014; vedi anche AS1055, Segnalazione del 14 giugno 201320). In merito, va ora rilevato che il disegno di legge in esame soddisfa anche le esigenze manifestate dalla AGCM nelle proprie Segnalazioni. Giova al riguardo prendere le mosse dalle considerazioni svolte dalla Autorità Garante nel novembre 2014, con riguardo alla previsione della iscrizione in un registro regionale delle imprese funerarie e cimiteriali. È infatti la stessa AGCM a sottolineare come il regime autorizzatorio così introdotto risulti incompatibile con la libertà d’iniziativa economica, in quanto non vi sono a livello statale disposizioni che «abbiano valutato l’esistenza di esigenze di interesse generale»21 idonee a giustificare tale restrizione.
A rendere dunque illegittimo il regime di autorizzazione introdotto a livello regionale è (solo) l’assenza, in sede di fissazione dei principi generali che devono regolare la materia, di una espressa qualificazione da parte dello Stato dei servizi funerari quali servizi di interesse generale. Tale considerazione, letta alla luce dei principi affermati dalla Corte di Giustizia nel ricordato caso Bestattung Wien22, giustifica pienamente l’iniziativa di riforma in discussione, che, muovendo dalla esigenza di soddisfare ben precisate esigenze di interesse generale, detta criteri oggettivi cui subordinare il rilascio del documento autorizzativo, soggetto a periodiche verifiche, nell’ambito di una programmazione territoriale. I vincoli così introdotti all’accesso al mercato risultano strettamente giustificati, in un’ottica di proporzionalità, dall’interesse generale perseguito e come tale riconosciuto meritevole di tutela dall’ordinamento comunitario.
A conclusioni non dissimili si perviene anche con riguardo al fatto che, sempre secondo la AGCM, le finalità commerciali dell’attività di onoranze funebri «non si conciliano con il corretto e fisiologico svolgimento del servizio di gestione delle camere mortuarie». L’art. 8, par. 4, del disegno di legge A.C. n. 3189, cit., prevede infatti che «[l]e imprese funebri, qualora esercitino attività in esclusiva in mercati paralleli, quali quelli relativi all’ambito cimiteriale nello stesso territorio in cui operano le imprese funebri, sono obbligate alla separazione societaria, intesa come svolgimento distinto con società o soggetto, comunque denominato, dotato di separata personalità giuridica ed organizzazione distinta ed adeguata di mezzi e risorse». A ciò si aggiunge che, in base al successivo par. 5, alle stesse «imprese funebri è vietata la prestazione dei servizi in ambito necroscopico, intendendosi per tali la gestione di servizi mortuari di strutture sanitarie ed assimilabili e di depositi di osservazione ed obitori, nonché la fornitura a questi di servizi diversi dal trasporto funebre».
Anche sotto questo profilo le nuove disposizioni darebbero dunque una risposta adeguata alle perplessità manifestate dalla AGCM, assicurando il rispetto delle regole di concorrenza nel settore, sempre comunque in coerenza con il preminente interesse al soddisfacimento delle esigenze pubbliche, anche quando i servizi di onoranze funebri e i connessi servizi di carattere pubblico-sociale e igienicosanitari sono prestati in un contesto imprenditoriale unitario ed integrato.
Conclusioni.
Un rapido esame delle normative vigenti negli altri paesi dell’Unione, tra cui, in particolare, Belgio, Francia, Germania e Spagna, ci mostra come comune sia il riconoscimento della funzione pubblica delle attività funerarie. La soddisfazione dell’interesse generale allo svolgimento nel modo più idoneo di tali attività avviene peraltro in ciascun paese secondo modalità tra loro diverse; comuni sono tuttavia l’attenzione per gli aspetti di formazione degli addetti al settore e l’introduzione di adeguati requisiti per l’esercizio dell’attività. Alla luce di quanto fino ad ora osservato, deve pertanto ritenersi pienamente compatibile con i principi del mercato interno e della concorrenza una legislazione nazionale che, come quella di cui si propone l’adozione nel nostro paese, condizioni lo svolgimento delle attività funerarie, complessivamente intese, in modo cioè da ricomprendere sia i servizi mortuari sia quelli di pompe funebri, all’ottenimento di una autorizzazione rilasciata dalla pubblica amministrazione, previa verifica del soddisfacimento di taluni requisiti. Le condizioni così poste al rilascio della autorizzazione sono peraltro strettamente proporzionali al fine perseguito di interesse generale e riguardano, in particolare, le strutture necessarie per l’esercizio dell’attività e la formazione degli operatori del settore. Ad esse si accompagna l’obbligo di rispetto di una stringente regolamentazione di sanità pubblica. L’adozione nel nostro paese di una normativa organica di riforma che fissi a livello nazionale i principi generali, cui devono attenersi i legislatori regionali negli ambiti di loro competenza, è divenuta una priorità cui il legislatore non può più sottrarsi. Si tratta infatti di porre rimedio alla confusione prodotta sul piano normativo dal proliferare sia di interventi legislativi regionali, attuati in modo disorganico e con previsioni normative talvolta tra loro contraddittorie, sia di misure regolamentari comunali che disciplinano, in modo spesso molto differente tra loro, i servizi funerari, con inevitabili ricadute negative sulla qualità del servizio reso al dolente e sul rispetto degli standard sanitari. L’esigenza di una riforma del settore è resa ancor più evidente dal fatto che l’attuale normativa nazionale riguarda soltanto gli aspetti di sanità pubblica più rilevanti, senza preoccuparsi, da un lato, di definire, a livello di principi, quali siano gli interessi generali da perseguire, e, dall’altro, di fornire gli strumenti normativi necessari per lo svolgimento della funzione pubblica di cui le imprese funebri sono incaricate. Di fatto, tutti questi aspetti vengono lasciati all’intervento del legislatore regionale o addirittura alla regolamentazione comunale, pur esulando le relative questioni dalle loro competenze, con effetti 11 distorsivi anche sul piano della concorrenza più volte segnalati dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. In conclusione, il disegno di legge A.C. n. 3189, cit., oltre a rispondere ad esigenze di modernizzazione del settore, disciplinando la tanatoprassi, introducendo, sulla scorta dell’esperienza di altri paesi, le case funerarie e regolamentando, infine, la cremazione, procede ad un riordino complessivo dell’attuale normativa; il tutto al fine di assicurare la salvaguardia dell’interesse generale nell’espletamento del servizio pubblico di cui le imprese svolgenti attività funeraria sono incaricate. L’attività funeraria verrà perciò svolta, secondo le previsioni del disegno di legge di riforma, nel rispetto delle condizioni previste per il rilascio della prevista autorizzazione e secondo un piano di programmazione territoriale che, da un lato, consente a tutti gli operatori esistenti di adeguarsi alla nuova disciplina, e, dall’altro, garantisce che il servizio sia prestato sulla base delle esigenze del territorio. Le imprese del settore devono dunque soddisfare i requisiti di affidabilità, formazione, professionalità e dotazione strutturale che, per rispondere ad una esigenza di interesse generale, la natura stessa del servizio impone, nel pieno rispetto dei principi fissati dal diritto dell’Unione europea.
Andrea Pastore 16/01/2023
Riconoscimento giuridico della Tanatoprassi a che punto siamo?
Eppur qualcosa si muove. Nel corso della scorsa legislatura, la Commissione permanente Igiene e Sanità ha esaminato congiuntamente tre diversi Disegni di Legge concernenti i servizi funebri adottando, durante l’ Iter, un testo unificato. Nello scorso 18 dicembre,si è arrivati alla presentazione del Fascicolo Iter DDL S. 963, Disciplina delle attività funerarie, nel tentativo di definire una normativa puntuale e cogente. Esaminiamo nel dettaglio le novità, anche per il tema “Tanatoprassi”.
Da tempo, ed è un dato di fatto, il settore funerario è in profonda crisi e necessita di un radicale cambiamento.
Abbiamo spesso fatto notare quanto sia decisamente necessario garantire un' organica sistemazione alla materia del settore funerario, i cui servizi intervengono nei momenti più dolorosi e difficili della vita e devono essere garantiti come efficienti, trasparenti ed adeguati all'evolversi della odierna società.
Il primo problema riguarda sicuramente il quadro normativo, caratterizzato non solo da norme statali superate e inadeguate (Testo Unico, decisamente vetusto; regolamento di polizia mortuaria del 1990 e legge statale, datata 2001, recante le disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri) ma anche da norme regionali e provvedimenti comunali spesso difformi tra loro.
L’ esigenza di armonizzazione è quanto mai un’ impellente necessità, a livello sia nazionale che regionale: bisogna uniformare la legislazione frammentaria, relativa alle norme fondamentali circa il settore funerario, semplificare e riorganizzare.
Anche se va detto che tali condizioni, sicuramente hanno portato, nel tempo, alla nascita di alcuni complessi ed articolati Disegni di Legge ( ad esempio il FOSCOLO che è ancora in corso di Esame in Commissione alla Camera), ad oggi dobbiamo però attestare ancora il “niente di fatto”.
Esiste fortemente non soltanto la necessità di definire in modo chiaro le competenze spettanti ai vari soggettie di determinare un quadro normativo omogeneo valido su tutto il territorio nazionale, ma anche quella di stabilire un sistema di controlli le cui finalità principali devono essere trasparenza, legalità ed efficienza, decisamente mancanti negli ultimi anni, nei quali è proliferato, invece, il malcostume incontrollato.
Una vera e propria piaga. Un crescendo di reati, abusi diffusi, compravendita di informazioni sui decessi nelle strutture sanitarie e varie illegalità, ai danni del defunto e dei parenti, da parte degli operatori sanitari o delle imprese funebri.
Tantissimi poi i casi di gestione funeraria da parte di associazioni criminali e infiltrazioni mafiose nel settore, per non parlare dell’evasione fiscale e della progressiva difficoltà finanziaria di alcuni particolari comuni a gestire i servizi funebri.
Infine, il terzo ma non ultimo problema del settore funebre: il riconoscimento giuridico dell’ attività della Tanatoprassi, per il quale ci battiamo da anni!
La Tanatoprassi è, oggi più che mai, una disciplina che ha estrema necessità di un riconoscimento, non solo perché si configura come necessaria attività, in una società odierna, dal punto di vista sociale, sanitario e civile, per la ridefinizione del rito funebre e per dargli la dignità che merita, ma anche, dal lato pratico, perché c’è l’ esigenza che l’operatore sia autorizzato in maniera formale da un' autorità sanitaria e da istituzioni che ne riconoscano, definitivamente, la legittimità.
La Tanatoprassi, insomma, è un’attività che deve essere svolta secondo le dovute autorizzazioni e previsioni normative, garantendo i necessari requisiti di professionalità e di affidabilità per la disciplina, nel pieno rispetto degli standard sanitari, attraverso metodologie e strumenti innovativi. Un’ attività svolta da operatori professionali preparati, competenti sulla quale sono impellenti i necessari controlli.
Eppure, in questo contesto, qualcosa, recentemente, si muove.
Nel corso della scorsa legislatura, infatti, la Commissione permanente Igiene e Sanità ha esaminato congiuntamente tre diversi Disegni di Legge concernenti i servizi funebri adottando, durante l’ Iter, un testo unificato, risultato di un accurato lavoro di sintesi. Nello scorso 18 dicembre, quindi, si è arrivati alla presentazione del Fascicolo Iter DDL S. 963, Disciplina delle attività funerarie, nel tentativo di definire una normativa puntuale e cogente.
Un nuovo sistema di regole strutturale che possa definire, finalmente, una riforma organica e complessa del settore, anche in considerazione del fatto che, pur essendo un dato di fatto che i servizi necroscopici e cimiteriali rientrino tra le funzioni fondamentali dei comuni, la confusione che regna in questo settore è decisamente tanta.
Esaminiamone velocemente i punti.
• Per quanto ci riguarda più da vicino, il Disegno di Legge definisce le sale del commiato, precisa i requisiti minimi strutturali per le Case Funerarie (di cui è vietata la presenza nelle strutture sanitarie di quelle gestite da imprese funebri), e punto fondamentale, introduce formalmente nell'ordinamento mortuario italiano la possibilità di effettuare la pratica della Tanatoprassi, intesa appunto come tutto quell’ insieme di tecniche sul corpo del defunto che ne consentono una esposizione più dignitosa, in termini sia di igiene che di presentabilità. Con l’ entrata in vigore della legge e previa definizione dei requisiti minimi per la disciplina, si autorizza quindi e definitivamente l’ operato dei Tanatoprattori.
Ma le tematiche toccate sono davvero tante, e a 360 gradi.
• Il Disegno di Legge punta a definire, una volta per tutte e con chiarezza, i compiti e le funzioni degli enti locali, delle aziende sanitarie locali (ASL), delle regioni e dello Stato, demandando ad appositi regolamenti le disposizioni attuative della legge per le materie rientranti nella competenza esclusiva statale, al fine di garantire un omogeneo esercizio delle attività e superare l'attuale frammentazione delle disposizioni regionali e locali.
• Viene stabilito che le attività funebri sono attività economiche da svolgere secondo liberi principi di concorrenza nel mercato, ma sempre nel pieno rispetto della dignità e del diritto di ogni individuo di scegliere liberamente circa la propria persona: ideali e valori, questi, che rappresentano il cardine del documento.
• Per operare, l'impresa funebre deve possedere una sede adeguata, il titolo ad esercitare la vendita di beni in sede fissa, la previsione della figura del direttore tecnico dell'impresa e la disponibilità di un numero di dipendenti idoneo, con specifici requisiti qualitativi e di competenza professionale. Inoltre, i centri di servizio funebre possono operare a supporto delle imprese funebri, mediante la stipula di formali contratti di appalto di servizi.
• Il Disegno di Legge introduce poi una sorta di transitorietà, per cui i soggetti che, alla data di entrata in vigore della legge, sono titolari di autorizzazioni all'esercizio delle attività funerarie possano continuare ad esercitare le stesse attività fino al termine massimo di due anni dalla medesima data.
• In materia di trasporto funebre, invece, sono definiti in modo più puntale gli adempimenti, conferendo poteri dispositivi immediatamente efficaci all'autorità sanitaria intervenuta dopo il decesso.
Parliamo quindi di principi importanti, come equità e rispetto della dignità dei defunti e delle loro famiglie. E ancora, trasparenza, legalità, controllo.
• Dal divieto di pubblicità e di procacciamento di funerali all'interno di strutture sanitarie, obitori, locali di osservazione delle salme, cimiteri fino al tema dei costi, che devono essere definiti secondo criteri di chiarezza commerciale e di comparabilità, con l'indicazione analitica delle prestazioni minime di beni e di servizi da prevedere in preventivo e fatturazione.
• Dalla necessità delle attività di vigilanza e di controllo sui servizi funebri, da parte di comuni e ASL, alle sanzioni per l'inosservanza delle disposizioni.
• Dal piano regolatore cimiteriale territoriale, che deve essere adottato da città metropolitane e enti di area vasta, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, al fine di prevedere specifiche indicazioni concernenti le funzioni e le attività dei comuni compresi nel rispettivo territorio; alla definizione delle modalità di affidamento del servizio di illuminazione votiva, di competenza dei comuni, le cui concessioni in essere alla data di entrata in vigore della legge, debbano cessare alla data di scadenza indicata nel contratto senza possibilità di proroga.
• Dall’ introduzione di forme assicurative in ambito funebre e cimiteriale per permettere alle famiglie di scegliere indipendentemente dalle urgenze e dai condizionamenti che scaturiscono nell'immediatezza della perdita, all’ opportunità per i soggetti stipulanti di poter decidere anticipatamente alla propria morte circa esequie e mantenimento della sepoltura.
• Infine, dal punto di vista del trattamento fiscale delle spese funebri e cimiteriali, incoerenza con altri stati UE, il Disegno di Legge introduce diverse novità: supera l'attuale esenzione per alcuni servizi, che vengono assoggettati ad IVA ad aliquota ridotta; eleva la soglia di deducibilità delle spese ricomprendendo anche le opere edili e lapidee cimiteriali, nonché la relativa accessoristica funebre; prevede particolari agevolazioni fiscali per facilitare la diffusione della previdenza funebre e cimiteriale; incentiva in fine le spese di mantenimento e di recupero dei sepolcri e delle tombe antiche, che rappresentano certamente un patrimonio artistico e storico, oggi in una situazione di quasi totale abbandono.
In conclusione, noi di Tanmagazine attendiamo gli sviluppi dell’ Iter con trepidante attesa, sicuri che l’ ordinamento funebre possa definitivamente avere la disciplina che merita e che la Tanatoprassi venga formalmente riconosciuta dall’ ordinamento mortuario del nostro paese!