La Tanatoprassi nella tragedia del drammatico incidente in funivia Stresa-Mottarone

Chiara Ricciarelli 27/05/2021 0

La Tanatoprassi nella tragedia del tragico incidente in funivia Stresa-Mottarone.

Dei 14 morti, vittime di quest’ immane tragedia, uno, di nazionalità iraniana, è stato affidato agli operatori dell'I.N.I.T. Istituto Nazionale Italiano di Tanatoprassi per la conservazione del corpo, tramite il trattamento di Tanatoprassi, e per il successivo rimpatrio in Iran.

E' di nazionalità iraniana il ragazzo di 23 anni morto lo scorso 23 maggio - data della terribile notizia della tragedia della funivia di Stresa-Mottarone, la cui salma è stata affidata agli operatori dell'I.N.I.T. per la conservazione del corpo, tramite il trattamento di Tanatoprassi, e per il successivo rimpatrio in Iran.

Nell'incidente, che ha recentemente sconvolto tutto il paese sono morte ben 14 persone, tra cui anche Mohammadreza Shahaisavandi, di soli 23anni.

Mohammadreza era residente a Diamante, in Calabria, ma viveva e studiava a Roma. Fatalmente, in quei giorni il ragazzo era andato a trovare la fidanzata a Verbania, anch’ essa calabrese, di Diamante, trasferitasi da poco in loco, dopo aver vinto un concorso come borsista di ricerca al CNR.

Al di là dell’ umana sofferenza che questi eventi trascinano con sé, non possiamo fare a meno di considerare che ancora una volta, in tragedie di simile portata, la Tanatoprassi, intesa come quell'insieme di cure rivolte alla salma prima delle esequie, in termini di igiene, di conservazione e di presentazione estetica, si rivela essenziale! Infatti, in simili situazioni, il corpo, a causa di incidenti, come in questo caso, o malattie, non ha una morte naturale, ma viene certamente sfigurato e snaturalizzato. In analoghe circostanze, la salma si presenta, appunto, se non trattata, ai limiti della presentabilità davanti agli occhi delle proprie famiglie e dei propri cari, contribuendo sicuramente a offrire un’ ultima immagine del proprio congiunto non rispondente al reale, non serena e certamente deturpata.

Tutto questo rende non solo il rito funebre traumatico, ma anche il ricordo del proprio caro congiunto si fa davvero scioccante! Ecco appunto che l’obiettivo della Tanatoprassi, conservando il corpo il più a lungo possibile, in condizioni igieniche e di sicurezza e trattando la salma in modo da renderla, esteticamente, il più possibile vicina a rappresentare un’ immagine serena del defunto, interviene certamente ad umanizzare, per quanto possibile, l’ evento “trapasso”.

La morte si fa ancora più traumatizzante in casi di malattie o di eventi tragici ed imprevedibili come questo! Allora la Tanatopassi ha uno scopo: l’alleviamento dei segni inevitabili della sofferenza, che nel caso di 4 giorni fa è certamente devastante. 14 persone, che quella domenica erano andate insieme a fare una gita sul Mottarone, prendendo quella funivia: l’ impianto di risalita, nel comune piemontese di Stresa, che, salendo fino ad un’ altezza di 1500 metri, collega la celebre cittadina del bellissimo Lago Maggiore con la vetta del Mottarone.

Doveva essere una domenica spensierata, quella. Tanti turisti, sia italiani che stranieri, che con l’ arrivo della bella stagione, desideravano trascorrere una giornata in alta quota. Invece, il tragico epilogo.

Nel punto più alto del percorso di salita, con 15 persone dentro ( e menomale le disposizioni anti Covid ne hanno limitato la capienza piena di 40!), intorno alle 12 del pomeriggio, un cavo cede. Tutt’ un tratto la cabina indietreggia, sbatte su di un pilone e via giù, precipitando disastrosamente nel bosco e trovando fermezza a terra, accartocciata terribilmente. Su 15 persone si salva, miracolosamente, solo un bambino. Un incidente davvero disarmante le cui cause ancora sono da chiarire, anche se sembra che la cabina precipitata, secondo le ultime indagini, presentasse il sistema di emergenza dei freni manomesso.

Un sistema che mostra anomalie, quindi, di cui risponderà chi di dovere. Una tragica omissione che, pur richiamando certamente, ancora una volta, al rigoroso rispetto di qualsiasi norma di sicurezza per ogni condizione che riguarda i trasporti di persone, ha causato, tuttavia, nel frattempo, un dolore all’ Italia tutta, per una tragedia che poteva evitarsi. Le vittime sono famiglie distrutte: due di Varese (una coppia di giovani fidanzati e un papà con mamma e figlio piccolo), due coniugi pugliesi che erano venuti al Nord, trasferendosi a Piacenza, una famiglia di origini israeliane, residente a Pavia, la ragazza di origini calabrese, e il suo fidanzato, il ragazzo iraniano, che appunto è stato affidato alle cure dellaTanatoprassi.

Andrea Fantozzi Presidente dell'I.N.I.T. si augura che, operando la cura di tanatoprassi sulla povera salma, si possa dare un contribuito ad alleviare in parte il dolore immenso della famiglia, restituendo al giovane un aspetto quanto più possibile “naturale” e “sereno”.

Centrale Operativa Servizi Tanatoprassi N° Verde 800.136.086

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Sandra Bergamelli 06/02/2022

Le attività funerarie nel diritto europeo ed italiano

Il disegno di legge sulla «Disciplina delle attività funerarie, della cremazione e della conservazione o dispersione delle ceneri», A.C. n. 3189, del 22 giugno 2015 , risponde certamente ad una esigenza largamente sentita di aggiornamento e riordino della attuale disciplina. Nel perseguire tale obiettivo l’iniziativa legislativa in oggetto si caratterizza peraltro rispetto ad altre analoghe proposte per il rilievo che in essa assume la considerazione dell’interesse generale che i servizi funerari complessivamente considerati perseguono. Come si legge infatti nella Relazione illustrativa del disegno di legge, «[q]uella funebre è attività complessa che, oltre ad articolare il proprio intervento in ambito commerciale […], si configura come attività di interesse generale attinente alla salute pubblica ed alla pubblica sicurezza, con preminenti aspetti di natura igienico-sanitaria». È a tutti noto come l’attività funebre si sia venuta sempre più caratterizzando per la natura pubblica del servizio così prestato, in ragione dei sempre più numerosi compiti di natura appunto pubblicistica – quando non addirittura di vere e proprie funzioni sanitarie – attribuiti agli operatori del settore, quali incaricati di pubblico servizio. L’attuale disciplina non risponde ormai da tempo a tali specificità dell’attività funeraria nella sua odierna accezione e le precedenti iniziative di riforma non traevano, sul piano delle soluzioni in concreto suggerite, le dovute e coerenti conclusioni da quanto premesso in merito alla natura dell’attività stessa. Non a caso dunque, a fronte di una legislazione, come pure si legge nella Relazione, «disorganica a livello regionale ed obsolescente a livello nazionale», l’interesse pubblico (generale) preminentemente perseguito dalla attività funeraria costituisce il momento ispiratore della nuova iniziativa legislativa.

 

Che la salvaguardia dell’interesse pubblico sia una esigenza destinata ad imporsi sui profili più prettamente commerciali, pur esistenti e come tali meritevoli di tutela, è la stessa Unione europea a dircelo. Il nostro legislatore può così introdurre quei correttivi al libero mercato che soddisfino l’interesse generale al regolare svolgimento dei servizi di rilevanza non solo pubblica ma anche commerciale. Del resto, l’evoluzione in senso pubblicistico dei servizi funerari è comune, pur con risposte variamente articolate, a vari paesi dell’Unione europea. Muovendo da tale qualificazione, essi sono intervenuti a disciplinare il mercato, privilegiando la soddisfazione dell’interesse generale, che coincide, non a caso, con quello dei dolenti, a che, da un lato, siano garantite la qualità del servizio, la affidabilità degli operatori, la diffusione del servizio sul territorio e la professionalità degli addetti, e, dall’altro, sia rispettato il dolore della famiglia, evitando i deprecati fenomeni di malaffare. L’Europa, dunque, viene in nostro soccorso, mostrandoci non solo la strada da seguire, ma anche fornendoci gli strumenti necessari.

 

La giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea.

 

I servizi funerari nella loro accezione più ampia comprendono due categorie di attività e possono perciò essere distinti in «servizi mortuari» e servizi di «pompe funebri». Tale distinzione è stata fatta propria dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella sentenza del 27 febbraio 2003, Bestattung Wien3 , l’unica peraltro in cui i giudici del Lussemburgo si sono pronunciati sulla disciplina e soprattutto sulla natura di tali attività, avendo avuto modo in precedenza di occuparsi solo dei profili più prettamente concorrenziali in una ormai risalente decisione del 4 maggio 1988, Pompes funèbres4 , resa in tema di fissazione dei prezzi e dunque di abuso di posizione dominante. Nella decisione del 2003 la Corte muove invece dalla constatazione di come spesso gli Stati utilizzino la menzionata distinzione per qualificare i servizi mortuari quali servizi di interesse generale e le pompe funebri come servizi resi in regime di mercato, per concludere invece che entrambi i servizi rispondono ad una medesima funzione, giacché «non si può contestare che i servizi mortuari e di pompe funebri possono essere considerati come servizi rispondenti effettivamente a un bisogno di interesse generale»5 , la cui nozione costituisce un concetto autonomo di diritto comunitario. Proseguendo nel suo ragionamento, la Corte precisa che «[d]a una parte, infatti, tali attività sono connesse all’ordine pubblico in quanto lo Stato ha manifestato interesse ad esercitare un rigoroso controllo sul rilascio di certificati quali certificati di nascita e di decesso. D’altra parte, evidenti motivi di igiene e sanità pubblica possono giustificare il fatto che lo Stato conservi, su tale attività, un’influenza determinante e adotti misure come quelle previste dall’art. 10, n. 1, del WLBG, qualora i funerali non siano stati organizzati entro un determinato termine successivo al rilascio del certificato di decesso. L’esistenza stessa di una tale disposizione rappresenta pertanto effettivamente un indizio del fatto che le attività di cui trattasi possono soddisfare un bisogno di interesse generale. Pertanto, è segnatamente necessario respingere l’interpretazione sostenuta dalla convenuta nella causa principale secondo cui, in antitesi alle prestazioni di pompe “nel senso ampio del termine” come l’inserzione di necrologi, la collocazione del defunto nella bara o il suo trasporto, soltanto l’inumazione e la cremazione dei corpi nonché la gestione dei cimiteri e dei colombari – qualificati come prestazioni di pompe funebri “nel senso stretto del termine” – rientrerebbero nella nozione di bisogno di interesse generale. Infatti, tale distinzione sarebbe artificiosa dato che tutte o la maggior parte di tali attività erano di regola esercitate da una medesima impresa o da una medesima autorità pubblica».

 

“ 3 Corte giust., 27 febbraio 2003, causa C-373/00, Adolf Truley GmbH c. Bestattung Wien GmbH, EU:C:2003:110. 4 Corte giust., 4 maggio 1988, causa 30/87, Corinne Bodson c. SA Pompes funèbres des régions libérées, EU:C:1988:225. 5 Corte giust., 27 settembre 2003, causa C-373/00, Bestattung Wien, cit., punto 51”.

 

 

Le indicazioni che emergono dalla decisione della Corte sono chiare ed utili per definire il possibile ambito di intervento legislativo all’interno dei singoli paesi. Ad avviso dei giudici del Lussemburgo, non importa quanto siano rilevanti le prestazioni di pompe funebri in senso stretto rispetto alle attività più propriamente commerciali svolte da un’impresa, dal momento che la suddetta impresa continuerebbe ad occuparsi di bisogni di interesse generale, come tali soggetti ad una rigorosa disciplina volta ad assicurare la soddisfazione di tali interessi. Perché peraltro una determinata attività di natura anche, se non soprattutto, commerciale, possa comunque essere qualificata come destinata a soddisfare principalmente specifiche esigenze di interesse generale aventi – questi sì – carattere non commerciale, ovvero sanitari o di ordine pubblico, occorre che ricorrano determinati «indizi» della sua natura pubblicistica. In conclusione, (tutte) le attività funerarie, siano esse di natura pubblica oppure commerciale, rispondono, in determinate circostanze, ad un interesse generale dell’ordinamento. Il disegno di legge di cui si discute è destinato a soddisfare pienamente le condizioni poste dalla Corte di giustizia, ponendo al centro del riordino motivi di ordine pubblico, di igiene e di sanità pubblica. Come si legge infatti nell’art. 7, «[l]’attività funebre costituisce attività di interesse generale attinente alla salute pubblica ed alla pubblica sicurezza, con preminenti aspetti di natura igienico sanitari». Tale affermazione, più volte ripresa nell’articolato, si riverbera anche ma non solo sul piano dei requisiti per lo svolgimento dell’attività, sulle modalità per la sua effettuazione e sul processo di qualificazione professionale degli addetti (vedi artt. 8-11).

 

Del resto, come sottolineato dall’avvocato generale Alber nelle conclusioni rese nel caso Bestattung Wien, a connotare in senso pubblicistico l’incarico attribuito all’impresa di pompe funebri è proprio il fatto che le attività celebrative e di inumazione siano disciplinate insieme, in un ambito normativo unitario che non consente di distinguere, fra le varie attività, «quelle che sono svolte nell’interesse della collettività e quelle che sono svolte nell’interesse dei singoli»7 . Ancora più interessanti sono le considerazioni che possono trarsi dalla sentenza della Corte di giustizia sul piano dei possibili interventi di regolamentazione del mercato da parte dello Stato. È infatti la stessa Corte a sottolineare come, soddisfacendo l’attività un bisogno di interesse generale, il suo esercizio possa essere subordinato al rilascio di una previa autorizzazione8 , che è strettamente collegata, precisa l’avvocato generale, alla verifica dell’esistenza di una necessità del servizio da verificarsi in sede di rilascio della autorizzazione stessa9 . La verifica di tale «necessità» si traduce, sempre ad avviso dell’avvocato generale, in una delimitazione, per motivi di interesse generale, della concorrenza, mantenendo la pubblica amministrazione «un’influenza sostanziale almeno per ciò che concerne la determinazione del numero di coloro che operano sul mercato»10 . L’introduzione di un meccanismo autorizzatorio, basato sulla verifica della sussistenza dei requisiti previsti per l’esercizio dell’attività, e la definizione dei livelli ottimali di copertura del servizio funebre non solo costituiscono momenti qualificanti del disegno di legge (vedi art. 5), ma, come appena osservato, rispondono anche alla funzione sociale dell’intero comparto delle attività funebri, in piena coerenza e rispetto delle precise indicazioni della Corte di giustizia.

 

 

La direttiva Bolkestein e le deroghe alla libertà di iniziativa economica.

 

Non deve a questo punto meravigliare il fatto che la direttiva servizi, nota anche come direttiva Bolkestein (direttiva n. 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno11, cui è stata data attuazione col d. lgs. 26 marzo 2010, n. 5912), non menzioni i servizi funerari né per disciplinarli né per escluderli dal suo ambito di applicazione. Va invece rilevato che uno specifico riferimento ai «servizi di pompe funebri» compare nel Manuale per l’attuazione della direttiva servizi, pubblicato dalla Commissione europea, dove, a commento dell’art. 2, par. 2, lett. d, della direttiva, che esclude dall’ambito di applicazione della direttiva stessa i servizi nel settore dei trasporti, si precisa che l’esclusione non comprende «i servizi che non costituiscono servizi di trasporto» in senso stretto, quali «i servizi di pompe funebri», per quanto attiene ovviamente al trasporto della salma. Tale precisazione è stata fatta propria dal d.lgs. n. 59 del 2010, cit., il cui art. 6, c. 2, riprende al riguardo le indicazioni fornite dalla Commissione europea.

 

La prima considerazione da trarre è che le attività funerarie in genere non sono in quanto tali menzionate nella direttiva per il fatto, si può ragionevolmente ritenere, che esse risultano, per molteplici e rilevanti profili, riconducibili alla prestazione di servizi che attengono all’ambito della sanità, dell’igiene e della sicurezza pubblica, di per sé escluse, ex art. 2, par. 2, lett. f e anche i, dal campo di applicazione della direttiva stessa, e, per altri, alla categoria più ampia dei servizi in cui è preminente l’interesse generale alla loro esecuzione. Secondo infatti la distinzione tracciata dalla Corte di giustizia nella sentenza Bestattung Wien14 , fra «servizi mortuari» e «pompe funebri», i primi («servizi mortuari») rientrano fra i settori cui non si applica la direttiva, stante la loro natura pubblicistica. Per quanto riguarda invece le «pompe funebri», tra cui rientrano i servizi di trasporto funebre sopra ricordati, essi possono essere comunque soggetti a restrizioni, anche significative, e quindi di fatto esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva, laddove il legislatore nazionale riconosca loro la natura di servizi di interesse generale. Dispone infatti in tal senso la stessa direttiva che, in più disposizioni, prevede che la prestazione di determinate categorie di servizi possa essere sottoposta a restrizioni, tra cui, in particolare, il rilascio di autorizzazioni e misure di pianificazione territoriale, quando ciò trovi giustificazione in «motivi imperativi di interesse generale», tra i quali compaiono la pubblica sicurezza, la sanità e l’igiene pubblica e la tutela del consumatore (considerando n. 40; v. anche considerando n. 56 e art. 9). Il richiamo ai motivi imperativi d’interesse generale compare ovviamente anche nel d.lgs. di attuazione della direttiva, dove l’art. 8, c. 1, lett. f, riprende il contenuto del citato considerando n. 40 per definire l’ambito delle possibili deroghe al regime di liberalizzazione altrimenti introdotto.

 

Ulteriore conseguenza è che la libertà di esercizio delle attività in discorso può essere variamente limitata da ciascuno Stato membro per soddisfare le proprie esigenze imperative, nel rispetto comunque dei principi generali dell’ordinamento comunitario, tra cui quelli di non discriminazione e di proporzionalità. Stante infatti la natura comunque restrittiva delle misure previste nel progetto di disegno di legge in esame, perché esse possano essere giustificate occorre non solo che esse trovino ragione in motivi imperativi di interesse pubblico, ma anche che tali previsioni abbiano applicazione non discriminatoria, siano idonee a conseguire lo scopo perseguito e si limitino a quanto necessario per il raggiungimento di detto scopo. Tutti questi requisiti sono pienamente soddisfatti dalle disposizioni di cui si propone l’adozione nel disegno di legge A.C. n. 3189, cit.

 

Che i servizi di pompe funebri possano essere considerati come servizi rispondenti ad un bisogno di interesse generale è la Corte di giustizia, nella decisione sopra ricordata, ad affermarlo, riconoscendo così la possibilità per gli Stati di far ricorso per la loro disciplina a meccanismi autorizzatori idonei a soddisfare le esigenze imperative dell’ordinamento in questione, in deroga a quanto altrimenti previsto dalla direttiva servizi. A ciò si aggiunge che le disposizioni contenute nel disegno di legge di riforma, seppur restrittive dell’accesso al mercato, sono non discriminatorie e si applicano in ugual misura a tutte le imprese del settore. Ciò vale in particolare per i requisiti che sono fissati per consentire agli attuali e ai nuovi operatori di ottenere l’autorizzazione per la propria attività. In linea di principio, tutti gli operatori del settore che soddisfino le condizioni indicate hanno la possibilità di beneficiare delle nuove disposizioni.

 

Degli obiettivi specifici perseguiti dalla normativa proposta già si è detto, va invece precisato che lo strumento della pianificazione territoriale, di cui all’art. 5 del disegno di legge, è sicuramente idoneo a soddisfare l’interesse pubblico a che venga garantita la possibilità da parte dei dolenti di accedere ad un servizio che nel tutelarne i diritti soddisfi anche esigenze prioritarie di carattere igienico sanitario e di sicurezza pubblica. Nel perseguire tale obiettivo la normativa proposta non va oltre quanto strettamente necessario per raggiungere tale obiettivo. Nella scelta poi concreta dei singoli strumenti, in particolare amministrativi, giudicati idonei a garantire la tutela dell’interesse pubblico perseguito gli Stati membri dell’Unione mantengono, come già ricordato, un margine di discrezionalità che giustifica le differenti soluzioni legislative rintracciabili in ciascuno di essi. Il fatto che uno Stato membro imponga norme più rigide in materia di tutela di preminenti interessi pubblici di quelle stabilite da un altro Stato membro non significa dunque che tali norme siano incompatibili con le disposizioni dell’ordinamento dell’Unione. Ciò che conta è che, quando da tali norme conseguano restrizioni alle libertà fondamentali, i requisiti e le limitazioni così introdotti soddisfino le condizioni (quattro) sopra indicate e frutto della elaborazione della Corte di giustizia. Non varrebbe dunque invocare, al fine di contestare la legittimità delle forme di tutela e regolazione del mercato che sarebbero introdotte dal progetto di legge in discorso, una possibile violazione della libertà di iniziativa economica tutelata dalla Costituzione, così come declinata nelle pronunce della Corte costituzionale. In realtà, dovendosi fornire una interpretazione comunitariamente orientata della normativa nazionale, stante la supremazia del diritto dell’Unione, va ricordato che la libertà di impresa è sancita dall’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Esso stabilisce che tale libertà è riconosciuta «conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali». Tale rinvio al diritto comunitario va inteso nel senso che la libertà di impresa può incontrare limiti tra i quali la Corte di giustizia, nella sentenza Sokoll-Seebacher del 13 febbraio 2014, annovera espressamente un regime di autorizzazione amministrativa preventiva, purché, come già osservato, tale regime sia fondato «su criteri oggettivi, non discriminatori e previamente conoscibili, che garantiscano 8 la sua idoneità a circoscrivere sufficientemente l’esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali».

 

Nello stesso senso si è pronunciata la Corte costituzionale, precisando che la tutela della concorrenza «si attua anche attraverso la previsione e la correlata disciplina delle ipotesi in cui viene eccezionalmente consentito di apporre dei limiti all’esigenza di tendenziale massima liberalizzazione delle attività economiche»16, purché eventuali regimi autorizzatori siano giustificati da motivi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione e di proporzionalità17 . Tutti criteri quelli indicati dalla Corte costituzionale, e prima ancora dalla Corte di giustizia, che risultano pienamente soddisfatti dalla normativa proposta nel disegno di legge A.C. n. 3189, cit. Infine, sempre nel senso che la tutela del consumatore e, quindi, a maggior ragione, quella di esigenze igienico-sanitarie e di pubblica sicurezza giustifichino in base al diritto dell’Unione europea restrizioni alla libertà di iniziativa economica, si è pronunciato di recente anche il Consiglio di Stato, nella sentenza pronunciata il 26 agosto 2015, in tema di esercizio dell’attività di gioco lecito18 . Pienamente legittima è dunque la scelta che il legislatore italiano è chiamato ad operare sulla base del disegno di legge A.C. n. 3189, cit., laddove introduce meccanismi autorizzatori e di pianificazione territoriale, in quanto, come si legge all’art. 7 dell’articolato, «l’attività funebre costituisce attività di interesse generale attinente alla salute pubblica ed alla pubblica sicurezza, con preminenti aspetti di natura igienico sanitari». Il tutto nel rispetto del dettato delle disposizioni del TFUE e, più in particolare, della direttiva servizi che consente di restringere il suo ambito di applicazione per quei servizi che rispondono a finalità di interesse generale, purché siano soddisfatti i requisiti generali posti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. 

I profili concorrenziali.

 In più occasioni l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avuto modo di occuparsi dei profili concorrenziali dell’attività funeraria, giungendo a conclusioni critiche nei confronti dell’attuale assetto normativo. Due sono i profili principali di indagine: anzitutto, la distinzione fra l’attività di gestione delle camere mortuarie e l’attività imprenditoriale di onoranze funebri (AS392, Segnalazione del 23 maggio 200719); in secondo luogo, la possibilità, prevista nel caso dalla legge regionale campana, di subordinare l’esercizio dell’attività funeraria all’iscrizione in un apposito registro (AS1153, Segnalazione del 6 novembre 2014; vedi anche AS1055, Segnalazione del 14 giugno 201320). In merito, va ora rilevato che il disegno di legge in esame soddisfa anche le esigenze manifestate dalla AGCM nelle proprie Segnalazioni. Giova al riguardo prendere le mosse dalle considerazioni svolte dalla Autorità Garante nel novembre 2014, con riguardo alla previsione della iscrizione in un registro regionale delle imprese funerarie e cimiteriali. È infatti la stessa AGCM a sottolineare come il regime autorizzatorio così introdotto risulti incompatibile con la libertà d’iniziativa economica, in quanto non vi sono a livello statale disposizioni che «abbiano valutato l’esistenza di esigenze di interesse generale»21 idonee a giustificare tale restrizione.

 A rendere dunque illegittimo il regime di autorizzazione introdotto a livello regionale è (solo) l’assenza, in sede di fissazione dei principi generali che devono regolare la materia, di una espressa qualificazione da parte dello Stato dei servizi funerari quali servizi di interesse generale. Tale considerazione, letta alla luce dei principi affermati dalla Corte di Giustizia nel ricordato caso Bestattung Wien22, giustifica pienamente l’iniziativa di riforma in discussione, che, muovendo dalla esigenza di soddisfare ben precisate esigenze di interesse generale, detta criteri oggettivi cui subordinare il rilascio del documento autorizzativo, soggetto a periodiche verifiche, nell’ambito di una programmazione territoriale. I vincoli così introdotti all’accesso al mercato risultano strettamente giustificati, in un’ottica di proporzionalità, dall’interesse generale perseguito e come tale riconosciuto meritevole di tutela dall’ordinamento comunitario.

 A conclusioni non dissimili si perviene anche con riguardo al fatto che, sempre secondo la AGCM, le finalità commerciali dell’attività di onoranze funebri «non si conciliano con il corretto e fisiologico svolgimento del servizio di gestione delle camere mortuarie». L’art. 8, par. 4, del disegno di legge A.C. n. 3189, cit., prevede infatti che «[l]e imprese funebri, qualora esercitino attività in esclusiva in mercati paralleli, quali quelli relativi all’ambito cimiteriale nello stesso territorio in cui operano le imprese funebri, sono obbligate alla separazione societaria, intesa come svolgimento distinto con società o soggetto, comunque denominato, dotato di separata personalità giuridica ed organizzazione distinta ed adeguata di mezzi e risorse». A ciò si aggiunge che, in base al successivo par. 5, alle stesse «imprese funebri è vietata la prestazione dei servizi in ambito necroscopico, intendendosi per tali la gestione di servizi mortuari di strutture sanitarie ed assimilabili e di depositi di osservazione ed obitori, nonché la fornitura a questi di servizi diversi dal trasporto funebre».

Anche sotto questo profilo le nuove disposizioni darebbero dunque una risposta adeguata alle perplessità manifestate dalla AGCM, assicurando il rispetto delle regole di concorrenza nel settore, sempre comunque in coerenza con il preminente interesse al soddisfacimento delle esigenze pubbliche, anche quando i servizi di onoranze funebri e i connessi servizi di carattere pubblico-sociale e igienicosanitari sono prestati in un contesto imprenditoriale unitario ed integrato.

Conclusioni.

Un rapido esame delle normative vigenti negli altri paesi dell’Unione, tra cui, in particolare, Belgio, Francia, Germania e Spagna, ci mostra come comune sia il riconoscimento della funzione pubblica delle attività funerarie. La soddisfazione dell’interesse generale allo svolgimento nel modo più idoneo di tali attività avviene peraltro in ciascun paese secondo modalità tra loro diverse; comuni sono tuttavia l’attenzione per gli aspetti di formazione degli addetti al settore e l’introduzione di adeguati requisiti per l’esercizio dell’attività. Alla luce di quanto fino ad ora osservato, deve pertanto ritenersi pienamente compatibile con i principi del mercato interno e della concorrenza una legislazione nazionale che, come quella di cui si propone l’adozione nel nostro paese, condizioni lo svolgimento delle attività funerarie, complessivamente intese, in modo cioè da ricomprendere sia i servizi mortuari sia quelli di pompe funebri, all’ottenimento di una autorizzazione rilasciata dalla pubblica amministrazione, previa verifica del soddisfacimento di taluni requisiti. Le condizioni così poste al rilascio della autorizzazione sono peraltro strettamente proporzionali al fine perseguito di interesse generale e riguardano, in particolare, le strutture necessarie per l’esercizio dell’attività e la formazione degli operatori del settore. Ad esse si accompagna l’obbligo di rispetto di una stringente regolamentazione di sanità pubblica. L’adozione nel nostro paese di una normativa organica di riforma che fissi a livello nazionale i principi generali, cui devono attenersi i legislatori regionali negli ambiti di loro competenza, è divenuta una priorità cui il legislatore non può più sottrarsi. Si tratta infatti di porre rimedio alla confusione prodotta sul piano normativo dal proliferare sia di interventi legislativi regionali, attuati in modo disorganico e con previsioni normative talvolta tra loro contraddittorie, sia di misure regolamentari comunali che disciplinano, in modo spesso molto differente tra loro, i servizi funerari, con inevitabili ricadute negative sulla qualità del servizio reso al dolente e sul rispetto degli standard sanitari. L’esigenza di una riforma del settore è resa ancor più evidente dal fatto che l’attuale normativa nazionale riguarda soltanto gli aspetti di sanità pubblica più rilevanti, senza preoccuparsi, da un lato, di definire, a livello di principi, quali siano gli interessi generali da perseguire, e, dall’altro, di fornire gli strumenti normativi necessari per lo svolgimento della funzione pubblica di cui le imprese funebri sono incaricate. Di fatto, tutti questi aspetti vengono lasciati all’intervento del legislatore regionale o addirittura alla regolamentazione comunale, pur esulando le relative questioni dalle loro competenze, con effetti 11 distorsivi anche sul piano della concorrenza più volte segnalati dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. In conclusione, il disegno di legge A.C. n. 3189, cit., oltre a rispondere ad esigenze di modernizzazione del settore, disciplinando la tanatoprassi, introducendo, sulla scorta dell’esperienza di altri paesi, le case funerarie e regolamentando, infine, la cremazione, procede ad un riordino complessivo dell’attuale normativa; il tutto al fine di assicurare la salvaguardia dell’interesse generale nell’espletamento del servizio pubblico di cui le imprese svolgenti attività funeraria sono incaricate. L’attività funeraria verrà perciò svolta, secondo le previsioni del disegno di legge di riforma, nel rispetto delle condizioni previste per il rilascio della prevista autorizzazione e secondo un piano di programmazione territoriale che, da un lato, consente a tutti gli operatori esistenti di adeguarsi alla nuova disciplina, e, dall’altro, garantisce che il servizio sia prestato sulla base delle esigenze del territorio. Le imprese del settore devono dunque soddisfare i requisiti di affidabilità, formazione, professionalità e dotazione strutturale che, per rispondere ad una esigenza di interesse generale, la natura stessa del servizio impone, nel pieno rispetto dei principi fissati dal diritto dell’Unione europea.

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Barbara Ruscitti 22/01/2025

La Soluzione della Tanatoprassi: L'Interesse Primario dell'Agenzia Funebre Paradiso

L'Agenzia Funebre Paradiso di Porcu S.R.L., con sede a Nuoro, ha individuato nella tanatoprassi una risposta innovativa e concreta ai problemi igienico-sanitari che affliggono i cimiteri italiani. La partecipazione attiva dell'agenzia al corso di tanatoprassi, promosso dall'Istituto Nazionale Italiano di Tanatoprassi e da Assotan (Associazione Italiana Tanatoprassi), testimonia il suo impegno nella ricerca di soluzioni efficaci per migliorare la gestione cimiteriale e il decoro degli spazi dedicati al ricordo dei defunti.

Risolvere le Criticità Cimiteriali: Un Obiettivo Chiave

I cimiteri italiani si trovano spesso a fronteggiare problemi legati alla decomposizione delle salme, che comportano:

  • Perdite di liquidi: fenomeno che rischia di contaminare il terreno e di creare disagi sanitari.

  • Odori nauseabondi: che compromettono la salubrità e il decoro degli ambienti cimiteriali, creando un impatto negativo per chi si reca a visitare i propri cari.

L'Agenzia Funebre Paradiso ha riconosciuto che la tanatoprassi rappresenta una risposta valida e moderna per affrontare queste problematiche in modo definitivo, garantendo igiene, sicurezza e rispetto per i defunti e i loro familiari.

La Tanatoprassi come Soluzione Innovativa

La tanatoprassi è una tecnica che prevede il trattamento conservativo del corpo del defunto, offrendo vantaggi significativi sia in termini igienici che ambientali. L’Agenzia Funebre Paradiso, comprendendo l'importanza di questa metodologia, mira a integrarla stabilmente nei propri servizi per:

  • Eliminare il rischio di perdite di liquidi, grazie all’utilizzo di tecniche avanzate che preservano il corpo in modo efficace.

  • Ridurre la diffusione di odori sgradevoli, migliorando l'esperienza nei cimiteri e tutelando la dignità del defunto.

  • Prevenire problematiche ambientali, contribuendo a una gestione più sostenibile degli spazi cimiteriali.

L'Agenzia Funebre Paradiso: Una Visione Lungimirante

La partecipazione dell'Agenzia Funebre Paradiso al corso di tanatoprassi non si limita alla formazione tecnica delle nuove figure professionali, ma riflette una visione strategica più ampia. L'agenzia si impegna a diventare un punto di riferimento nella promozione di standard igienico-sanitari elevati, offrendo ai propri clienti soluzioni moderne e rispettose.

Il Ruolo del Corso di Tanatoprassi

Grazie al corso organizzato dall'Istituto Nazionale Italiano di Tanatoprassi e da Assotan, l'Agenzia Funebre Paradiso sta contribuendo alla formazione di quattro nuove allieve, che si uniranno agli altri professionisti già operativi su scala nazionale. Questa espansione dell’équipe di Assotan rafforzerà ulteriormente la capacità di intervento tempestivo e qualificato su tutto il territorio.

Contribuire al Decoro e alla Sicurezza nei Cimiteri

Adottando la tanatoprassi, l’Agenzia Funebre Paradiso punta a rivoluzionare la gestione delle salme, garantendo:

  • Maggiore sicurezza sanitaria per gli operatori e i visitatori.

  • Un ambiente più dignitoso nei cimiteri, libero da problematiche igieniche e odori sgradevoli.

  • Un supporto concreto alle famiglie, che potranno vivere il lutto in maniera più serena e rispettosa.

L’Agenzia Funebre Paradiso di Porcu S.R.L. si conferma all’avanguardia nel settore funerario, affrontando con determinazione le criticità cimiteriali attraverso la promozione della tanatoprassi. Questa disciplina non solo risolve problemi igienico-sanitari, ma eleva gli standard qualitativi dei servizi funebri, offrendo soluzioni concrete e sostenibili per il benessere collettivo. Con il suo impegno costante, l’Agenzia Funebre Paradiso pone le basi per un futuro in cui dignità, igiene e decoro siano al centro dell’esperienza funeraria in Italia.

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Redazione TanMagazine 22/09/2021

Infezioni ospedaliere senza tregua nell’intera Unione Europea

Le infezioni ospedaliere in Italia:  si contano 50.000 morti l’anno tutti morti per sepsi

 Non accennano a calare le richieste di risarcimento in seguito a

infezioni contratte durante il ricovero: anche per il 2021 sembra

confermarsi il dato esposto nel 2019 secondo cui ogni 100 infezioni

contratte durante la degenza ospedaliera si avrebbe una richiesta di

risarcimento danni.

Il costo medio per sinistro è di circa 59mila euro;

Più della metà dei casi (56,2%) sono riferibili a prestazioni erogate

nell’area chirurgica, dato che porta a ipotizzare, come principale

causa, una carenza nell’utilizzo delle precauzioni standard

nell’assistenza dei pazienti sottoposti ad interventi e quindi

maggiormente esposti al rischio di contaminazione da agenti esterni.

In particolare, circa il 30% delle infezioni ospedaliere denunciate sono

riferibili a Ortopedia e Traumatologia e il 15% a Chirurgia Generale

LA RESPONSABILITA’ DELL’INFERMIERE NELL’AMBITO DELLE INFEZIONI

Nel caso in cui si verifica un danno (infezione) alla persona, i riferimenti giuridici sono contenuti nel

codice civile e penale del nostro ordinamento e nell’orientamento giurisprudenziale.

Gli elementi che definiscono il tipo di responsabilità professionale sono due:

il carattere colposo;

la necessaria sussistenza del nesso causa-effetto.

Nel primo elemento, la colpa professionale si riconduce sostanzialmente alla negligenza,

imprudenza e imperizia. Esempi pratici sono la condotta superficiale, la mancanza di

conoscenze specifiche e/o abilità tecniche, il mancato rispetto delle buone pratiche.

Nel secondo invece, per l’accertamento della responsabilità professionale, è fondamentale

verificare la sussistenza di un rapporto tra condotta colposa e il danno subito dalla parte lesa.

La condotta colposa può essere attribuita ad un intervento effettuato in modo errato (es.

contaminazione di uno strumento durante la manovra invasiva), oppure per una omissione

(es. mancato controllo delle scadenze di sterilizzazione di uno strumento).

L’infermiere, così come qualsiasi altro professionista, ha l’obbligo dei mezzi e non del risultato.

Non può garantire che le infezioni non possono insorgere, ma deve fare di tutto per erogare un

assistenza ottimale. Deve dimostrare di aver adottato tutte le misure atte a prevenire il danno.

Se il giudice stabilisce la sussistenza tra la condotta colposa dell’infermiere e il danno subito dal

paziente, nella fattispecie l’insorgenza di un' infezione, il professionista può essere chiamato a

rispondere per lesioni colpose (art 590 c.p) e punito con reclusione, o multa, a seconda della

gravità delle lesioni cagionate. Nel caso in cui l’infezione comportasse la morte del paziente, il reato contestato potrebbe essere l’omicidio colposo.

 . 83% degli episodi di polmoniti Ospedaliere sono associate all'utilizzo di ventilazione meccanica

 . Il 97% del infezioni delle vie urinarie sono catetere-correlate

 . l'87% di infezioni ematiche si manifesta su pazienti con catetere venoso centrale

 

MDRO

 

sono definiti come microrganismi resistenti ad una o più classi di antibiotici oggi

disponibili; alla luce di ciò, la gestione di pazienti con positività microbiologica ad un

MDRO, nelle strutture sanitarie, richiede necessariamente l’adozione di specifici

comportamenti assistenziali atti a ridurne quanto più possibile la circolazione , la

trasmissione e i notevoli rischi correlati alla loro presenza in ospedale. Tali rischi si

possono riassumere in:

- aumento della probabilità di fallimento terapeutico;

- aumento del rischio di morbilità e mortalità;

-aumento della durata della degenza ospedaliera.

E’ importante inoltre specificare che tali microrganismi multiresistenti non devono essere

confusi con i microrganismi in grado di causare malattie infettive diffusive, infatti:

-i microrganismi che causano malattie infettive diffusive sono microrganismi che partendo

da un soggetto malato possono contagiare e infettare soggetti sani venuti a contatto con

tale microrganismo (ivi inclusi gli operatori sanitari), per tali malattie è obbligatoria la

notifica di malattia infettiva e l’adozione di specifiche precauzioni atte ad interrompere la

catena di trasmissione. Il personale sanitario è pertanto soggetto a rischio di malattia come

un qualsiasi altro soggetto venuto a contatto con tali microrganismi senza le dovute

precauzioni.

- i microrganismi multiresistenti, non causano malattie infettive contagiose trasmissibili da

soggetto infetto a soggetto sano né da soggetto infetto agli operatori sanitari. Tuttavia, ove

non siano adottate le precauzioni necessarie ad evitare la trasmissione, prima fra tutte il

corretto lavaggio delle mani, gli operatori sanitari sono il principale veicolo di trasmissione

dell’infezione ad altri pazienti suscettibili e possono a loro volta diventare colonizzati e/o

ammalarsi successivamente durante un periodo di immunodeficienza.

 

LA STAMPA

«Vorrei chiarire una cosa: io non ho nessun tumore, ho un’infezione da batterio killer

che per essere debellato necessita di una cura antibiotica molto potente di 6 settimane,

due le ho già fatte, quindi manca poco». «Sono contento, sto bene, non sono malato -

ribadisce ancora - non ho nessuna malattia, devo semplicemente debellare un batterio

che abbiamo tutti, ma che invece di lavorare a favore della vita, comincia a lavorare per

distruggere tutto quello che c’è. Questo batterio si chiama staffilococco aureo, poi

ce ne sono anche degli altri - spiega Vasco - ma capita a volte di avere queste cose,

quando c’è un’abrasione o un abbassamento delle difese immunitarie». «Il batterio

bisogna farlo fuori - conclude il cantante - per questo ci vogliono antibiotici molto potenti

e per molto tempo, ma alla fine, ripeto, sarà lui a morire non io».

 Dott. Lazzarin (infettivologo San Raffaele)

Si tratta di un microrganismo gram positivo comunissimo, disposto sulla superficie

cutanea esposta di qualsiasi uomo. Quindi la sua presenza non è inusuale, e

normalmente non porta a malattie. Il fatto che dia infezioni non rappresenta

un’eccezione, ma è una situazione di convivenza biologica comune con l’organismo

umano. Siccome è molto diffuso può essere la causa di infezioni che finiscono all’interno

dell’organismo (polmoniti, ascessi, gastroenteriti), e questo è più raro. Questo può essere

dovuto ad un taglio delle barriere anatomiche o all’inserimento di farmaci per via

endovenosa. L’infezione è di solito facilmente curabile con gli antibiotici, a meno che non

ci siano situazioni di particolari gravità e in certi casi il batterio può sopravvivere anche

agli antibiotici diventando molto resistente e difficilmente controllabile. Lo stafilococco

può diventare anche mortale, soprattutto se passa ad un soggetto poco

competente dal punto di vista immunologico e quando diventa non

sensibile agli antibiotici l’infezione non guarisce e in questi casi non

c’è molto da fare….

In un’indagine di prevalenza (SIPIO) effettuata nel 1983 su un campione

di letti ospedalieri (36 mila in 142 ospedali), si è rilevato che il 6,8% dei

pazienti ospedalizzati per ogni motivo è risultato affetto da un’infezione

ospedaliera.

Nel 2000 uno studio di prevalenza condotto 

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