Riconoscimento giuridico della Tanatoprassi a che punto siamo?

Chiara Ricciarelli 16/01/2023 0

Eppur qualcosa si muove. Nel corso della scorsa legislatura, la Commissione permanente Igiene eSanità ha esaminato congiuntamente tre diversiDisegni diLegge concernenti i servizi funebri adottando, durante l’ Iter, un testo unificato. Nello scorso 18 dicembre,si è arrivati alla presentazione del Fascicolo Iter DDL S. 963, Disciplina delle attività funerarie, nel tentativo di definire una normativa puntuale e cogente.Esaminiamo nel dettaglio le novità, anche per il tema “Tanatoprassi”.

 

   Da tempo,ed è un dato di fatto,il settore funerario è in profonda crisi e necessita di un radicale cambiamento.

 

  Abbiamo già spesso fatto notare quanto sia decisamente necessario garantire un' organica sistemazione alla materia del settore funerario, i cui servizi intervengono nei momenti più dolorosi e difficili della vita e devono essere garantiti come efficienti, trasparenti ed adeguati all'evolversi della odierna società.

 

           Il primo problema riguarda sicuramente il quadro normativo, caratterizzatonon soloda normestatalisuperate e inadeguate(Testo Unico,decisamente vetusto;regolamento di polizia mortuaria del 1990 e legge statale, datata 2001, recante le disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri) ma anche da normeregionalieprovvedimenti comunalispesso difformi tra loro.

 

 L’ esigenza di armonizzazione è quanto mai un’ impellente necessità, a livello sia nazionale che regionale: bisogna uniformare la legislazione frammentaria, relativa alle norme fondamentali circa il settore funerario, semplificare e riorganizzare.

 

          Anche se va detto che tali condizioni, sicuramente hanno portato, nel tempo, alla nascita di alcuni complessi ed articolatiDisegni diLegge(vedesi ad esempio ilFOSCOLOche èancora in corso di Esame in Commissione alla Camera),ad oggi dobbiamo però attestareancorail “niente di fatto”.

 

     Esiste fortemente non soltantola necessità di definire in modo chiaro le competenze spettanti ai vari soggettie di determinareun quadro normativo omogeneovalidosu tutto il territorio nazionale, ma anche quella di stabilire un sistema di controlli le cui finalità principali devono essere trasparenza, legalità ed efficienza, decisamente mancanti negli ultimi anni, nei quali è proliferato, invece, il malcostume incontrollato.

 

          Una vera e propria piaga.Un crescendo di reati, abusi diffusi, compravendita di informazioni sui decessi nelle strutture sanitarie evarieillegalità,ai danni del defunto e dei parenti,da partedeglioperatori sanitari odellepompe funebri.

 

      Tantissimi poi icasi di gestione funeraria da parte di associazioni criminali e infiltrazioni mafiosenel settore, per non parlare dell’evasione fiscale edellaprogressiva difficoltà finanziariadi alcuni particolari comuni a gestire i servizi funebri.

 

     Infine, ilterzo ma non ultimoproblema del settore funebre:il riconoscimento giuridico dell’ attività della Tanatoprassi, perilquale ci battiamo da anni!

 

      LaTanatoprassi è, oggi più che mai, una disciplina cheha estrema necessità di un riconoscimento, non solo perché si configura come necessaria attività, in una società odierna, dal punto di vista sociale, sanitario e civile, per la ridefinizione del rito funebre e per dargli la dignità che merita, ma anche, dal lato pratico, perché c’è l’ esigenzache l’operatore siaautorizzato in maniera formale da un' autoritàsanitaria e da istituzioni che ne riconoscano, definitivamente, la legittimità.

 

    La tanatoprassi, insomma, è un’attività che deveessere svolta secondo le dovute autorizzazioni e previsioni normative, garantendo i necessari requisiti di professionalità e di affidabilità per la disciplina, nel pieno rispetto degli standard sanitari, attraverso metodologie e strumenti innovativi.Un’ attività svolta da operatori professionali preparati, competenti sulla quale sono impellenti i necessari controlli.

 

 

  Eppure, in questo contesto,qualcosa, recentemente, si muove.

 

            Nel corso della scorsa legislatura,infatti,la Commissione permanente Igiene eSanità ha esaminato congiuntamente tre diversiDisegni diLeggeconcernenti i servizi funebriadottando,durante l’ Iter, un testo unificato, risultato di un accurato lavoro di sintesi. Nello scorso 18 dicembre, quindi, si è arrivati alla presentazione del Fascicolo IterDDL S. 963, Disciplina delle attività funerarie, nel tentativo di definire una normativapuntuale e cogente.

 

  Un nuovo sistema di regole strutturaleche possa definire, finalmente, una riforma organica e complessa del settore, anche in considerazione del fatto che, pur essendo un dato di fatto che i servizi necroscopici e cimiteriali rientrino tra le funzioni fondamentali dei comuni, la confusione che regna in questo settore è decisamente tanta.

 

Esaminiamone velocemente i punti.

 

•                 Per quanto ci riguarda più da vicino, il Disegno di Legge definiscele sale del commiato, precisa i requisitiminimi strutturali per leCaseFunerarie(di cuiè vietata la presenza nelle strutture sanitariedi quellegestite da imprese funebri), e punto fondamentale, introduce formalmente nell'ordinamentomortuario italiano la possibilità di effettuare la pratica della Tanatoprassi, intesaappuntocome tutto quell’ insieme di tecniche sul corpo del defunto che ne consentono una esposizione più dignitosa, in termini sia di igiene che di presentabilità.Conl’ entrata in vigore della legge eprevia definizione dei requisiti minimi per la disciplina, siautorizzaquindi e definitivamentel’ operato dei Tanatoprattori.

 

 Ma le tematiche toccate sono davvero tante, e a 360 gradi.

 

•       IlDisegno di Legge punta a definire, una volta per tutte econ chiarezza,i compiti e le funzioni degli enti locali, delle aziende sanitarie locali (ASL), delle regioni e dello Stato, demandando ad appositi regolamenti le disposizioni attuative della legge per le materie rientranti nella competenza esclusiva statale, al finedigarantire un omogeneo esercizio delle attività e superare l'attuale frammentazione delle disposizioni regionali e locali.

 

•     Viene stabilito chele attività funebri sono attività economiche da svolgere secondo liberi principi di concorrenza nel mercato, masemprenel pieno rispetto della dignità e del diritto di ogni individuo di scegliere liberamentecirca la propria persona: ideali e valori, questi, che rappresentano il cardine del documento.

 

•Per operare, l'impresa funebre deve possedere una sede adeguata, il titolo ad esercitare la vendita di beni in sede fissa, la previsione della figura del direttore tecnico dell'impresa  e la disponibilità di un numero di dipendentiidoneo, con specifici requisiti qualitativi e di competenza professionale. I noltre, icentri di servizio funebre possono operare a supporto delle imprese funebri, mediante la stipula di formali contratti di appalto di servizi. 

 

•     IlDisegno diLegge introduce poi una sorta di transitorietà, per cui i soggetti che, alla data di entrata in vigore della legge, sono titolari di autorizzazioni all'esercizio delle attività funerarie possano continuare ad esercitare lestesseattività fino al termine massimo di due anni dalla medesima data.

 

•  In materia di trasporto funebre, invece, sono definiti in modo più puntale gliadempimenti, conferendo poteri dispositivi immediatamente efficaci all'autorità sanitaria intervenuta dopo il decesso.

 

  Parliamo quindi di principi importanti, come equità e rispetto della dignità dei defunti e delle loro famiglie.E ancora, trasparenza, legalità, controllo.

 

•    Dal divieto di pubblicità e di procacciamento di funerali all'interno di strutture sanitarie, obitori, locali di osservazione delle salme, cimiterifinoal tema dei costi, chedevono essere definiti secondo criteri di chiarezza commerciale e di comparabilità, con l'indicazione analitica delle prestazioni minime di beni e di servizi da prevedere in preventivo e fatturazione.

 

•        Dalla necessitàdelleattività di vigilanza e di controllo sui servizifunebri,da parte dicomuni eASL,allesanzioni per l'inosservanza delle disposizioni.

 

•     Dalpiano regolatore cimiteriale territoriale, che deve essere adottato dacittà metropolitane e enti di area vasta, entro un anno dalladata di entrata in vigore della legge,al fine diprevedere specifiche indicazioni concernenti le funzioni e le attività dei comuni compresi nel rispettivo territorio; alla definizione delle modalità di affidamento del servizio di illuminazione votiva, di competenza dei comuni, le cui concessioni in essere alla data di entrata in vigore della legge, debbano cessare alla data di scadenza indicata nel contratto senza possibilità di proroga.

 

•  Dall’ introduzione di forme assicurative in ambito funebre ecimiteriale per permettere alle famiglie di scegliere indipendentemente dalle urgenze e dai condizionamenti che scaturiscono nell'immediatezza della perdita, all’ opportunità per i soggetti stipulanti di poter decidere anticipatamente alla propria morte circa esequie e mantenimento della sepoltura.

 

•             Infine, dal punto di vistadeltrattamento fiscale delle spese funebri e cimiteriali, incoerenza con altri stati UE,il Disegno di Legge introduce diverse novità:supera l'attuale esenzione per alcuniservizi, che vengono assoggettati ad IVA ad aliquota ridotta; eleva la sogliadeducibilità delle spese ricomprendendo anche le opere edili e lapidee cimiteriali,nonché la relativa accessoristica funebre; prevedeparticolari agevolazioni fiscali per facilitare la diffusione della previdenza funebre e cimiteriale; incentivainfinele spese di mantenimento e di recupero dei sepolcri e delle tombe antiche, che rappresentano certamente un patrimonio artistico e storico, oggi in una situazione di quasi totaleabbandono.

 

   In conclusione,noi di Tanmagazine attendiamogli sviluppi dell’ Iter con trepidante attesa, sicuri che l’ ordinamento funebre possa definitivamente avere la disciplina che meritae che la Tanatoprassi venga formalmente riconosciuta dall’ ordinamento mortuario del nostro paese!

 

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Nicolas Tiburzi 24/08/2021

"I cinesi che non muoiono mai” : gli affari funebri della camorra

Una dichiarazione del pentito Alfonso Mazzarella svela “gli affari funebri” della camorra sulle salme dei cinesi.

L’indagine

“Il container dondolava mentre la gru lo spostava sulla nave. Come se stesse galleggiando nell’aria, lo sprider, il meccanismo che aggancia il container alla gru, non riusciva a dominare il movimento. I portelloni mal chiusi si aprirono di scatto e iniziarono a piovere decine di corpi. Sembravano manichini. Ma a terra le teste si spaccavano come fossero crani veri. Ed erano crani. Uscivano dal container uomini e donne. Anche qualche ragazzo. Morti. Congelati, tutti raccolti, l’uno sull’altro. In fila, stipati come aringhe in scatola. Erano i cinesi che non muoiono mai. Gli eterni che si passano i documenti l’uno con l’altro. Ecco dove erano finiti. I corpi che le fantasie più spinte immaginavano cucinati nei ristoranti, sotterrati negli orti d’intorno alle fabbriche, gettati nella bocca del Vesuvio. Erano lì. Ne cadevano a decine dal container, con il nome appuntato su un cartellino annodato a un laccetto intorno al collo. Avevano tutti messo da parte i soldi per farsi seppellire nelle loro città in Cina. Si facevano trattenere una percentuale dal salario, in cambio avevano garantito un viaggio di ritorno, una volta morti. Uno spazio in un container e un buco in qualche pezzo di terra cinese”.

Inizia così il libro di Roberto Saviano, Gomorra. Un libro che ha restituito allo scrittore napoletano tante lodi quanto accuse. Un’indagine giornalistica, un romanzo storico:  dov’è la verità?  Dove il romanzato?

 

 

DOVE VANNO A FINIRE I CINESI MORTI IN ITALIA? 

Ecco la mia spiegazione seria a quello che forse è il quesito per eccellenza che attanaglia, non solo gli italiani, ma chiunque abbia mai avuto a che fare con l’Asia in generale : e poi volevo segnalarvi le interessanti Obiezioni in merito fatte dai ragazzi di AssoCina (italo-cinesi di seconda generazione). https://www.associna.com/it/2006/12/30/gomorra-i-cinesi-morti-trasportati-nei-container/

 

CHE FINE FANNO I CINESI MORTI IN ITALIA

Contrariamente a quanto affermano le ironiche dicerie, ammettiamolo, completamente prive di tatto, nei confronti di un argomento che andrebbe invece trattato con rispetto, i defunti cinesi non vengono sotterrati alla meglio, gettati in mare o serviti sulle tavole dei ristorantini gestiti dai loro connazionali. È tantomeno possibile poi parlare di immortalità dovuta alla “miracolosa” medicina tradizionale cinese.

 

“Ma allora perché non ho mai visto un funerale cinese?”

I motivi sono diversi e legati a questioni di carattere culturale e sociologico:

Per prima cosa va tenuto presente il fatto che l’emigrazione di massa cinese in Italia è un fenomeno relativamente recente. Sebbene, infatti, si siano registrati numerosi ingressi durante gli anni 80’ del Novecento, il vero e proprio boom dell’immigrazione cinese in Italia si è verificato nei decenni successivi, per cui, l’età media degli immigrati è decisamente bassa.

Ad oggi, il 48,6% di essi ha meno di 30 anni e solo il 2,0% ha un’età superiore ai 60 anni.

Va poi considerato che, per la cultura cinese, morire nella propria casa rientra nella concezione di “buona morte”: pertanto trascorrere in patria l’ultima fase della propria vita è un desiderio comune a molti cinesi.

 

Va inoltre considerato che curarsi in Cina, per i cinesi, è certamente più facile ed economico.

Quando però la morte sopravviene senza lasciare il tempo di prendere le ultime decisioni in merito, restano due opzioni: la prima è quella di seppellire il defunto in uno dei cimiteri della Penisola, che, contrariamente a quello che si afferma senza fondamento, ospitano anche tombe di cinesi morti in Italia; la seconda è quella di rimpatriare la salma o, come accade nella maggior parte dei casi, le ceneri nel Paese di Mezzo, per fa sì che esse beneficino dei riti funebri del culto professato.

 

I RITI FUNEBRI CINESI

I riti, notevolmente semplificati dai tempi del “Grande Balzo” (1958- 1959), variano in base alla credenza della famiglia e allo status sociale del defunto.

In ogni caso essi rappresentano per i cinesi, un momento determinante nel passaggio dalla vita terrena all’aldilà e un rito male organizzato influirebbe non solo sul destino dello spirito, ma anche sulla sorte della famiglia del defunto.

Non è però sempre possibile, per le famiglie cinesi emigrate in Italia, osservare in terra straniera tutte le proprie tradizioni: pratiche come quelle di bruciare soldi e oggetti di carta o di onorare il defunto con la veglia continuata nelle camere mortuarie non sono consentite.

In genere i familiari rimediano bruciando i piccoli oggetti di carta all’aperto e accendendo candele e diffondendo musica all’interno della camera.

 

Anche il tradizionale corteo che accompagna la salma con musica e scoppio di petardi durante il percorso dalla casa al cimitero, ormai sopravvissuto soltanto nelle aree rurali cinesi, è difficilmente avvistabile in Italia.

Qui, infatti, le famiglie preferiscono trasferire direttamente il feretro dalla abitazione al luogo di sepoltura.

 

Il colore legato al lutto, nella cultura Cinese, è il bianco, ovvero l’assenza di colore. Bianchi sono i fiori, i foglietti di carta appesi alle porte e bianchi sono anche i panni che coprono il capo dei familiari del defunto.

I foglietti di carta rossi, invece, proteggono i presenti dalla energia mortale. Per scongiurare l’eventualità che partecipanti alla veglia subiscano un lutto in famiglia, vengono coperti o rimossi gli specchi: sarebbe la visione della bara riflessa a causare la nefasta conseguenza.

 

La bruciatura di incensi è considerata molto importante perché si ritiene renda possibile laconnessione tra il mondo dei vivi e l’aldilà.

A cerimonia finita, secondo la tradizione, la famiglia non può tornare direttamente a casa, perché sarebbe di cattivo auspicio; in genere i presenti prendono parte ad un banchetto in memoria del defunto.

 

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Pasqualino Caterisano 02/07/2021

Morire in Italia da immigrati.

I decessi di cittadini stranieri, poco più di 5.000 l’anno (circa 1 ogni 1.450 persone, inclusa la componente irregolare, mentre tra gli italiani sono circa 1 ogni 140) sono molto meno numerosi rispetto alle nascite. In ogni caso, sempre più anche gli immigrati di prima generazione desiderano essere seppelliti in Italia, dove si sono insediati stabilmente anche i loro figli, seppure in uno scenario molto modificato rispetto alle tradizioni caratteristiche dei Paesi d’origine. Per alcuni, però, la tumulazione in patria conserva una grande importanza, rappresentando un ritorno “simbolico” nella terra degli avi e delle proprie tradizioni, anche se questo desiderio è fonte per i familiari di notevoli complessità. Ragioni di sensibilità umana e religiosa inducono a porre riflessione su questa delicata questione, partendo da brevi considerazioni relative al rituale-religioso e dai dati statistici per entrare nel merito degli aspetti economici, normativi e burocratici, per giungere, quindi, ad alcune conclusioni pratiche. In generale gli immigrati cristiani incontrano meno difficoltà in un Paese come l’Italia, dove però i protestanti, così come avveniva per gli ebrei, nel passato non potevano essere sepolti nei cimiteri comunali, che altrimenti sarebbero stati sconsacrati. Per questo venivano loro riservate apposite aree o costruiti speciali cimiteri, soluzione tuttora valida e adottata anche per i musulmani. Il rito hindu e quello sikh contemplano la cremazione, alla quale in patria si provvede bruciando la salma su una pira e disperdendo le ceneri nei luoghi riconosciuti come importanti per il defunto. La collettività cinese, nel suo insieme, pur favorevole all’inumazione basata sul taoismo popolare, ricorre di regola alla cremazione, che consente di tenere le ceneri presso le abitazioni dei congiunti in Italia o di inviarle a quelli rimasti in Cina. Secondo una parte delle religioni tradizionali africane, il rito funebre deve accompagnare le anime dei defunti così da farle diventare parte del mondo degli antenati, che rappresentano una sorta di autorità suprema, intermediaria tra i mortali e il divino. Per i musulmani, da una parte, è importante “riposare in terra d’Islam” e, dall’altra, è preferibile seppellire il corpo (che secondo la tradizione andrebbe avvolto nel solo sudario) in terra d’immigrazione per provvedere al seppellimento entro breve tempo, prescrizione impossibile in caso di rimpatrio delle salme, che può richiedere anche dei mesi.

 

 

Aspetti burocratici di un rimpatrio

Per avere un’idea della complessità della trafila burocratica, seguiamo il trasporto di una salma dall’Italia al Marocco. Come prescritto per tutti gli immigrati, la rappresentanza diplomatica o consolare, contattata dai familiari del defunto, deve inoltrare una richiesta al Comune italiano dove si è verificato il decesso per ottenere il “nulla osta all’introduzione della salma

” (indispensabile per l’agenzia di pompe funebri), come anche si deve presentare la denuncia di morte ed eventualmente una relazione dettagliata sul decesso dell’autorità giudiziaria. A complicare le cose si aggiunge il fatto che più della metà degli stranieri che muoiono in Italia non sono residenti, in pratica persone di passaggio o, più di frequente, immigrati irregolari che

non possono contare sulla rete di parenti e di amici. Se il defunto non ha documenti, non è regolarmente residente o non si è certi della sua identità, si richiedono le impronte digitali per l’identificazione; i documenti e il passaporto vengono annullati.

Il consolato deve inoltrare una richiesta al ministero degli Affari Esteri del Marocco, dove sono indicate le generalità, il luogo del

decesso, la causa e il luogo di inumazione; da lì è possibile, in seguito, avvertire i familiari. Il Ministero invia al consolato un codice da inserire nel lasciapassare mortuario per provvedere al trasporto della salma. In seguito all’agenzia di pompe funebri, prescelta dai familiari, vengono rilasciati alcuni documenti: il passaporto mortuario; la dichiarazione che la morte non è riconducibile a malattie contagiose (in caso contrario la Asl prescrive che la cassa non venga aperta per alcun motivo), un documento in lingua francese indispensabile per la dogana marocchina e, infine, il lasciapassare del consolato in lingua italiana. Questi documenti, firmati dal Console, vengono consegnati dall’agenzia di pompe funebri alla Prefettura per legalizzare la firma, così che poi si possa procedere al trasporto della cassa. Quando il feretro arriva in Marocco, sono necessari il visto della dogana e della polizia di frontiera; inoltre deve essere comunicato l’orario di arrivo dell’aereo per far trovare un Carro Funebre che si occuperà  del trasporto della salma fino al cimitero ubicato nel luogo di sepoltura indicato nel lasciapassare. Sono le agenzie di pompe funebri a sapersi districare in questa selva di adempimenti e negli ultimi anni ne sono nate diverse anche tra gli immigrati. In conclusione, la questione del trasporto salme richiede che si intervenga per temperare i costi praticati finora dal “mercato” e a questo scopo si auspica: la Costituzione di un Tavolo nazionale ad hoc per coinvolgere i Ministeri interessati (Interno, Lavoro Salute e Politiche Sociali, Infrastrutture), il Coordinamento delle Regioni, le Compagnie aeree; la semplificazione e riduzione degli oneri burocratici (passaporto mortuario e oneri locali) che pesano per circa un quarto sui costi complessivi; una maggiore considerazione di queste necessità sia nella legislazione nazionale che negli interventi regionali che nella contrattazione collettiva, con specifiche agevolazioni per i parenti chiamati a far fronte al trasporto delle loro salme.

Aspetti statistici

I decessi tra gli stranieri sono poco diffusi rispetto a quanto si rileva tra gli italiani. Ciò si giustifica per il fatto che a emigrare sono solitamente i soggetti più giovani e di robusta costituzione, destinati semmai a conoscere un peggioramento della loro salute a causa delle pregiudizievoli condizioni di insediamento: è il cosiddetto “effetto migrante sano” posto in rilievo dalla medicina delle migrazioni. Nel periodo 1992-2002 sono stati registrati 32.738 decessi di cittadini stranieri. Dall’archivio dell’Istat risulta che poco più della metà di questi riguarda cittadini stranieri non residenti, per lo più maschi, giovani, provenienti da Paesi a forte pressione migratoria e in condizione di irregolarità. Negli ultimi anni i decessi dei residenti hanno superato per la prima volta di oltre le 2.000 unità . Nel 2018 sono state superate per la prima volta le 5.000 unità. Poiché nel complesso i decessi delle persone non residenti hanno superato sempre quello delle persone residenti, è ragionevole ipotizzare che i numeri riportati  vanno all’incirca raddoppiati. La Regione con il più alto numero di morti è stata la Lombardia (983), seguita dal Lazio (644) e dal Veneto e l’Emilia Romagna, con più di 500 decessi ciascuna, e dal Piemonte e la Toscana con 400, mentre il Molise e la Basilicata registrano appena una ventina di decessi. L’archivio Istat, dove sono registrate le cause di morte, pone in risalto una differenza rispetto all’origine nazionale. Per gli italiani e gli immigrati provenienti dall’Occidente industrializzato le malattie del sistema circolatorio e i tumori sono le prime cause di morte, mentre per gli immigrati provenienti dai Paesi a forte pressione migratoria lo sono i traumatismi e gli avvelenamenti: così, ad esempio,  è stato per gli albanesi (50,2% per questi motivi) e per i marocchini (55,5%), mentre per gli italiani l’incidenza è stata solo del 4,7%. Per traumatismi e avvelenamenti si intendono diverse cause, quali infortuni mortali sul lavoro, incidenti stradali, omicidi, suicidi, incidenti domestici e altro. Tra le cause di morte dei cittadini stranieri sono molto ricorrenti anche le malattie dell’apparato digerente, i disturbi psichici e le malattie del sistema nervoso e delle ghiandole endocrine. Per quanto riguarda la mortalità infantile gli studiosi hanno sottolineato che le disuguaglianze tra italiani e stranieri si riducono nel corso del tempo, tuttavia con l’eccezione di alcune aree di origine che presentano aspetti problematici meritevoli di ulteriori approfondimenti.  Elaborazioni su dati Istat Una quota non trascurabile di questi eventi è legata agli infortuni mortali sul lavoro, con un tasso di ricorrenza più elevato rispetto a quanto avviene tra gli italiani, essendo gli immigrati impegnati in settori a più alto rischio, segnatamente in edilizia.

Aspetti economici

La sepoltura all’estero riveste per gli immigrati notevoli implicazioni di natura finanziaria, più di quanto avvenga per gli italiani che, peraltro, talvolta in caso di sepoltura hanno dovuto ricorrere agli usurai. I costi comuni riguardano il tipo e qualità della cassa, il servizio auto, i fiori, gli annunci mortuari. Ad essi si aggiungono quelli proprio delle spese di rimpatrio della salma. Per il trasporto della salma dalla località di residenza all’aeroporto la tariffa minima è di 1 euro al chilometro con una spesa che può arrivare, a seconda delle località di partenza, fino a 3.500 euro. I costi di trasporto internazionale variano in considerazione dell’aeroporto di partenza in Italia, del Paese di destinazione, del periodo dell’anno e del vettore e possono arrivare mediamente fino a 2.600 euro. Nell’ipotesi che il defunto sia un immigrato originario della Costa d’Avorio, le spese complessive possono aggirarsi tra poco più di 4.000 euro fino a più di 5.500 euro. 3 Le spese sono più contenute nell’ipotesi di convenzioni tra le agenzie funebri e le agenzie assicurative che coprono le polizze in caso di morte e le compagnie aeree, le quali possono effettuare il rimpatrio della salma con forti sconti (lo fa gratuitamente quella di bandiera bangladese). Naturalmente, nel caso di un’apposita polizza, sono la banca o l’agenzia assicurativa a intervenire. La banca nazionale marocchina (Wafabank) per pochi euro al mese garantisce la copertura delle spese del rimpatrio e dei funerali. Anche le banche italiane hanno iniziato a prevedere pacchetti specifici che garantiscono un contributo differenziato (da 2.500 a 6.000 euro). Tra gli immigrati sono sorte anche associazioni che secondo statuto si occupano dell’assistenza burocratica ed economica in caso di malattia e di decesso. Aspetti normativi A livello internazionale i precedenti normativi sono scarsi. È datata 10 febbraio 1937 la Convenzione di Berlino ed è del 5-13 dicembre 1965 la Dichiarazione della Conferenza dell’Organizzazione Panamericana della Sanità, che si sono occupati dei documenti necessari per il trasporto delle salme e dell’obbligo di una bara chiusa ermeuticamente La questione è stata affrontata anche dal Parlamento Europeo, partendo dalla constatazione che, sono numerosi i cittadini comunitari che abitano in uno Stato membro diverso da quello in cui, in caso di morte, deve aver luogo l’inumazione o la cremazione. Ciò nonostante non esistono disposizioni che disciplinino in maniera uniforme il rimpatrio di una salma senza eccessive spese e procedure amministrative, mentre questo obiettivo deve essere considerato un corollario del diritto di cui dispone ciascun cittadino europeo di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Perciò il Parlamento Europeo, con la Risoluzione 2003/2032(INI ha chiesto alla Commissione di adoperarsi per un’armonizzazione delle procedure e delle norme applicate al trasporto transfrontaliero delle salme sull’intero territorio dell’Unione e di cercare di addivenire in questo contesto, per quanto possibile, a una assimilazione dei cittadini comunitari a quelli nazionali. In Italia, in passato, la copertura per i lavoratori non comunitari era stata praticata a livello previdenziale. Il Fondo Inps per il rimpatrio, istituito nel 1986 (art. 13 legge 943 del 1986) e poi confluito nella gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti (art. 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88), veniva alimentato dallo 0,5% prelevato dalle retribuzioni dei lavoratori non comunitari. Scopo del Fondo era quello di coprire le spese per il rimpatrio, in pratica il biglietto di viaggio degli immigrati regolari restati privi di mezzi dopo aver versato almeno un contributo obbligatorio e anche le spese per il trasporto delle salme di lavoratori morti in Italia, tramite le agenzie funebri. Dopo l’entrata in vigore della legge 40/1998 (Turco-Napolitano), che ha inquadrato l’immigrazione come una realtà stabile, il Fondo per il rimpatrio ha operato fino al 31 dicembre 1999 e poi è stato soppresso. La legge 189/2002 (Bossi-Fini) ha introdotto il pagamento del viaggio di ritorno, ponendolo a carico della ditta o della persona che assume il lavoratore immigrato chiamato dall’estero, mentre non viene affrontata la copertura del trasporto delle salme. In assenza di una legge nazionale, la competenza specifica è degli Enti Locali. Sostanzialmente le ipotesi che ricorrono sono due. 1.Alcune Regioni prevedono nelle loro leggi sull’immigrazione interventi a sostegno del trasporto delle salme. L’Emilia Romagna (L. R. 5/2004, art. 5) attua un rimborso di almeno il 50% dell’importo complessivo documentato, mentre la Toscana favorisce l’adozione di apposite misure volte a facilitare il rimpatrio delle salme (L.R. 29/2009, art. 54). 2.Le altre leggi regionali sull’immigrazione non dispongono appositi interventi (Piemonte, Veneto, Umbria, Marche, Campania, Puglia, Sardegna e Provincia di Trento). A maggior ragione questa è l’ipotesi riguardante le Regioni sprovviste di una legge specifica sugli immigrati. Ciò non esclude che i Comuni possano erogare un contributo o con i propri fondi o attingendo al fondo regionale per l’immigrazione o a quello per l’emergenza sociale (Basilicata, Campania, Sardegna). 4 La richiesta del contributo può essere inoltrata dai parenti, residenti in Italia o nei Paesi di origine, da organismi rappresentativi degli immigrati, dalle associazioni registrate di cittadini stranieri immigrati o di italiani che si occupano degli immigrati. Naturalmente, si procede all’erogazione del contributo previa acquisizione della documentazione di tipo anagrafico e contabile e le spese ammissibili sono solo quelle riconducibili alla procedura di traslazione di salme, cadaveri e resti mortali di cittadini stranieri immigrati. 

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Barbara Ruscitti 07/12/2023

ESPOSIZIONE OCCUPAZIONALE A FORMALDEIDE IN SALE SETTORIE E IN LABORATORI DI ANATOMIA PATOLOGICA

La formaldeide, uno dei composti organici volatili (COV) più diffusi, è un gas incolore ed irritante, in passato commercializzato sotto forma di soluzione acquosa (al 35-40%) detta formalina e utilizzata a fini di sanificazione e come conservante di materiale organico. Presente in natura come prodotto del metabolismo dei sistemi viventi, le principali fonti espositive per la popolazione generale sono i processi di combustione, il fumo, le vernici, alcuni tipi di colle, i tessuti, alcuni alimenti e in particolare i cibi affumicati. L’utilizzo della formaldeide di maggior rilievo è oggi nell’industria dei polimeri, nell’industria del legno che viene trattato con resine a base di urea-formaldeide, nelle sintesi delle materie plastiche e come biocida. Nel comparto sanitario, è ampiamente utilizzata a tutt’oggi nelle operazioni di allestimento di preparati istologici e nelle attività funerarie. EFFETTI SULL’UOMO Questo composto è altamente reattivo, molto solubile in acqua e facilmente assimilabile dal corpo umano. L’esposizione più significativa è quella inalatoria; il 90% circa di formaldeide aero-dispersa viene assorbita dal tratto respiratorio superiore (World Health Organization, WHO 2010) [1] inducendo irritazione delle mucose, degli occhi, della gola e del tratto respiratorio. Secondo la classificazione ed etichettatura armonizzata approvata dall’Unione Europea [2] la formaldeide è cancerogeno di categoria 1B, mutageno di categoria 2 e tossico per tossicità acuta di categoria 3. L’International Agency for Research on Cancer (IARC) già nel 2006 [3], la classifica cancerogeno certo per l’uomo (Gruppo 1). Successivi approfondimenti (monografia 100F del 2012) confermano tale classificazione sulla base di un’evidenza epidemiologica sufficiente per tumori della rinofaringe e leucemia. VALORI LIMITE PER L’ESPOSIZIONE PROFESSIONALE Le agenzie internazionali hanno fissato i valori limite per l’esposizione occupazionale riportati in Tabella 1. Nel 2019 l’Europa ha emanato la Direttiva EU 2019/983 (recepita in Italia dal d.m. 11/02/2021), che sulla base delle raccomandazioni dello SCOEL (Scientific Committee on Occupational Exposure Limits) modifica la precedente (Direttiva 2004/37/EC) sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall’esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni durante il lavoro, introduce limiti più stringenti ed inserisce una nota relativa alla sensibilizzazione cutanea. Insieme ai provvedimenti della Direttiva UE 2019/130, queste disposizioni aggiornano e sostituiscono gli Allegati XLII e XLIII del d.lgs. 81/2008. La sorveglianza sanitaria per i lavoratori potenzialmente esposti a formaldeide è comunque necessaria in ordine non solo al suo potenziale cancerogeno, ma anche per i suoi effetti irritativi e sensibilizzanti, in applicazione dell’art. 229 del d.lgs. 81/2008

 

USO IN ANATOMIA PATOLOGICA E CASE FUNERARIE

Nonostante le possibili alternative indicate dalla letteratura scientifica (alcool etilico al 70% tamponato con tampone fosfato, glutaraldeide, acido acetico al 5%, acido picrico), nel comparto sanitario la formaldeide rimane il fissativo più utilizzato nelle operazioni di allestimento di preparati istologici. La fissazione non è un processo semplice; impiega dalle 24-48 ore a seconda della grandezza del frammento e consiste nel trattare il tessuto, con procedimenti chimici o fisici a seconda della specificità dell’esame. La soluzione acquosa di formaldeide, ottimo fissativo, economico e versatile, permette di svolgere diversi esami diagnostici e trova ampio uso non solo nella fissazione dei tessuti in anatomia patologica, in quanto efficace nel mantenere inalterata la morfologia cellulare, ma anche nella conservazione e nel trasporto di materiali biologici prelevati nelle sale operatorie e negli ambulatori di prelievo bioptico (endoscopico, radiologico ecc.) durante gli interventi chirurgici e le biopsie. La formaldeide è anche usata per il trattamento conservativo di salme che devono essere trasportate a distanza e nelle attività di imbalsamazione. Diverse sono quindi le figure potenzialmente esposte, dal personale medico in sala operatoria a chi opera sui campioni biologici in laboratorio, fino a tutto il personale coinvolto nel processo di conservazione, archiviazione e smaltimento degli stessi. Diversi i punti critici e/o i fattori che possono influenzare l’esposizione: ■ raccolta, trasporto, tracciabilità e archiviazione del campione; ■ concentrazione della soluzione di formaldeide; ■ dimensione e numero di parti anatomiche da processare; ■ metodo e numero di postazioni di lavoro nella stessa stanza; ■ dimensioni dei locali; ■ tipo ed efficienza delle cappe e dei sistemi di ventilazione. PREVENIRE E RIDURRE L’ESPOSIZIONE La gestione dell’esposizione a formaldeide si avvale di molteplici soluzioni, che non riguardano solo l’uso di dispositivi di protezione individuale e collettiva, ma anche di disposizioni tecniche che possano in ogni fase ridurre al minimo l’esposizione. L’obiettivo primario è ridurre o limitarne l’uso e ove questo non sia possibile, servirsi di tutte le soluzioni idonee a ridurre il rischio di esposizione, che vanno dall’uso di dispositivi di protezione individuale adeguati, fino all’impiego di contenitori sotto vuoto o muniti di tappi a tenuta per le possibili fuoriuscite di vapori, e all’uso di temperature basse e controllate sia durante il trasporto che durante lo stazionamento dei contenitori in sala operatoria e in laboratorio. Esistono contenitori di sicurezza per la gestione di piccoli campioni istologici nei quali la formalina è contenuta in capsula sigillata e solo dopo aver introdotto il campione biooptico all’interno della base (vuota), è possibile erogare la formaldeide. Adottare misure organizzative adeguate: il materiale biologico che giunge presso il laboratorio di anatomia patologica, deve essere trattato per quanto possibile a fresco, in un’adeguata postazione che abbia una cappa biohazard, al fine di tutelare non solo l’operatore ma anche l’ambiente circostante. I locali in cui si gestisce la formalina devono essere forniti di adeguati ricambi d’aria; l’apertura delle finestre è spesso la soluzione più frequente, ma l’uso della ventilazione forzata o di depuratori d’aria con filtri specifici, è sicuramente più efficace a garantire la salubrità di tutto l’ambiente. In caso di sversamenti accidentali, è necessario indicare una specifica procedura che individui i dispositivi individuali e gli strumenti da adottare per la rimozione in sicurezza del materiale versato al fine di riportare l’ambiente in sicurezza. Inoltre si ricordano, ai sensi del d.lgs. 81/2008, la necessità di limitare al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti, di effettuare le misurazioni della formaldeide aerodispersa, di svolgere la formazione e informazione dei lavoratori, la sorveglianza sanitaria e l’iscrizione dei lavoratori esposti nel registro degli esposti a cancerogeni.

Scegliere materiali e prodotti senza formaldeide

Il primo passo per rendere la propria azienda sicura e priva di formaldeide consiste nell’imparare a scegliere e conoscere i materiali sicuri e privi di sostanze nocive.

Che si tratti di conservazione o di disinfezione, è importante leggere le etichette e le dichiarazioni ambientali dei produttori, che forniscono informazioni in merito alle sostanze contenute, alla tipologia di lavorazione eseguita e alla naturalezza di quanto utilizzato. Queste informazioni possono dirci anche se un materiale è privo di formaldeide.

 

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