Chiara Ricciarelli 03/09/2022
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Il settore delle pompe funebri in Italia fra racket e “professionalità” In Italia, si sa, il racket dei defunti in ospedale è ancora purtroppo una grossa piaga. Imprese funebri senza scrupoli che si procacciano il lavoro nell’ illegalità e rivendendo a caro prezzo i propri servizi. Il settore? Certamente non ci guadagna: si perpetrano le cattive abitudini, si stagna in aziende decennali che non innovano e non investono. E poi? E poi ci sono gli impresari veri e propri: quelli che fanno questo lavoro con passione, al servizio reale della clientela e soprattutto che vogliono innovare il settore. Come? Puntando sui miglioramenti, sugli investimenti, sulla formazione. Le Case Funerarie sono un fenomeno in crescita: ci auguriamo che
possano (anche attraverso l’ applicazione delle tecniche di Tanatoprassi) invertire questo trend sicuramente deplorevole e dare finalmente lustro ad un settore che non è solo business!!! Le pompe funebri, nella collettività, svolgono indubbiamente un ruolo importante. Ossia, assistere le famiglie alla morte di un proprio caro. E lo dovrebbero fare con passione e con empatia. Quelle, cioè, necessarie per ascoltare i clienti, capire le loro esigenze e tradurre questi bisogni in un rito funebre che sia in grado di dare reale dignità al defunto, onorare la memoria di un proprio caro. Ma è davvero così?
Il settore, si sa, non conosce praticamente crisi. Banalmente, solo solo, perché l’ evento morte è un evento certo per tutti. Ma anche perchè, di fatto, si tratta di un trend in enorme crescita. Se vogliamo parlare di numeri, basti pensare che, dati ISTAT alla mano, in Italia nel corso del 2021 sono morte 709 mila persone, rispetto a una media – tra il 2015 e il 2019 – di
645 mila decessi all’anno (senza contare il 2020, anno della pandemia, in cui la mortalità è stata la più elevata dal Dopoguerra in poi). Il business dei funerali, poi, raggiunge cifre che sfiorano i 3,5 miliardi di euro annui. Insomma, quello che ruota intorno alla morte è senza dubbio uno dei business maggiormente redditizi nel nostro paese! Ma le imprese funebri ad oggi esistenti son davvero degne di portarne alto il nome?
Cimentarsi in un’ impresa funebre non è cosa da tutti: spesso e volentieri si lavora nell’ impresa di famiglia o la si prende in gestione. Le new entry si scontrano inoltre con realtà radicate sul territorio da decenni: il clima è quello di una concorrenza a dir poco spietata. E poi c’è da fare una distinzione importantissima: fra i “beccamorti”, così come ci “piace” chiamarli, e i veri impresari. L’origine della parola “beccamorto”, alquanto spregiativa ma purtroppo efficace, affonda nel Medioevo: beccare, cioè mordere, il morto, laddove, per accertarne senza alcun dubbio il decesso, il medico ne pizzicava l‘alluce del piede.
Ecco i beccamorti sono un po’ questo. E i morti vengono tutt’ oggi “beccati”. Metaforicamente, si intende. Per dirla meglio, i morti vengono “racimolati”, laddove soggetti evidentemente senza scrupoli vanno a procacciarsi il lavoro, poco professionalmente, proprio là dove il terreno è quanto mai fertile. Cioè, negli ospedali. D’ altronde non è certo cosa nascosta come il racket del caro estinto sia ancora diffusissimo all’interno dei nostri nosocomi.
Gli abusi nelle camere mortuarie fanno parte di una reale condizione di illegalità delle imprese funebri del nostro paese (oltre 5 mila aziende). Un giro d’affari davvero enorme! Veri e propri avvoltoi disposti a pagare operatori, infermieri e medici per conoscere in tempo reale i nomi dei defunti, sabotando a mani basse la concorrenza e approfittando dell'angoscia e della confusione dei parenti per proporre servizi a un costo decisamente superiore al prezzo di mercato.
Una situazione che ci auguriamo possa quanto prima finire, appellandoci anche al buon senso delle famiglie di non accettare l’offerta delle agenzie che si presentano, senza nemmeno essere state esplicitamente chiamate.
Eppure, i “beccamorti”, ad oggi, fanno soldi, fanno “business”, se così vogliamo chiamarlo. Un business “malato”. La maggior parte di loro, poi, nemmeno investono, sperperando il proprio denaro in automobili, immobili e bella vita. E poi? E poi ci sono gli impresari veri e propri. Quelli professionali. I veri imprenditori del settore hanno tutt’ altro modus operandi. Non vanno a procacciarsi il lavoro ma lavorano a chiamata. Hanno un personale competente, professionale, attento, pronto ad operare h24. E, soprattutto, investono il proprio denaro per migliorare l’ azienda e la sua immagine, e, conseguentemente, l’ immagine del settore.
Le Case Funerarie sono un fenomeno in crescita: ci auguriamo che possano dare finalmente un taglio a questo racket deplorevole! Si spera che lo facciano con passione, dedizione, con la giusta attenzione ad offrire un servizio professionale ed innovativo, traducendo i bisogni delle famiglie che vi si rivolgono, in un rito funebre in grado di dare reale dignità al defunto. Non solo location accurate, atmosfere di relax, clima sereno, approccio professionale, ma anche pratica e tecnica dunque.
Come l’ uso di quelle di Tanatoprassi, per le quali da sempre ci battiamo. Lo ribadiamo ulteriormente: la Casa Funeraria senza
la Tanatoprassi non ha senso!
La Tanatoprassi è indispensabile per riuscire a sposare bene l’obiettivo ultimo, mirando non solo a conservare il corpo il più a
lungo possibile in condizioni di sicurezza, ma anche a trattarlo in modo da renderlo, esteticamente, il più possibile vicino a
rappresentare un’immagine serena.
Professionalità, competenza, attenzione, passione, tecnica: questi sono i veri impresari!!