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Nicolas Tiburzi 16/09/2021 0
I miracoli della Tanatoplastica
Aperta la tomba di Carlo Acutis, il corpo è davvero incorrotto o c’è altro dietro?
Dopo tante dicerie sul corpo incorrotto di Carlo Acutis, una nota del Vescovo di Assisi, spiega che non risponde a verità che il corpo del prossimo beato sia stato trovato incorrotto: “All’atto dell’esumazione nel cimitero di Assisi, avvenuta il 23 gennaio 2019 in vista della traslazione al Santuario, – spiega monsignor Sorrentino – esso fu trovato nel normale stato di trasformazione proprio della condizione cadaverica. Non essendo tuttavia molti gli anni della sepoltura, il corpo, pur trasformato, ma con le varie parti ancora nella loro connessione anatomica, è stato trattato con quelle tecniche di conservazione e di integrazione solitamente praticate per esporre con dignità alla venerazione dei fedeli i corpi dei beati e dei santi. Un’operazione che è stata svolta con arte e amore. Particolarmente riuscita la ricostruzione del volto con maschera in silicone. Con specifico trattamento è stato possibile recuperare la reliquia preziosa del cuore che sarà utilizzata nel giorno della beatificazione”.
Il corpo di Padre Pio è incorrotto o no? Rispondono i periti del Vaticano
Di recente molte persone si chiedono se i resti mortali di Padre Pio siano incorroti o la salma è stata ricostruita Un fatto curioso: nessuna autorità della Chiesa ha mai dichiarato che il corpo di Padre Pio sia miracolosamente incorrotto, eppure vari siti cattolici divulgano questa “informazione” e portano milioni di persone a crederci.
La faccia di padre Pio, di colore vivido, con una bella barba e con un’espressione quasi viva, semplicemente, non è la sua. Si tratta, infatti, di una maschera di silicone realizzata dalla Gems Studio, azienda londinese specializzata nella ricostruzione di volti in silicone di personaggi famosi per gli usi più vari: uno dei suoi maggiori clienti è il museo delle cere di Madame Tussaud. Come ben spiega il sito religioso ‘Fides et Forma', quello di padre Pio non affatto un volto vero "coperto da una sottilissima maschera di silicone", bensì una "finta testa di silicone scolpita ex novo".
Per rispetto nei confronti di tutti coloro che accompagnano il nostro lavoro, presentiamo quindi il parere dei periti del Vaticano sul corpo del nostro venerato Padre Pio.
Il primo da ascoltare è Stefano Campanella, giornalista, scrittore e direttore di Teleradio Padre Pio e Padre Pio TV. Gli intervistati sono i membri della commissione di periti designati dal Tribunale Ecclesiastico per la questione.
In che condizioni è stato trovato il corpo dopo l’esumazione?
Ha risposto a questo dubbio Nazzareno Gabrielli, perito del Vicariato di Roma per la conservazione dei santi e biochimico al servizio della Santa Sede.
Gabrielli ha spiegato che quando è stata aperta la bara di Padre Pio si è verificato che:
la pelle del volto esisteva ancora;
c’erano ancora orecchie e labbra;
c’erano barba e baffi;
non c’erano più gli occhi né il naso;
la testa, il tronco e il bacino erano in buone condizioni;
gli arti inferiori erano molto deteriorati.
L’aspetto che ha sorpreso maggiormente tutti i membri della commissione durante l’esame è stata l’assenza assoluta di cattivi odori.
Secondo il vescovo diocesano, Domenico D’Ambrosio, che ha seguito l’esumazione, la parte superiore del cranio era parzialmente scheletrica, il mento era perfetto e il resto del corpo era ben conservato.
Il corpo ha ricevuto qualche trattamento dopo l’esumazione?
Sì, il corpo di Padre Pio ha ricevuto un trattamento chimico per rimanere conservato dopo l’esumazione. Gabrielli ha rivelato che è stata applicata “una soluzione di prodotti conservanti”. La procedura è stata completata con creosoto, acido benzoico ed essenza di trementina.
Il corpo è stato avvolto con fasce imbevute in una soluzione chimica imbalsamatrice, tranne la testa. In seguito è stato collocato su un materasso pieno di gel di silice, per assorbire l’umidità.
È stato infine collocato in un’urna con una tecnologia speciale: l’aria all’interno è stata sostituita da nitrogeno, che evita qualsiasi processo di ossidazione e inibisce lo sviluppo di microflora batterica e funghi aerobi.
È stato verificato qualcosa di soprannaturale nelle condizioni del corpo?
Ha risposto a questa domanda fondamentale Orazio Pennelli, medico legale. Dal 1977 al 2005 è stato direttore sanitario della Casa Sollievo della Sofferenza, l’ospedale fondato da Padre Pio.
“Spero di non scandalizzare nessuno nell’affermare che è andata delusa la umana speranza, penso intimamente nutrita da ciascuno di noi, di trovare il suo corpo incorrotto od almeno di scoprire in esso qualche segno soprannaturale. Purtroppo le trasformazioni naturali, che pur hanno rispettato le sue umane sembianze, hanno cancellato ogni traccia dei ‘sacri sigilli’ che il Signore aveva impresso su ‘quel corpo’ che per mezzo secolo ha racchiuso la ‘vera essenza della Croce’ e che è stato il ‘crogiuolo di immensi doni spirituali’”.
In altre parole, intimamente nutre la speranza che ci sia qualche fattore soprannaturale in relazione ai resti mortali di Padre Pio, ma come scienziato non è in possesso di alcun indizio per poterlo affermare.
Proprio così. Padre Pio è stato un uomo di straordinaria santità, con una vita piena di sofferenze e umiliazioni. Ha anche manifestato vari doni straordinari e ha compiuto molti miracoli. Per questo alimentare illusioni sui suoi resti mortali è del tutto superfluo, e non aiuta nessuno ad essere un cristiano migliore.
Non dobbiamo essere come certi tipi di protestanti, ansiosi di credere al primo evento soprannaturale che viene annunciato loro. La fede cattolica è innanzitutto la chiamata ad essere santi nella banalità del quotidiano. Ci sono numerosi e bellissimi eventi soprannaturali che circondano il cattolicesimo – la Sacra Sindone, ad esempio, è una reliquia che la scienza non riesce a spiegare. Bisogna però essere sempre equilibrati e prudenti in relazione ai miracoli che la Chiesa non conferma.
Redazione TanMagazine 22/09/2021 0
Infezioni ospedaliere senza tregua nell’intera Unione Europea
Le infezioni ospedaliere in Italia: si contano 50.000 morti l’anno tutti morti per sepsi
Non accennano a calare le richieste di risarcimento in seguito a
infezioni contratte durante il ricovero: anche per il 2021 sembra
confermarsi il dato esposto nel 2019 secondo cui ogni 100 infezioni
contratte durante la degenza ospedaliera si avrebbe una richiesta di
risarcimento danni.
Il costo medio per sinistro è di circa 59mila euro;
Più della metà dei casi (56,2%) sono riferibili a prestazioni erogate
nell’area chirurgica, dato che porta a ipotizzare, come principale
causa, una carenza nell’utilizzo delle precauzioni standard
nell’assistenza dei pazienti sottoposti ad interventi e quindi
maggiormente esposti al rischio di contaminazione da agenti esterni.
In particolare, circa il 30% delle infezioni ospedaliere denunciate sono
riferibili a Ortopedia e Traumatologia e il 15% a Chirurgia Generale
LA RESPONSABILITA’ DELL’INFERMIERE NELL’AMBITO DELLE INFEZIONI
Nel caso in cui si verifica un danno (infezione) alla persona, i riferimenti giuridici sono contenuti nel
codice civile e penale del nostro ordinamento e nell’orientamento giurisprudenziale.
Gli elementi che definiscono il tipo di responsabilità professionale sono due:
il carattere colposo;
la necessaria sussistenza del nesso causa-effetto.
Nel primo elemento, la colpa professionale si riconduce sostanzialmente alla negligenza,
imprudenza e imperizia. Esempi pratici sono la condotta superficiale, la mancanza di
conoscenze specifiche e/o abilità tecniche, il mancato rispetto delle buone pratiche.
Nel secondo invece, per l’accertamento della responsabilità professionale, è fondamentale
verificare la sussistenza di un rapporto tra condotta colposa e il danno subito dalla parte lesa.
La condotta colposa può essere attribuita ad un intervento effettuato in modo errato (es.
contaminazione di uno strumento durante la manovra invasiva), oppure per una omissione
(es. mancato controllo delle scadenze di sterilizzazione di uno strumento).
L’infermiere, così come qualsiasi altro professionista, ha l’obbligo dei mezzi e non del risultato.
Non può garantire che le infezioni non possono insorgere, ma deve fare di tutto per erogare un
assistenza ottimale. Deve dimostrare di aver adottato tutte le misure atte a prevenire il danno.
Se il giudice stabilisce la sussistenza tra la condotta colposa dell’infermiere e il danno subito dal
paziente, nella fattispecie l’insorgenza di un' infezione, il professionista può essere chiamato a
rispondere per lesioni colpose (art 590 c.p) e punito con reclusione, o multa, a seconda della
gravità delle lesioni cagionate. Nel caso in cui l’infezione comportasse la morte del paziente, il reato contestato potrebbe essere l’omicidio colposo.
. 83% degli episodi di polmoniti Ospedaliere sono associate all'utilizzo di ventilazione meccanica
. Il 97% del infezioni delle vie urinarie sono catetere-correlate
. l'87% di infezioni ematiche si manifesta su pazienti con catetere venoso centrale
MDRO
sono definiti come microrganismi resistenti ad una o più classi di antibiotici oggi
disponibili; alla luce di ciò, la gestione di pazienti con positività microbiologica ad un
MDRO, nelle strutture sanitarie, richiede necessariamente l’adozione di specifici
comportamenti assistenziali atti a ridurne quanto più possibile la circolazione , la
trasmissione e i notevoli rischi correlati alla loro presenza in ospedale. Tali rischi si
possono riassumere in:
- aumento della probabilità di fallimento terapeutico;
- aumento del rischio di morbilità e mortalità;
-aumento della durata della degenza ospedaliera.
E’ importante inoltre specificare che tali microrganismi multiresistenti non devono essere
confusi con i microrganismi in grado di causare malattie infettive diffusive, infatti:
-i microrganismi che causano malattie infettive diffusive sono microrganismi che partendo
da un soggetto malato possono contagiare e infettare soggetti sani venuti a contatto con
tale microrganismo (ivi inclusi gli operatori sanitari), per tali malattie è obbligatoria la
notifica di malattia infettiva e l’adozione di specifiche precauzioni atte ad interrompere la
catena di trasmissione. Il personale sanitario è pertanto soggetto a rischio di malattia come
un qualsiasi altro soggetto venuto a contatto con tali microrganismi senza le dovute
precauzioni.
- i microrganismi multiresistenti, non causano malattie infettive contagiose trasmissibili da
soggetto infetto a soggetto sano né da soggetto infetto agli operatori sanitari. Tuttavia, ove
non siano adottate le precauzioni necessarie ad evitare la trasmissione, prima fra tutte il
corretto lavaggio delle mani, gli operatori sanitari sono il principale veicolo di trasmissione
dell’infezione ad altri pazienti suscettibili e possono a loro volta diventare colonizzati e/o
ammalarsi successivamente durante un periodo di immunodeficienza.
LA STAMPA
«Vorrei chiarire una cosa: io non ho nessun tumore, ho un’infezione da batterio killer
che per essere debellato necessita di una cura antibiotica molto potente di 6 settimane,
due le ho già fatte, quindi manca poco». «Sono contento, sto bene, non sono malato -
ribadisce ancora - non ho nessuna malattia, devo semplicemente debellare un batterio
che abbiamo tutti, ma che invece di lavorare a favore della vita, comincia a lavorare per
distruggere tutto quello che c’è. Questo batterio si chiama staffilococco aureo, poi
ce ne sono anche degli altri - spiega Vasco - ma capita a volte di avere queste cose,
quando c’è un’abrasione o un abbassamento delle difese immunitarie». «Il batterio
bisogna farlo fuori - conclude il cantante - per questo ci vogliono antibiotici molto potenti
e per molto tempo, ma alla fine, ripeto, sarà lui a morire non io».
Dott. Lazzarin (infettivologo San Raffaele)
Si tratta di un microrganismo gram positivo comunissimo, disposto sulla superficie
cutanea esposta di qualsiasi uomo. Quindi la sua presenza non è inusuale, e
normalmente non porta a malattie. Il fatto che dia infezioni non rappresenta
un’eccezione, ma è una situazione di convivenza biologica comune con l’organismo
umano. Siccome è molto diffuso può essere la causa di infezioni che finiscono all’interno
dell’organismo (polmoniti, ascessi, gastroenteriti), e questo è più raro. Questo può essere
dovuto ad un taglio delle barriere anatomiche o all’inserimento di farmaci per via
endovenosa. L’infezione è di solito facilmente curabile con gli antibiotici, a meno che non
ci siano situazioni di particolari gravità e in certi casi il batterio può sopravvivere anche
agli antibiotici diventando molto resistente e difficilmente controllabile. Lo stafilococco
può diventare anche mortale, soprattutto se passa ad un soggetto poco
competente dal punto di vista immunologico e quando diventa non
sensibile agli antibiotici l’infezione non guarisce e in questi casi non
c’è molto da fare….
In un’indagine di prevalenza (SIPIO) effettuata nel 1983 su un campione
di letti ospedalieri (36 mila in 142 ospedali), si è rilevato che il 6,8% dei
pazienti ospedalizzati per ogni motivo è risultato affetto da un’infezione
ospedaliera.
Nel 2000 uno studio di prevalenza condotto
Sandra Bergamelli 30/09/2021 0
Il laboratorio della morte
Negli ultimi anni, l’elevata tossicità e cancerogenicità della Formaldeide è stata riconosciuta a livello mondiale dal punto di vista sia scientifico sia normativo. I numerosi esempi di questo riconoscimento, e della seguente restrizione normativa all’uso della formaldeide, includono: negli Stati Uniti (a livello federale) – la Formaldehyde Emission Standards for Composite Wood Products, il Toxic Substances Control Act, il Resource Conservation and Recovery Act, il Clean Water Act, e il Clean Air Act; in Canada – il Canadian Environmental Protection Act, e il Hazardous Products Act; in Brasile – la Resolução nº 37 del 03/06/2008. In altri paesi (ad esempio in Cina e in Giappone) sono stati introdotti valori limite di concentrazione di formaldeide nell’aria. Nell’Unione europea, la Direttiva 2004/37/CE, il Regolamento 2006/1907/CE e il Regolamento 2008/1272/CE hanno riconosciuto la cancerogenicità della formaldeide e ne hanno vietato l’uso, la produzione e la commercializzazione a partire dall’agosto 2017. Più recentemente, la Risoluzione del Parlamento Europeo del 27 marzo 2019 ha raccomandato agli Stati membri di ridurre al minimo l’esposizione alla formaldeide. La Direttiva UE 983/2019 ha ribadito la classificazione della formaldeide come sostanza cancerogena e ha riconosciuto la sua natura di allergene da contatto per la pelle. Il sistema normativo UE prevede tuttavia un sistema di autorizzazione alla produzione e al commercio di Formaldeide, ove assolutamente necessario. La Direttiva UE 983/2019 ha difatti riconosciuto che, posto il suo alto grado di accuratezza diagnostica, la Formaldeide è ancora utilizzata di routine nel settore sanitario in tutta l’Unione sulla base di questo sistema di autorizzazione. Infatti – al momento, e non considerando Fluytan – non esiste un’alternativa valida (accettata dalla comunità scientifica) alla Formaldeide per preservare campioni di cellule o tessuti. Per il settore sanitario, la Direttiva 983/2019 ha inoltre introdotto un periodo transitorio di cinque anni durante il quale è aumentato il valore limite consentito di Formaldeide nei luoghi di lavoro (concentrazione nell’aria). E’ tuttavia importante sottolineare che a livello normativo (almeno nell’UE) sussiste l’obbligo giuridico sia per il settore pubblico sia per i produttori, importatori e utilizzatori di formaldeide di cercare alternative alla Formalina (si veda ad esempio il Regolamento 1907/2006, articolo 55: “tutti i fabbricanti, importatori e utilizzatori a valle che richiedono autorizzazioni analizzano la disponibilità di alternative e ne considerano i rischi ed esaminano la fattibilità tecnica ed economica di una sostituzione”.) Da un punto di vista giuridico, siamo attualmente in una fase “transitoria”, in cui l’uso della Formaldeide è tollerato, e soggetto ad autorizzazione derogativa, solo in virtù dell’assenza di validi sostituti. La formaldeide viene utilizzata nell’impossibilità di una prevenzione primaria: ovvero l’eliminazione dei rischi con l’utilizzo di diverse sostanze. Di conseguenza, in particolare nel sistema sanitario e funerario, migliaia di lavoratori (es. infermieri, tecnici, medici, patologi, tanatoprattori) sono ancora esposti alla Formaldeide con possibili effetti negativi sulla salute. Fino ad ora, il punto di equilibrio tra la diagnostica (cioè la salute del paziente) e gli interessi di protezione del lavoratore si basa sulla riduzione dei rischi secondo il principio del “(rischio) più basso ragionevolmente ottenibile”. Il rischio derivante dall’esposizione deve essere ridotto implementando delle specifiche misure tecniche, organizzative e procedurali (es. cappe chimiche, procedure di sicurezza, ecc.). L’uso della Formaldeide comporta pertanto un pesante onere economico e giuridico per il datore di lavoro e / o per i medici del lavoro coinvolti. E’ difatti in aumento il numero di cause legali per responsabilità del datore di lavoro relative a malattie professionali legate all’uso di Formaldeide (si veda, ad esempio, negli Stati Uniti: il cosiddetto “Lumber Liquidators Scandal” e la causa intentata contro la FDA da Women’s Voices e l’Environmental Working Group.
La sostituzione della formalina (composto tossico e cancerogeno) è raccomandata per ragioni di salute dei lavoratori e tutela dell’ambiente ed è richiesta dalla vigente Normativa Europea.
Andrea Pastore 30/09/2021 0
Crioconservazione: 377 persone sono congelate nella speranza di vivere nel Futuro
Esiste un modo per allungarsi la vita? Stando a quanto riporta il sito della KrioRus, l’unica speranza di vita per l’uomo che sta per morire è la Crionica, ovvero una tecnica di congelamento del corpo che permette la sua conservazione fino a un futuro in cui, si spera, la scienza avrà fatto progressi tali da riuscire a risvegliare il defunto e sostituire le sue cellule malate con cellule sane.
Sul sito si consiglia di mettersi in lista per la crioconservazione quando il paziente è ancora in uno stato di buona salute perché è fondamentale, al momento della morte, che non si perda tempo prezioso a informare familiari della soluzione scelta dall’ormai defunto parente e che tutti i passaggi burocratici fino al trasporto dall’obitorio vengano eseguiti nella maniera più rapida possibile.
Questo perché solo con un tempestivo procedimento è possibile assicurare un’ottimale conservazione delle cellule.Il contratto può prevedere la crioconsevazione dell’intero corpo o anche soltanto della testa e del cervello.
Dal momento che la personalità e i tratti caratteriali di ciascuno di noi dipendono dal cervello, è sufficiente conservare anche soltanto quest’ultimo cosicché in futuro sarà possibile creare un nuovo corpo sano che possa ospitarlo, soprattutto in considerazione del fatto, ribadisce l’azienda, che la ricerca medico-scientifica si sta muovendo in modo massiccio nell’ambito dell’utilizzo in questo senso delle cellule staminali.
Ovviamente questo tipo di servizio ha un costo minore – 12.000 dollari – rispetto al congelamento dell’intero corpo, mentre se si è legati a una visione più tradizionale della conservazione del corpo intero l’azienda suggerisce di chiedere il servizio completo, che costa 36.000 dollari.
Il procedimento per essere crioconservati comincia non appena il cuore smette di battere. Prima di tutto il sangue viene rimpiazzato con una sostanza che impedisce il congelamento dell’acqua all’interno delle cellule, dopodiché il corpo, a testa in giù, viene immerso nell’azoto liquido all’interno di speciali cisterne.
Oltre alla KrioRus, in Russia, esistono altri due centri che offrono il servizio di crioconservazione umana: il Cryonics Institute e l’Alcor, entrambi negli Stati Uniti. Questi ultimi hanno costi maggiori rispetto a quelli del centro russo e la conservazione dell’intero corpo arriva a costare anche 200.000 dollari.
In ogni caso, in tutto il mondo sono presenti agenzie che offrono i servizi di trasporto verso il centro con il quale si è stipulato il contratto.
Oggi nel mondo si contano circa quattrocento persone conservate nell’azoto liquido e altre duemila che hanno già stipulato un contratto di crioconservazione, tra questi ultimi sono presenti almeno otto italiani.
La prima persona al mondo a essere stata crioconservata, nel gennaio del 1967, è James Bedford, un professore di psicologia dell’Università della California. Nel 1991 il suo corpo è stato trasferito in un contenitore più moderno e con l’occasione si è potuto constatare il suo perfetto stato di conservazione.
Il primo italiano a farsi congelare nell’azoto liquido in attesa di una futura resurrezione è stato, nel 2012, A. Fuscetti, un imprenditore di Cassino deceduto a causa di un infarto.
Il servizio di crioconservazione è disponibile anche per gli animali domestici e nelle cisterne della KrioRus attualmente sono conservati, oltre a 74 persone, anche sette cani, sei gatti, tre uccelli e un cincillà.
E’ curioso riportare un caso, tutto italiano. Il signor Giuseppe Gobbi aveva pagato il servizio completo per la conservazione, pari a 33 mila euro. Quando morì, nel 2017, venne sepolto nel cimitero della città natale, a Imperia, e solo dopo 8 mesi è stato portato in Russia per la crioconservazione. La società assicurò che non ci sarebbero stati problemi futuri per la “resurrezione".
fonte: https://www.youtube.com/watch?v=cl2BuF40OrY
Valter Manzone 05/10/2021 0
Professione e competenze
La regolamentazione delle professioni come la tanatoprassi dovrebbero seguire principi specifici. In particolare nella definizione delle norme di pratica professionale.
Il mondo Funerario è seriamente soggetto a interventi normativi, e la nuova regolamentazione dovrebbe essere motivata dall’esigenza di proteggere le famiglie dalle conseguenze di servizi di scarsa qualità qualora esistano problemi di informazione asimmetrica. Per esempio, può essere molto difficile per una persona comune individuare – e quindi evitare – un tanatoprattore incompetente. Poiché essere serviti da un tanatoprattore poco capace può avere conseguenze potenzialmente molto sgradevoli, è preferibile regolamentare l’accesso alla professione tanatopratica per impedire agli incapaci di operare sul mercato.
Naturalmente, limitare l’accesso a un mercato come quello della tanatoprassi ha necessariamente un costo: rispetto a uno non regolamentato, vi opererà un minor numero di professionisti e di conseguenza i prezzi saranno più elevati. Non c’è dubbio che preservare o migliorare la qualità dei servizi (tanatopratici) offerti a un sistema funerario che si trova in un momento storico come quello che stiamo attraversando con la nascita e diffusione delle Case Funerarie su tutto il territorio sia desiderabile o forse necessario.
Nonostante la ragionevolezza del principio oggi il settore funebre italiano manca sul problema più serio: nella maggior parte dei casi si osservano persone del settore o impresari funebri partecipare a corsi di 3/5 giorni senza alcun esercizio pratico su casi reali, quando per una buona formazione accorerebbero almeno 100 casi reali a partecipante. No invece gli impresari italiani a fine dei 3/5 giorni portano a casa un attestato che subito appendono dietro la loro scrivania e si sentono tanatoprattori super professionisti. Tutto questo assolutamente non garantisce il miglioramento della qualità dei servizi rivolti alla salma oggi sempre più presenti.
Questi risultati sul comportamento delle imprese funebri italiane deve necessariamente portarci a concludere che si debba Regolamentare l’accesso alla professione sulla cura della salma. Infatti, è del tutto evidente che in alcuni casi le conseguenze di un cattivo servizio sono talmente disastrose da giustificare largamente una forma di regolamentazione dell’accesso alla formazione sulla cura delle salme.
In realtà il punto cruciale riguarda il livello minimo di conoscenze (di vario tipo, comportamentali incluse) necessario per esercitare la professione del tanatoprattore.
Il tanatoprattore professionista iscritto all’Ordine Nazionale Tanatoprattori O.N.T. avrà dei requisiti professionali che saranno oggetto di verifiche periodiche perche si mantenga l’appartenenza all’ordine o alla professione.
L’Ordine è composto da quasi 30 professionisti.
Attraverso un numero verde è possibile richiedere un iscritto all’Albo, richiedere la sua scheda personale con la descrizione delle esperienze effettuate e trovare i suoi contatti.
La ricerca a breve potrà essere effettuata anche online per cognome o numero di matricola oppure in base alle esperienze professionali e ai principali ruoli svolti. Questo secondo criterio è valido solo per i professionisti che hanno compilato il proprio profilo professionale attraverso l’area iscritti.
I professionisti preparati e competenti hanno l’esigenza di essere tutelati dalla concorrenza non qualificata di professionisti improvvisati, offrendo al mercato la verifica oggettiva delle competenze realmente possedute.
I clienti, per affidarsi ad un professionista, hanno necessità di disporre di una forma di “garanzia preventiva” per ottenere prestazioni adeguate alle loro esigenze ed essere salvaguardati dal rischio di affrontare inconvenienti o incorrere, nella peggiore delle ipotesi, nel danno.