65 articoli nella categoria Notizie

Antonia Fiorentino 27/10/2021 0

Coniuge e figli non pagano tasse di successione se l’eredità non va oltre questa quota

Il passaggio dei beni che il defunto lascia ai propri eredi prevede sul piano tributario e fiscale alcuni necessari adempimenti tra i quali la successione. In questi casi è bene ricordare che tale adempimento non sempre è necessario. Esistono delle condizioni formali che concedono l’esonero della presentazione della dichiarazione come abbiamo indicato nell’articolo “Non si paga la successione all’Agenzia delle Entrate se gli eredi sono questi familiari”. Negli altri casi, invece, è opportuno presentare la dichiarazione sulla quale si calcolano le imposte solo se il valore dell’eredità supera un certo limite. Nello specifico, coniuge e figli non pagano tasse di successione se l’eredità non va oltre questa quota che di seguito analizziamo. Quanto tempo passa dall’apertura della successione agli adempimenti tributari Nel momento in cui muore la persona cara, sul piano del diritto successorio si procede all’apertura della successione. Questo atto segna il momento in cui il patrimonio del de cuius resta privo di un titolare e nell’attesa che venga trasmesso. Proprio in tale occasione coloro che intendono accettare l’eredità, dovranno svolgere una serie di adempimenti, oggi online, per acquisire il patrimonio. In questo momento è opportuno verificare se l’assegnazione dei beni seguirà la successione legittima o quella testamentaria. In un approfondimento abbiamo spiegato ad esempio come si divide l’eredità tra fratelli se non c’è testamento. Verificate queste premesse, ricordiamo che gli eredi hanno fino a 12 mesi di tempo per presentare la dichiarazione di successione. Tale arco temporale si calcola a partire proprio dalla data di apertura della successione come abbiamo indicato in precedenza. Coniuge e figli non pagano tasse di successione se l’eredità non va oltre questa quota Relativamente alle tasse che coniuge e figli stretti devono corrispondere all’Agenzia delle Entrate per la successione è opportuno dire che esistono delle franchigie e aliquote. Cosa significa? Ciascun familiare, quando eredita dei beni immobiliari o diritti reali sui beni, deve pagare una tassa su tali beni che si calcola secondo una certa percentuale. Questa è appunto l’aliquota. Tuttavia, il calcolo interessa quella parte che eccede un determinato importo. In questo caso si parla appunto della franchigia che è la soglia entro la quale gli eredi sono esenti da tassazione. Nel caso del coniuge e figli, i valori di questi due parametri che il Legislatore stabilisce sono i seguenti: la franchigia è pari ad 1 milione di euro, mentre l’aliquota corrisponde al 4% della parte eccedente la franchigia. Poniamo che il coniuge e i figli ereditino ad esempio una casa ma il suo valore catastale non supera la soglia che abbiamo visto. In questo caso essi non pagheranno l’imposta di successione relativamente alla propria quota di eredità perché il valore catastale della casa non supera il milione di euro. Se lo avesse superato, allora si sarebbe applicata l’aliquota del 4% a cui si aggiungono imposta catastale e ipotecaria.  
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Nicolas Tiburzi 08/01/2022 0

Imbalsamazione, uno studio riscrive la Storia: tecniche in uso 1500 anni prima di quanto ipotizzato

A rivelarlo è uno studio pubblicato su Plos one. Rinvenute sostanze complesse in tombe antiche   LA MUMMIFICAZIONE era praticata nell’antico Egitto 1500 anni prima di quanto finora ipotizzato. A rivelarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Plos one e condotto da Stephen Buckley dell'Università inglese di York insieme a ricercatori delle università di Oxford e di Macquarie in Australia. Da sempre si è creduto che tra il 4500 ed il 3100 avanti Cristo gli egiziani mummificassero i loro defunti sfruttando il clima caldo e secco e utilizzando la sola sabbia del deserto. Solo intorno al 2200 hanno iniziato ad usare delle resine ed il loro utilizzo è diventato più frequente tra il 2000 ed il 1600 avanti Cristo. Ora i ricercatori hanno esaminato dei tessuti funerari rinvenuti nelle tombe di uno dei più antichi cimiteri egizi risalenti tra il 4500 ed il 3350 ed hanno identificato, in alcune bende di lino, delle sostanze complesse utilizzate per l’imbalsamazione. Analisi biochimiche hanno rivelato che le bende erano imbevute di resina di pino, estratti di piante aromatiche, gomma mescolata allo zucchero, petrolio naturale e grasso animale. Secondo i ricercatori questi risultati suggeriscono che queste sostanze per le imbalsamazioni erano state utilizzate almeno mille anni prima di quanto si pensasse. I prodotti naturali usati, spesso elaborati e lavorati, erano gli stessi di quelli impiegati nella mummificazione, al culmine dell’impero faraonico, circa 3000 anni dopo. "Queste ricette resinose messe sulle bende di lino che avvolgevano i defunti, - ha detto Buckley - contenevano agenti antibatterici e furono impiegate nelle stesse proporzioni dagli imbalsamatori egiziani quando la loro abilità era al suo apice, ossia 2500 - 3000 anni dopo".  
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Chiara Ricciarelli 31/01/2022 0

Case Funerarie: strutture in crescita, ma senza la Tanatoprassi non hanno senso!

  Boom di Case Funerarie: fenomeno in crescita, soprattutto nel Nord Italia. Le strutture nascono velocemente, ma, senza praticare la Tanatoprassi, riescono davvero a esplicitare l' obiettivo per il quale hanno preso vita? Ossia: umanizzare e dare dignità alla morte? Come sempre abbiamo asserito, a nostro avviso, la risposta, decisamente, è NO!   322 è, ad oggi, il numero di Case Funerarie in Italia. Il trend è infatti molto diffuso nei paesi anglosassoni e in America, ma adesso è in rapido sviluppo anche nel nostro Paese. Concentrate nel Nord, soprattutto in Lombardia, le Case Funerarie stanno prendendo piede in Italia con una crescita esponenziale: parlando in parole povere, si potrebbe dire che “spuntano come funghi”. La ragione di quest' incremento è presto detta. Ossia il cambiamento, anche qui, della concezione del rito funebre. Infatti, per la veglia del caro defunto scomparso, la Casa Funeraria, luogo accogliente e idoneo, si configura come un' alternativa alle mura domestiche - dove la famiglia continuerà a vivere, conservando un ricordo spiacevole dell' evento. Ma anche soprattutto alla – peggiore – fredda e sterile sala mortuaria degli ospedali: luogo davvero poco consono a garantire i bisogni umani di intimità e riservatezza e a poter esprimere a pieno emozioni e sentimenti dolorosi legati alla perdita.   Ma la Casa Funeraria senza la pratica della Tanatoprassi è davvero funzionale? Noi di Tanmagazine abbiamo, da sempre, asserito di no. Il concept che è alla base della Casa Funeraria è quello di voler rappresentare al meglio le volontà, i desideri e i bisogni di raccoglimento delle famiglie. I cari familiari, parenti e amici infatti hanno bisogno di tempo per vegliare sul defunto, ricongiungendosi spiritualmente (sia che siano credenti che non) col caro scomparso, ricordandolo e omaggiandolo. E tutto questo, deve essere fatto in un ambiente idoneo e adeguato, in grado di custodire e “cullare” fra virgolette la salma del defunto scomparso, in tutta tranquillità e sicurezza, all' interno di un' area serena. Un' atmosfera rilassata, tranquilla, raccolta. Un momento, insomma, per pregare o per ricordare. Prima dell' addio definitivo alle spoglie terrene.   Ma i cari congiunti hanno il sacrosanto diritto di conservare un bellissimo ricordo non solo della struttura e dell' area. A cosa serve avere a disposizione un'area magnifica, comoda, confortevole, se la visione del caro defunto è deturpata ed esteticamente sgradevole? Purtroppo, il decorso fisiologico della salma non ha misteri: dopo la morte, il corpo subisce naturalmente una veloce trasformazione, tutt' altro che piacevole. La fuoriuscita di liquidi organici e la presenza di vapori nauseanti dal cadavere del congiunto non sono sicuramente fenomeni ai quali i cari familiari vorrebbero trovarsi davanti.   Ma è questa la sorte di una salma, che, se non trattata, possiamo dire sia ai limiti della decenza e della presentabilità   davanti agli occhi delle proprie famiglie e dei propri cari. E una veglia di questo genere può diventare un buon ricordo? Come è ovvio rispondere, secondo noi, NO! Se la Casa Funeraria consente di ampliare la veglia funebre per più giorni, che almeno questo sia fatto con criterio e al massimo delle possibilità e potenzialità. C'è una bella differenza nel presentare una salma non trattata, piuttosto che invece avere un corpo “curato” con le tecniche all' avanguardia della Tanatoprassi. La Tanatoprassi è, infatti, indispensabile per riuscire a sposare bene l’obiettivo ultimo, della Casa Funeraria, di dare la migliore dignità alla morte. La Tanatoprassi, con le cure rivolte alla salma prima delle esequie - in termini di igiene e di presentazione estetica -, mira non solo a conservare il corpo il più a lungo possibile in condizioni di sicurezza, ma anche a trattarlo in modo da renderlo, esteticamente, il più possibile vicino a rappresentare un’ immagine serena del defunto.   Solo applicando le tecniche di Tanatoprassi, secondo noi, il trend di crescita del numero di strutture di Case Funerarie in Italia può avere una connotazione positiva. Solo così, infatti, queste riescono a raggiungere bene l' obiettivo e lo scopo per cui prendono vita: umanizzare e ridare dignità alla morte, alleggerendone il più possibile, anche per chi resta, i segni della sofferenza. Quindi: sì a un luogo idoneo di raccoglimento e veglia, ma anche sì ad una cura della salma meticolosa, professionale e attenta!
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Sandra Bergamelli 06/02/2022 0

Le attività funerarie nel diritto europeo ed italiano

Il disegno di legge sulla «Disciplina delle attività funerarie, della cremazione e della conservazione o dispersione delle ceneri», A.C. n. 3189, del 22 giugno 2015 , risponde certamente ad una esigenza largamente sentita di aggiornamento e riordino della attuale disciplina. Nel perseguire tale obiettivo l’iniziativa legislativa in oggetto si caratterizza peraltro rispetto ad altre analoghe proposte per il rilievo che in essa assume la considerazione dell’interesse generale che i servizi funerari complessivamente considerati perseguono. Come si legge infatti nella Relazione illustrativa del disegno di legge, «[q]uella funebre è attività complessa che, oltre ad articolare il proprio intervento in ambito commerciale […], si configura come attività di interesse generale attinente alla salute pubblica ed alla pubblica sicurezza, con preminenti aspetti di natura igienico-sanitaria». È a tutti noto come l’attività funebre si sia venuta sempre più caratterizzando per la natura pubblica del servizio così prestato, in ragione dei sempre più numerosi compiti di natura appunto pubblicistica – quando non addirittura di vere e proprie funzioni sanitarie – attribuiti agli operatori del settore, quali incaricati di pubblico servizio. L’attuale disciplina non risponde ormai da tempo a tali specificità dell’attività funeraria nella sua odierna accezione e le precedenti iniziative di riforma non traevano, sul piano delle soluzioni in concreto suggerite, le dovute e coerenti conclusioni da quanto premesso in merito alla natura dell’attività stessa. Non a caso dunque, a fronte di una legislazione, come pure si legge nella Relazione, «disorganica a livello regionale ed obsolescente a livello nazionale», l’interesse pubblico (generale) preminentemente perseguito dalla attività funeraria costituisce il momento ispiratore della nuova iniziativa legislativa.   Che la salvaguardia dell’interesse pubblico sia una esigenza destinata ad imporsi sui profili più prettamente commerciali, pur esistenti e come tali meritevoli di tutela, è la stessa Unione europea a dircelo. Il nostro legislatore può così introdurre quei correttivi al libero mercato che soddisfino l’interesse generale al regolare svolgimento dei servizi di rilevanza non solo pubblica ma anche commerciale. Del resto, l’evoluzione in senso pubblicistico dei servizi funerari è comune, pur con risposte variamente articolate, a vari paesi dell’Unione europea. Muovendo da tale qualificazione, essi sono intervenuti a disciplinare il mercato, privilegiando la soddisfazione dell’interesse generale, che coincide, non a caso, con quello dei dolenti, a che, da un lato, siano garantite la qualità del servizio, la affidabilità degli operatori, la diffusione del servizio sul territorio e la professionalità degli addetti, e, dall’altro, sia rispettato il dolore della famiglia, evitando i deprecati fenomeni di malaffare. L’Europa, dunque, viene in nostro soccorso, mostrandoci non solo la strada da seguire, ma anche fornendoci gli strumenti necessari.   La giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea.   I servizi funerari nella loro accezione più ampia comprendono due categorie di attività e possono perciò essere distinti in «servizi mortuari» e servizi di «pompe funebri». Tale distinzione è stata fatta propria dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella sentenza del 27 febbraio 2003, Bestattung Wien3 , l’unica peraltro in cui i giudici del Lussemburgo si sono pronunciati sulla disciplina e soprattutto sulla natura di tali attività, avendo avuto modo in precedenza di occuparsi solo dei profili più prettamente concorrenziali in una ormai risalente decisione del 4 maggio 1988, Pompes funèbres4 , resa in tema di fissazione dei prezzi e dunque di abuso di posizione dominante. Nella decisione del 2003 la Corte muove invece dalla constatazione di come spesso gli Stati utilizzino la menzionata distinzione per qualificare i servizi mortuari quali servizi di interesse generale e le pompe funebri come servizi resi in regime di mercato, per concludere invece che entrambi i servizi rispondono ad una medesima funzione, giacché «non si può contestare che i servizi mortuari e di pompe funebri possono essere considerati come servizi rispondenti effettivamente a un bisogno di interesse generale»5 , la cui nozione costituisce un concetto autonomo di diritto comunitario. Proseguendo nel suo ragionamento, la Corte precisa che «[d]a una parte, infatti, tali attività sono connesse all’ordine pubblico in quanto lo Stato ha manifestato interesse ad esercitare un rigoroso controllo sul rilascio di certificati quali certificati di nascita e di decesso. D’altra parte, evidenti motivi di igiene e sanità pubblica possono giustificare il fatto che lo Stato conservi, su tale attività, un’influenza determinante e adotti misure come quelle previste dall’art. 10, n. 1, del WLBG, qualora i funerali non siano stati organizzati entro un determinato termine successivo al rilascio del certificato di decesso. L’esistenza stessa di una tale disposizione rappresenta pertanto effettivamente un indizio del fatto che le attività di cui trattasi possono soddisfare un bisogno di interesse generale. Pertanto, è segnatamente necessario respingere l’interpretazione sostenuta dalla convenuta nella causa principale secondo cui, in antitesi alle prestazioni di pompe “nel senso ampio del termine” come l’inserzione di necrologi, la collocazione del defunto nella bara o il suo trasporto, soltanto l’inumazione e la cremazione dei corpi nonché la gestione dei cimiteri e dei colombari – qualificati come prestazioni di pompe funebri “nel senso stretto del termine” – rientrerebbero nella nozione di bisogno di interesse generale. Infatti, tale distinzione sarebbe artificiosa dato che tutte o la maggior parte di tali attività erano di regola esercitate da una medesima impresa o da una medesima autorità pubblica».   “ 3 Corte giust., 27 febbraio 2003, causa C-373/00, Adolf Truley GmbH c. Bestattung Wien GmbH, EU:C:2003:110. 4 Corte giust., 4 maggio 1988, causa 30/87, Corinne Bodson c. SA Pompes funèbres des régions libérées, EU:C:1988:225. 5 Corte giust., 27 settembre 2003, causa C-373/00, Bestattung Wien, cit., punto 51”.     Le indicazioni che emergono dalla decisione della Corte sono chiare ed utili per definire il possibile ambito di intervento legislativo all’interno dei singoli paesi. Ad avviso dei giudici del Lussemburgo, non importa quanto siano rilevanti le prestazioni di pompe funebri in senso stretto rispetto alle attività più propriamente commerciali svolte da un’impresa, dal momento che la suddetta impresa continuerebbe ad occuparsi di bisogni di interesse generale, come tali soggetti ad una rigorosa disciplina volta ad assicurare la soddisfazione di tali interessi. Perché peraltro una determinata attività di natura anche, se non soprattutto, commerciale, possa comunque essere qualificata come destinata a soddisfare principalmente specifiche esigenze di interesse generale aventi – questi sì – carattere non commerciale, ovvero sanitari o di ordine pubblico, occorre che ricorrano determinati «indizi» della sua natura pubblicistica. In conclusione, (tutte) le attività funerarie, siano esse di natura pubblica oppure commerciale, rispondono, in determinate circostanze, ad un interesse generale dell’ordinamento. Il disegno di legge di cui si discute è destinato a soddisfare pienamente le condizioni poste dalla Corte di giustizia, ponendo al centro del riordino motivi di ordine pubblico, di igiene e di sanità pubblica. Come si legge infatti nell’art. 7, «[l]’attività funebre costituisce attività di interesse generale attinente alla salute pubblica ed alla pubblica sicurezza, con preminenti aspetti di natura igienico sanitari». Tale affermazione, più volte ripresa nell’articolato, si riverbera anche ma non solo sul piano dei requisiti per lo svolgimento dell’attività, sulle modalità per la sua effettuazione e sul processo di qualificazione professionale degli addetti (vedi artt. 8-11).   Del resto, come sottolineato dall’avvocato generale Alber nelle conclusioni rese nel caso Bestattung Wien, a connotare in senso pubblicistico l’incarico attribuito all’impresa di pompe funebri è proprio il fatto che le attività celebrative e di inumazione siano disciplinate insieme, in un ambito normativo unitario che non consente di distinguere, fra le varie attività, «quelle che sono svolte nell’interesse della collettività e quelle che sono svolte nell’interesse dei singoli»7 . Ancora più interessanti sono le considerazioni che possono trarsi dalla sentenza della Corte di giustizia sul piano dei possibili interventi di regolamentazione del mercato da parte dello Stato. È infatti la stessa Corte a sottolineare come, soddisfacendo l’attività un bisogno di interesse generale, il suo esercizio possa essere subordinato al rilascio di una previa autorizzazione8 , che è strettamente collegata, precisa l’avvocato generale, alla verifica dell’esistenza di una necessità del servizio da verificarsi in sede di rilascio della autorizzazione stessa9 . La verifica di tale «necessità» si traduce, sempre ad avviso dell’avvocato generale, in una delimitazione, per motivi di interesse generale, della concorrenza, mantenendo la pubblica amministrazione «un’influenza sostanziale almeno per ciò che concerne la determinazione del numero di coloro che operano sul mercato»10 . L’introduzione di un meccanismo autorizzatorio, basato sulla verifica della sussistenza dei requisiti previsti per l’esercizio dell’attività, e la definizione dei livelli ottimali di copertura del servizio funebre non solo costituiscono momenti qualificanti del disegno di legge (vedi art. 5), ma, come appena osservato, rispondono anche alla funzione sociale dell’intero comparto delle attività funebri, in piena coerenza e rispetto delle precise indicazioni della Corte di giustizia.     La direttiva Bolkestein e le deroghe alla libertà di iniziativa economica.   Non deve a questo punto meravigliare il fatto che la direttiva servizi, nota anche come direttiva Bolkestein (direttiva n. 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno11, cui è stata data attuazione col d. lgs. 26 marzo 2010, n. 5912), non menzioni i servizi funerari né per disciplinarli né per escluderli dal suo ambito di applicazione. Va invece rilevato che uno specifico riferimento ai «servizi di pompe funebri» compare nel Manuale per l’attuazione della direttiva servizi, pubblicato dalla Commissione europea, dove, a commento dell’art. 2, par. 2, lett. d, della direttiva, che esclude dall’ambito di applicazione della direttiva stessa i servizi nel settore dei trasporti, si precisa che l’esclusione non comprende «i servizi che non costituiscono servizi di trasporto» in senso stretto, quali «i servizi di pompe funebri», per quanto attiene ovviamente al trasporto della salma. Tale precisazione è stata fatta propria dal d.lgs. n. 59 del 2010, cit., il cui art. 6, c. 2, riprende al riguardo le indicazioni fornite dalla Commissione europea.   La prima considerazione da trarre è che le attività funerarie in genere non sono in quanto tali menzionate nella direttiva per il fatto, si può ragionevolmente ritenere, che esse risultano, per molteplici e rilevanti profili, riconducibili alla prestazione di servizi che attengono all’ambito della sanità, dell’igiene e della sicurezza pubblica, di per sé escluse, ex art. 2, par. 2, lett. f e anche i, dal campo di applicazione della direttiva stessa, e, per altri, alla categoria più ampia dei servizi in cui è preminente l’interesse generale alla loro esecuzione. Secondo infatti la distinzione tracciata dalla Corte di giustizia nella sentenza Bestattung Wien14 , fra «servizi mortuari» e «pompe funebri», i primi («servizi mortuari») rientrano fra i settori cui non si applica la direttiva, stante la loro natura pubblicistica. Per quanto riguarda invece le «pompe funebri», tra cui rientrano i servizi di trasporto funebre sopra ricordati, essi possono essere comunque soggetti a restrizioni, anche significative, e quindi di fatto esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva, laddove il legislatore nazionale riconosca loro la natura di servizi di interesse generale. Dispone infatti in tal senso la stessa direttiva che, in più disposizioni, prevede che la prestazione di determinate categorie di servizi possa essere sottoposta a restrizioni, tra cui, in particolare, il rilascio di autorizzazioni e misure di pianificazione territoriale, quando ciò trovi giustificazione in «motivi imperativi di interesse generale», tra i quali compaiono la pubblica sicurezza, la sanità e l’igiene pubblica e la tutela del consumatore (considerando n. 40; v. anche considerando n. 56 e art. 9). Il richiamo ai motivi imperativi d’interesse generale compare ovviamente anche nel d.lgs. di attuazione della direttiva, dove l’art. 8, c. 1, lett. f, riprende il contenuto del citato considerando n. 40 per definire l’ambito delle possibili deroghe al regime di liberalizzazione altrimenti introdotto.   Ulteriore conseguenza è che la libertà di esercizio delle attività in discorso può essere variamente limitata da ciascuno Stato membro per soddisfare le proprie esigenze imperative, nel rispetto comunque dei principi generali dell’ordinamento comunitario, tra cui quelli di non discriminazione e di proporzionalità. Stante infatti la natura comunque restrittiva delle misure previste nel progetto di disegno di legge in esame, perché esse possano essere giustificate occorre non solo che esse trovino ragione in motivi imperativi di interesse pubblico, ma anche che tali previsioni abbiano applicazione non discriminatoria, siano idonee a conseguire lo scopo perseguito e si limitino a quanto necessario per il raggiungimento di detto scopo. Tutti questi requisiti sono pienamente soddisfatti dalle disposizioni di cui si propone l’adozione nel disegno di legge A.C. n. 3189, cit.   Che i servizi di pompe funebri possano essere considerati come servizi rispondenti ad un bisogno di interesse generale è la Corte di giustizia, nella decisione sopra ricordata, ad affermarlo, riconoscendo così la possibilità per gli Stati di far ricorso per la loro disciplina a meccanismi autorizzatori idonei a soddisfare le esigenze imperative dell’ordinamento in questione, in deroga a quanto altrimenti previsto dalla direttiva servizi. A ciò si aggiunge che le disposizioni contenute nel disegno di legge di riforma, seppur restrittive dell’accesso al mercato, sono non discriminatorie e si applicano in ugual misura a tutte le imprese del settore. Ciò vale in particolare per i requisiti che sono fissati per consentire agli attuali e ai nuovi operatori di ottenere l’autorizzazione per la propria attività. In linea di principio, tutti gli operatori del settore che soddisfino le condizioni indicate hanno la possibilità di beneficiare delle nuove disposizioni.   Degli obiettivi specifici perseguiti dalla normativa proposta già si è detto, va invece precisato che lo strumento della pianificazione territoriale, di cui all’art. 5 del disegno di legge, è sicuramente idoneo a soddisfare l’interesse pubblico a che venga garantita la possibilità da parte dei dolenti di accedere ad un servizio che nel tutelarne i diritti soddisfi anche esigenze prioritarie di carattere igienico sanitario e di sicurezza pubblica. Nel perseguire tale obiettivo la normativa proposta non va oltre quanto strettamente necessario per raggiungere tale obiettivo. Nella scelta poi concreta dei singoli strumenti, in particolare amministrativi, giudicati idonei a garantire la tutela dell’interesse pubblico perseguito gli Stati membri dell’Unione mantengono, come già ricordato, un margine di discrezionalità che giustifica le differenti soluzioni legislative rintracciabili in ciascuno di essi. Il fatto che uno Stato membro imponga norme più rigide in materia di tutela di preminenti interessi pubblici di quelle stabilite da un altro Stato membro non significa dunque che tali norme siano incompatibili con le disposizioni dell’ordinamento dell’Unione. Ciò che conta è che, quando da tali norme conseguano restrizioni alle libertà fondamentali, i requisiti e le limitazioni così introdotti soddisfino le condizioni (quattro) sopra indicate e frutto della elaborazione della Corte di giustizia. Non varrebbe dunque invocare, al fine di contestare la legittimità delle forme di tutela e regolazione del mercato che sarebbero introdotte dal progetto di legge in discorso, una possibile violazione della libertà di iniziativa economica tutelata dalla Costituzione, così come declinata nelle pronunce della Corte costituzionale. In realtà, dovendosi fornire una interpretazione comunitariamente orientata della normativa nazionale, stante la supremazia del diritto dell’Unione, va ricordato che la libertà di impresa è sancita dall’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Esso stabilisce che tale libertà è riconosciuta «conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali». Tale rinvio al diritto comunitario va inteso nel senso che la libertà di impresa può incontrare limiti tra i quali la Corte di giustizia, nella sentenza Sokoll-Seebacher del 13 febbraio 2014, annovera espressamente un regime di autorizzazione amministrativa preventiva, purché, come già osservato, tale regime sia fondato «su criteri oggettivi, non discriminatori e previamente conoscibili, che garantiscano 8 la sua idoneità a circoscrivere sufficientemente l’esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali».   Nello stesso senso si è pronunciata la Corte costituzionale, precisando che la tutela della concorrenza «si attua anche attraverso la previsione e la correlata disciplina delle ipotesi in cui viene eccezionalmente consentito di apporre dei limiti all’esigenza di tendenziale massima liberalizzazione delle attività economiche»16, purché eventuali regimi autorizzatori siano giustificati da motivi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione e di proporzionalità17 . Tutti criteri quelli indicati dalla Corte costituzionale, e prima ancora dalla Corte di giustizia, che risultano pienamente soddisfatti dalla normativa proposta nel disegno di legge A.C. n. 3189, cit. Infine, sempre nel senso che la tutela del consumatore e, quindi, a maggior ragione, quella di esigenze igienico-sanitarie e di pubblica sicurezza giustifichino in base al diritto dell’Unione europea restrizioni alla libertà di iniziativa economica, si è pronunciato di recente anche il Consiglio di Stato, nella sentenza pronunciata il 26 agosto 2015, in tema di esercizio dell’attività di gioco lecito18 . Pienamente legittima è dunque la scelta che il legislatore italiano è chiamato ad operare sulla base del disegno di legge A.C. n. 3189, cit., laddove introduce meccanismi autorizzatori e di pianificazione territoriale, in quanto, come si legge all’art. 7 dell’articolato, «l’attività funebre costituisce attività di interesse generale attinente alla salute pubblica ed alla pubblica sicurezza, con preminenti aspetti di natura igienico sanitari». Il tutto nel rispetto del dettato delle disposizioni del TFUE e, più in particolare, della direttiva servizi che consente di restringere il suo ambito di applicazione per quei servizi che rispondono a finalità di interesse generale, purché siano soddisfatti i requisiti generali posti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.  I profili concorrenziali.  In più occasioni l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avuto modo di occuparsi dei profili concorrenziali dell’attività funeraria, giungendo a conclusioni critiche nei confronti dell’attuale assetto normativo. Due sono i profili principali di indagine: anzitutto, la distinzione fra l’attività di gestione delle camere mortuarie e l’attività imprenditoriale di onoranze funebri (AS392, Segnalazione del 23 maggio 200719); in secondo luogo, la possibilità, prevista nel caso dalla legge regionale campana, di subordinare l’esercizio dell’attività funeraria all’iscrizione in un apposito registro (AS1153, Segnalazione del 6 novembre 2014; vedi anche AS1055, Segnalazione del 14 giugno 201320). In merito, va ora rilevato che il disegno di legge in esame soddisfa anche le esigenze manifestate dalla AGCM nelle proprie Segnalazioni. Giova al riguardo prendere le mosse dalle considerazioni svolte dalla Autorità Garante nel novembre 2014, con riguardo alla previsione della iscrizione in un registro regionale delle imprese funerarie e cimiteriali. È infatti la stessa AGCM a sottolineare come il regime autorizzatorio così introdotto risulti incompatibile con la libertà d’iniziativa economica, in quanto non vi sono a livello statale disposizioni che «abbiano valutato l’esistenza di esigenze di interesse generale»21 idonee a giustificare tale restrizione.  A rendere dunque illegittimo il regime di autorizzazione introdotto a livello regionale è (solo) l’assenza, in sede di fissazione dei principi generali che devono regolare la materia, di una espressa qualificazione da parte dello Stato dei servizi funerari quali servizi di interesse generale. Tale considerazione, letta alla luce dei principi affermati dalla Corte di Giustizia nel ricordato caso Bestattung Wien22, giustifica pienamente l’iniziativa di riforma in discussione, che, muovendo dalla esigenza di soddisfare ben precisate esigenze di interesse generale, detta criteri oggettivi cui subordinare il rilascio del documento autorizzativo, soggetto a periodiche verifiche, nell’ambito di una programmazione territoriale. I vincoli così introdotti all’accesso al mercato risultano strettamente giustificati, in un’ottica di proporzionalità, dall’interesse generale perseguito e come tale riconosciuto meritevole di tutela dall’ordinamento comunitario.  A conclusioni non dissimili si perviene anche con riguardo al fatto che, sempre secondo la AGCM, le finalità commerciali dell’attività di onoranze funebri «non si conciliano con il corretto e fisiologico svolgimento del servizio di gestione delle camere mortuarie». L’art. 8, par. 4, del disegno di legge A.C. n. 3189, cit., prevede infatti che «[l]e imprese funebri, qualora esercitino attività in esclusiva in mercati paralleli, quali quelli relativi all’ambito cimiteriale nello stesso territorio in cui operano le imprese funebri, sono obbligate alla separazione societaria, intesa come svolgimento distinto con società o soggetto, comunque denominato, dotato di separata personalità giuridica ed organizzazione distinta ed adeguata di mezzi e risorse». A ciò si aggiunge che, in base al successivo par. 5, alle stesse «imprese funebri è vietata la prestazione dei servizi in ambito necroscopico, intendendosi per tali la gestione di servizi mortuari di strutture sanitarie ed assimilabili e di depositi di osservazione ed obitori, nonché la fornitura a questi di servizi diversi dal trasporto funebre». Anche sotto questo profilo le nuove disposizioni darebbero dunque una risposta adeguata alle perplessità manifestate dalla AGCM, assicurando il rispetto delle regole di concorrenza nel settore, sempre comunque in coerenza con il preminente interesse al soddisfacimento delle esigenze pubbliche, anche quando i servizi di onoranze funebri e i connessi servizi di carattere pubblico-sociale e igienicosanitari sono prestati in un contesto imprenditoriale unitario ed integrato. Conclusioni. Un rapido esame delle normative vigenti negli altri paesi dell’Unione, tra cui, in particolare, Belgio, Francia, Germania e Spagna, ci mostra come comune sia il riconoscimento della funzione pubblica delle attività funerarie. La soddisfazione dell’interesse generale allo svolgimento nel modo più idoneo di tali attività avviene peraltro in ciascun paese secondo modalità tra loro diverse; comuni sono tuttavia l’attenzione per gli aspetti di formazione degli addetti al settore e l’introduzione di adeguati requisiti per l’esercizio dell’attività. Alla luce di quanto fino ad ora osservato, deve pertanto ritenersi pienamente compatibile con i principi del mercato interno e della concorrenza una legislazione nazionale che, come quella di cui si propone l’adozione nel nostro paese, condizioni lo svolgimento delle attività funerarie, complessivamente intese, in modo cioè da ricomprendere sia i servizi mortuari sia quelli di pompe funebri, all’ottenimento di una autorizzazione rilasciata dalla pubblica amministrazione, previa verifica del soddisfacimento di taluni requisiti. Le condizioni così poste al rilascio della autorizzazione sono peraltro strettamente proporzionali al fine perseguito di interesse generale e riguardano, in particolare, le strutture necessarie per l’esercizio dell’attività e la formazione degli operatori del settore. Ad esse si accompagna l’obbligo di rispetto di una stringente regolamentazione di sanità pubblica. L’adozione nel nostro paese di una normativa organica di riforma che fissi a livello nazionale i principi generali, cui devono attenersi i legislatori regionali negli ambiti di loro competenza, è divenuta una priorità cui il legislatore non può più sottrarsi. Si tratta infatti di porre rimedio alla confusione prodotta sul piano normativo dal proliferare sia di interventi legislativi regionali, attuati in modo disorganico e con previsioni normative talvolta tra loro contraddittorie, sia di misure regolamentari comunali che disciplinano, in modo spesso molto differente tra loro, i servizi funerari, con inevitabili ricadute negative sulla qualità del servizio reso al dolente e sul rispetto degli standard sanitari. L’esigenza di una riforma del settore è resa ancor più evidente dal fatto che l’attuale normativa nazionale riguarda soltanto gli aspetti di sanità pubblica più rilevanti, senza preoccuparsi, da un lato, di definire, a livello di principi, quali siano gli interessi generali da perseguire, e, dall’altro, di fornire gli strumenti normativi necessari per lo svolgimento della funzione pubblica di cui le imprese funebri sono incaricate. Di fatto, tutti questi aspetti vengono lasciati all’intervento del legislatore regionale o addirittura alla regolamentazione comunale, pur esulando le relative questioni dalle loro competenze, con effetti 11 distorsivi anche sul piano della concorrenza più volte segnalati dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. In conclusione, il disegno di legge A.C. n. 3189, cit., oltre a rispondere ad esigenze di modernizzazione del settore, disciplinando la tanatoprassi, introducendo, sulla scorta dell’esperienza di altri paesi, le case funerarie e regolamentando, infine, la cremazione, procede ad un riordino complessivo dell’attuale normativa; il tutto al fine di assicurare la salvaguardia dell’interesse generale nell’espletamento del servizio pubblico di cui le imprese svolgenti attività funeraria sono incaricate. L’attività funeraria verrà perciò svolta, secondo le previsioni del disegno di legge di riforma, nel rispetto delle condizioni previste per il rilascio della prevista autorizzazione e secondo un piano di programmazione territoriale che, da un lato, consente a tutti gli operatori esistenti di adeguarsi alla nuova disciplina, e, dall’altro, garantisce che il servizio sia prestato sulla base delle esigenze del territorio. Le imprese del settore devono dunque soddisfare i requisiti di affidabilità, formazione, professionalità e dotazione strutturale che, per rispondere ad una esigenza di interesse generale, la natura stessa del servizio impone, nel pieno rispetto dei principi fissati dal diritto dell’Unione europea.
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Andrea Pastore 18/03/2022 0

Regolamentiamo la tanatoprassi

Ci troviamo di fronte ad una società, caratterizzata da una evoluzione socio culturale e da mutamenti in termini di valori e di consuetudini ad essa collegati, il comparto delle Onoranze Funebri non rimane fuori da questo processo che influenza il culto della morte: prolungare la veglia, avere un lutto in un luogo confortevole e personale e non di poca importanza è la possibilità di godere del buon aspetto del caro defunto nel caso di incidenti e lesioni fisiche.   Molti sono gli operatori che credono fortemente nella propria professionalità e in un codice deontologico, ciò porta alla consapevolezza dell’esigenza di adeguarsi agli elevati standard delle Nazioni più evolute che vedono, nello sviluppo di nuove figure professionali, quali gli Esperti in tanatoprassi, una grande opportunità di crescita, sia in termini economici che culturali.   Non è affatto sciocco considerare la Tanatoprassi un importante bagaglio culturale del futuro pur affondando le proprie radici storiche in epoche lontane, lo  spiega il fatto che sia un'arte già radicata in molti paesi civili: nel Nordamerica, con oltre il 95% dei corpi trattati, seguito dalla Gran Bretagna con oltre l'80% nelle grandi città e la Francia con una percentuale superiore al 40%. Possiamo citare anche il Belgio, la Spagna, il Venezuela e, ben presto, anche altri paesi dell'America Latina, nei paesi scandinavi la tanatoprassi viene praticata con una percentuale superiore al 70%, ma con un procedimento diverso, che comporta obbligatoriamente l'autopsia, in alcuni paesi africani, sono diffuse altre forme di conservazione su oltre il 90% della popolazione.   Per quanto riguarda il resto dell'Europa, cresce la richiesta di formazione di Tanatoprattori in Germania, Svizzera e, anche, nei paesi dell'Est. Nel nostro Paese, il primo ponte in tale direzione è stato gettato agli inizi degli anni novanta in Lazio, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Veneto, Toscana, Umbria, Campania,  Abruzzo, Sardegna, Sicilia, Trentino Alto Adige ecc.  questo grazie a ASSOTAN (Associazione Italiana di Tanatoprassi), e I.N.I.T. (Istituto Nazionale Italiano di Tanatoprassi). Oggi la tanatoprassi è in attesa di una regolamentazione Statale. La Tanatoprassi, presenta i suoi vantaggi anche nell'ambito della medicina legale, infatti fermando la decomposizione della salma, si fissano i tessuti e le lesioni come in una preparazione istologica, agevolando le indagini.   In conclusione, possiamo dire che la tanatoprassi risponde a diverse esigenze, infatti, se da un lato assolve il bisogno umano di onorare il proprio defunto, dall’altro soddisfa un livello igienico completo ed efficace per il periodo della veglia funebre che può protrarsi anche per più giorni.              
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