7 articoli dell'autore Andrea Fantozzi

Andrea Fantozzi 08/09/2024 0

"Tanatoprassi: L'Innovazione Essenziale per la Conservazione e il Decoro nelle Case Funerarie Moderne"

**L'Utilità della Tanatoprassi nelle Case Funerarie: Una Pratica Essenziale per il Servizio Funebre Moderno**

La tanatoprassi, conosciuta anche come conservazione temporanea del corpo, è una tecnica di trattamento che ha acquisito un'importanza crescente nelle case funerarie moderne. Questa pratica, che combina competenze scientifiche, mediche ed estetiche, offre una serie di vantaggi sia per le famiglie in lutto che per i professionisti del settore funerario, migliorando notevolmente la qualità dei servizi offerti.

### Cos'è la Tanatoprassi?

La tanatoprassi è una procedura post-mortem che si basa sull'iniezione di sostanze conservanti nel sistema vascolare del defunto, permettendo di ritardare i processi di decomposizione e migliorare l'aspetto del corpo per un periodo di tempo più lungo. A differenza della più semplice imbalsamazione, che mira principalmente alla conservazione a breve termine, la tanatoprassi ha l’obiettivo di garantire una migliore conservazione e presentazione del corpo, senza alterarne le caratteristiche naturali.

### Vantaggi per le Case Funerarie

#### 1. **Preservazione della Salubrità e Sicurezza Igienica**
Uno dei principali vantaggi della tanatoprassi è il mantenimento della salubrità dell'ambiente funerario. La decomposizione naturale del corpo rilascia gas e fluidi che possono rappresentare un rischio biologico. Attraverso la tanatoprassi, i fluidi corporei vengono sostituiti con soluzioni chimiche speciali che inibiscono il processo di decomposizione, riducendo al minimo i rischi igienici sia per il personale funerario che per i familiari.

#### 2. **Tempi Flessibili per la Cerimonia Funebre**
La tanatoprassi permette di preservare il corpo per un periodo più lungo rispetto ai trattamenti tradizionali. Questo aspetto è particolarmente utile in situazioni in cui la famiglia richiede tempo per organizzare la cerimonia o quando i parenti devono viaggiare da lontano per partecipare al funerale. In questi casi, il corpo del defunto può essere esposto in condizioni ottimali, riducendo lo stress legato ai tempi ristretti per l'organizzazione della cerimonia.

#### 3. **Miglioramento dell’Estetica del Defunto**
Uno degli aspetti più delicati del lavoro delle case funerarie è garantire che il defunto abbia un aspetto sereno e naturale per l’ultimo saluto. La tanatoprassi permette di migliorare sensibilmente l’aspetto estetico del corpo, ripristinando i lineamenti e i colori naturali, specialmente in caso di traumi o malattie che abbiano compromesso l’aspetto del defunto. Questo contribuisce a fornire alle famiglie un’immagine di pace e serenità, elemento cruciale nel processo di elaborazione del lutto.

Il miglioramento estetico svolge un ruolo psicologico importante, aiutando i familiari a conservare un’immagine positiva del proprio caro.

#### 4. **Rispetto per la Tradizione e la Cultura**
In alcune culture e tradizioni religiose, l'integrità fisica del corpo è un elemento fondamentale. La tanatoprassi consente di rispettare questi valori, poiché evita la necessità di pratiche invasive come la cremazione immediata o l'immediata sepoltura. Inoltre, il trattamento preserva l'aspetto naturale del defunto senza alterarne in modo significativo la struttura corporea, consentendo così ai familiari di rispettare rituali e credenze specifiche.

#### 5. **Soddisfazione del Cliente e Reputazione dell’Azienda Funeraria**
La qualità dei servizi funebri è direttamente correlata alla soddisfazione dei familiari del defunto. La tanatoprassi consente di offrire un servizio di altissimo livello, assicurando che il corpo del caro venga presentato in condizioni ottimali. Questo non solo aiuta i familiari a vivere un addio più dignitoso e sereno, ma contribuisce anche a migliorare la reputazione delle case funerarie che scelgono di offrire questo tipo di trattamento, aumentando la fiducia della comunità nei loro servizi.

### Implicazioni Etiche e Normative

L’applicazione della tanatoprassi deve avvenire nel rispetto di normative e linee guida specifiche, che variano da paese a paese. In Italia, la tanatoprassi non è obbligatoria, ma le case funerarie devono garantire che il trattamento venga eseguito da professionisti qualificati e autorizzati, secondo criteri etici e legali rigorosi. Le famiglie devono inoltre essere correttamente informate circa le caratteristiche della procedura e i suoi costi, così da poter fare una scelta consapevole.

### Conclusioni

La tanatoprassi è una pratica in forte crescita che offre innumerevoli vantaggi alle case funerarie e alle famiglie colpite dal lutto. Oltre a garantire la sicurezza igienica e a migliorare l'aspetto estetico del defunto, permette una gestione più flessibile del tempo, rispondendo meglio alle esigenze delle famiglie. L'introduzione e la diffusione di questa tecnica nelle case funerarie rappresenta un segno di professionalità e attenzione al cliente, elementi fondamentali per il successo nel settore dei servizi funebri.

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Andrea Fantozzi 30/05/2023 0

Tanatoprattori alla sbarra

E alla fine viene da chiedersi di nuo­vo: chi è il tanatoprattore? A tutt'og­gi, a metà dell'anno di grazia 2023, grazie anche (o nonostante) all'ingresso in campo dell'Associazione professionale ASSOTAN i corsi di formazione sulla tanatoprassi sembra che abbiano una svolta. Oggi con tutti i corsi propedeutici alla tanatoprassi, pare che di "ricettari per la cu­cina"del perfetto tana­toprattore ne escano sempre di più; detto in altre parole ci sono in giro diversi "manuali" per la formazione e "arti­coli" di vario genere, che illustrano i più re­centi principi gestio­nali per il "perfetto ta­natoprattore": tutti utili e interessanti. Tuttavia, la mia sen­sazione, peraltro con­divisa da molti colle­ghi, è che ciò che og­gi manca al "futuro tanatoprattore" è un luogo di riflessione. Un luogo che vada oltre la "formazione" e illustri il pensiero complessi­vo, l'aspettativa gene­rale della "professio­ne", il "senso" e il "si­gnificato" di quello che il tanatoprattore fa, rispetto a quello che in­vece gli viene chiesto di fare. Dietro que­st'ultima riflessione si nasconde il motivo principale per il quale in genere sono restio a scrivere sulle "atti­vità" e "funzioni del tanatoprattore", som­mato alla personale resistenza dell'idea che si possa rinchiu­dere in pochi reperto­ri teorici, quella che invece è la ricchezza e l'importanza di un ruolo costantemente "in progress".

Quale tipo di tanato­prattore sarebbe mai preferibile per le aziende, per le case funerarie e per l'utenza?Lo specialista-tecnico" o il "tanatoeteta"? Il rischio è di ritrovarsi domani, nel primo caso, a svolge­re le stesse funzioni di un "infermiere esper­to"; nel secondo, in­vece, di pensare unicamente all'aspetto estetico trscurando il lato igienico-sanitario, e di sci­volare verso una deri­va bassifonda della professione. Esisto­no poi le giuste aspet­tative da parte dell'u­tenza, che sono le più importanti, e che non devono essere trala­sciate. L'utenza chie­de del "tanatopratto­re" e non di "qualcun altro". Per tornare alla distinzione, il tanato­prattore "specialista ", tende ad assu­mere atteggiamenti, per certi aspetti, profondamente diver­si, in relazione sia al lavoro da svolgere che alla funzione stessa di coordinamento. Anche gli stili diversi di "formazione"  pos­sono complicare lo "scenario" all'interno del quale si esplicita il ruolo del tanatoprat­tore. Modelli formativi giudicati troppo autocratici, si sono dimostrati, da un punto di vista empiri­co, poco efficaci, fors­e per l'impreparazione sia dei dirigenti sia degli allievi al delicato argomento della professione tanatopratica. Al contrario, lo stile partecipativo-democratico, in genere, mal si coniuga con le gerar­chie e risulta idoneo laddove i componenti del gruppo funerario hanno una profonda coscienza professiona­le ed una elevatissima consapevolezza del proprio ruolo. Proba­bilmente non tutti so­no preparati allo stes­so modo; allora, an­che in questo caso, è necessario pensare ad un tipo di "formazio­ne" e "selezione" per i tanatoprattori ade­guata all'approccio si­stemico ai problemi e alle situazioni concre­te. La differenza è so­stanziale, non sola­mente a livello d'inquadramento ma anche come ricaduta nell'espletamento del­la funzione stessa, nella stabilità del ruo­lo e sull'organizzazio­ne dell'assistenza all'allievo. L'applicazione "prati­ca" e non solo l'intuizione "teorica" di certe recenti innovati­ve "previsioni formative" e "declaratorie contrattuali", non ha trovato un reale svi­luppo nella quotidia­nità dello svolgimento delle "funzioni di una figura professionale che necessiata di una Categoria giuridicamente riconosciuta": lo stes­so d.d.l. per il "setto­re funerario e il profi­lo del tanatoprattore" è da anni fermo in Parlamento. Per chiunque svolga la funzione di tanato­prattore, adesso o in futuro, entrare di di­ritto nella dirigenza in­termedia con un pro­prio specifico "profilo", è tutt'altra cosa dall'essere considerato soggetto ad un incari­co "a termine", prov­visorio e discreziona­le, "primo tra i pari", senza autonomia e in balia. Sta proprio qui la differenza - e scu­sate il bisticcio - che fa la differenza. Su que­st'argomento mi pare però di poter afferma­re che non vi sia an­cora sufficiente condivisione d'intenti nep­pure all'interno della professione, ancor pri­ma che in ambito governativo e lavorativo generale. Dunque, mi piacerebbe provare a riflettere sul fatto che oggi le "funzioni" del "tanatoprattore" sono confinate in un "para­digma" in cui, di volta in volta, qualcuno svela un pezzo. E il mio vuol essere un invito a se­derci tutti intorno ad un tavolo virtuale per richiederci quale ef­fettiva figura di "tana­toprattore" desideria­mo al nostro fianco nelle case funerarie e negli ambienti sanita­ri. A me sembra che occorra fare un gran­de lavoro di sintesi e di selezione, facendo incontrare anche le menti di di­versi attori: Aziende, Università, Collegi, Associazioni, Sindaca­ti, Regioni, Ministero. Inoltre la selezione degli operatori della tanatoprassi è molto importante I.N.I.T. ha deliberato la scorsa settimana nel Consiglio Nazionale che per accedere alla formazione tanatopratica bisognerà iscriversi ad ASSOTAN l'Associazione della categoria che supervisionerà e porterà l'allievo sia alla selezione che alla formazione abilitativa. Perché il tanatoprat­tore quando serve, si sa, è utile, magari pu­re indispensabile ma deve essere preparato professionalmente al meglio e bene. Siamo coscienti che oggi ci si ricorda di lui solo quando serve quel contributo"urgente" ed "importante": Con­tributo che fino a quel momento, purtroppo, non era riconosciuto come "risolutivo" e "indispensabile" ai bi­sogni dell'organizza­zione, delle aziende funebri e dell'utenza.

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Andrea Fantozzi 17/09/2020 0

La morte si fa social

«Facebook, Instagram, WhatsApp sono il più grande cimitero del mondo. È tempo di ripensare filosoficamente la morte nell’epoca dell’intelligenza artificiale, di Black Mirror e della realtà virtuale.»

La morte non esiste più. Allo stesso tempo, però, viviamo costantemente circondati dai morti. Relegata lontano dalla nostra quotidianità, medicalizzata, espunta dalle nostre vite, l’esperienza del morire vive oggi una situazione paradossale, quando le immagini e le parole dei cari estinti tornano e irrompono all’improvviso dagli schermi dei nostri telefoni. Moriamo, ma continuiamo a esistere nella presenza ineliminabile della nostra passata vita online.
Social network, chat, siti web costituiscono insieme, ad oggi, il più grande cimitero del mondo. Il territorio esplorato dalla fantascienza, dalla fiction e, recentemente, da una delle serie più perturbanti che mette al centro della sua riflessione il rapporto tra uomo e tecnologia, Black Mirror, sembra superato dalle nuove intelligenze artificiali. Sono già disponibili bot con cui dialogare e capaci di interpretare i nostri stati d’animo per poi sostituirsi a noi quando saremo trapassati, e continuare a parlare con i nostri cari; il profilo Facebook che consultiamo compulsivamente più volte al giorno, quando mancheremo, diventerà una vera e propria lapide virtuale, e i nostri amici potranno continuare a farci gli auguri ogni anno nell’aldilà.
E ancora, il web è diventata la più grande piazza pubblica per celebrare il ricordo o condividere anche l’esperienza privata del lutto. Insieme piangiamo i nostri cari, insieme ricordiamo i nostri beniamini. Insieme, in un futuro prossimo, vivremo una seconda vita nella realtà virtuale.
Davide Sisto, giovane filosofo che da lungo tempo ha consacrato i suoi studi alla relazione tra morte e cultura digitale, per la prima volta mette insieme un discorso interpretativo che ha al centro il rapporto nuovo della nostra società con la morte indotto dall’avanzamento tecnologico.
La morte si fa social è il migliore esempio di umanesimo capace di confrontarsi con l’era digitale. L’uomo ha sempre pensato la morte. Oggi più che mai, il digitale offre un’opportunità per ripensare la morte in una prospettiva rivoluzionata.

 

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Così Davide Sisto, filosofo e tanatologo, riassume in un’intervista la materia del suo (importante) libro La morte si fa social – Immortalità, memoria e lutto nell’epoca della cultura digitale: «L’aldilà si sta sempre più spostando all’interno dei nostri computer.

Le persone, senza che neppure lo immaginassero, si sono ritrovate circondate dai morti e da ciò che resta dei morti in qualsiasi luogo del web, sui social media (su Facebook si contano 50 milioni di utenti deceduti), nei blog e ovunque in rete.

Questo fa sì che esistano oggi nuove opportunità di rielaborare tutto quello che abbiamo prodotto in vita, in modo tale da sopravvivere sotto forma di “spettro digitale”.

Questo aspetto problematizza l’elaborazione del lutto, poiché siamo circondati da immagini, post, video delle persone decedute in ogni istante della giornata: basta avere una connessione al web. È traumatico, perché impedisce un vero distacco. Siamo in presenza di rielaborazioni di alter ego virtuali che in qualche modo hanno reso possibile ciò che abbiamo sempre desiderato con le sedute spiritiche: che i morti continuino a comunicare con noi, seppure in maniera artificiale e automatica.»

Grazie alla capacità della tecnologia di rielaborare ciò che siamo stati in vita, anche la memoria e i ricordi si trasformano: questo aspetto, dice Sisto, si svilupperà nel corso degli anni con effetti probabilmente imprevedibili.

Uno dei tratti più importanti dell’esistenza umana che va riesaminato e ricalibrato tenendo conto della tecnologia di cui disponiamo oggi è proprio la morte: qualcosa che si tendeva a rimuovere e invece è tornata di prepotenza nello spazio pubblico.

«Pulizia della morte», eredità digitale, dati che rischiano di scomparire per sempre se non si danno disposizioni chiare sul loro utilizzo; fotografie di morti illustri che rimbalzano moltiplicandosi all’infinito da una pagina web all’altra, piattaforme interattive in cui familiari, amici e fans ricordano il defunto con aneddoti, poesie, immagini, lettere; archivi di memorie pubbliche e private in cui passato e presente si confondono.

Questa continuazione digitale della vita, spiega Sisto, non è tutta positiva ma neppure tutta negativa. L’«interazione postuma» può anche costituire un aiuto nell’elaborazione del lutto: «esporre su Facebook il proprio dolore ottenendo una sostanziosa risposta può essere una delle molteplici strade da seguire» per ritrovare una condizione di vita salubre dopo un lutto.

Un capitolo a sé è costituito dai suicidi online, sempre più diffusi da quando esiste la possibilità di condividere immagini in diretta. Lo hanno fatto in molti, soprattutto adolescenti, i cui filmati si sono diffusi a macchia d’olio prima di essere rimossi (lasciando comunque tracce reperibili).

«Quando una persona muore, i suoi amici e contatti aumentano del 30% il numero di interazioni tra loro all’interno di Facebook. Solo dopo diversi mesi, a volte addirittura anni, le interazioni tornano a stabilizzarsi a un valore pari a quello precedente il lutto. Pare che i livelli di interazione si mantengano assai elevati nelle reti che includono soprattutto persone di età compresa tra i 18 e i 24 anni, e che le reti in cui ha avuto luogo un suicidio mostrino un livello minore di capacità di recupero del lutto.»

D’altra parte, «la morte di una persona celebre può diventare l’occasione, sui social, per aprire discussioni dotate di un’oggettiva utilità. Il suicidio di Chris Cornell, per esempio, ha generato numerose riflessioni sul tema della depressione, di cui il cantante soffriva, e sulle strategie da seguire per fare rete – offline – in vista della prevenzione dei suicidi.»

Sisto analizza con profondità e lucidità tutte le facce, positive, negative e/o imprevedibili, della commistione tra realtà concreta e virtuale alla fine dell’umana esistenza terrena.

«L’autorità che la morte esercita nei confronti della vita, rendendola tale, è racchiusa nel potere della memoria, dalla quale prendiamo la forza per arricchire il nostro sentire, per crescere, per potenziare il nostro modo di pensare. Per amplificare, soprattutto, dentro di noi l’eco della vita di chi non c’è più e per preparare la nostra eco nella vita delle altre persone, quando saremo noi a non esserci più. Oggi, la cultura digitale offre alla memoria, quindi al rivolo spirituale tra l’aldiquà e l’aldilà, la possibilità di dare una voce tangibile e personale a quell’eco. Il corpo digitale può diventare il deposito di legami intimi, la voce consolante in grado di rivestire il ricordo di quegli abiti che hanno reso unico, nel bene e nel male, il rapporto con ciascuna delle persone amate.»

Immortalità digitale, suggestioni fantascientifiche che rappresentano, più che prefigurare, una realtà già ampiamente in atto, rapporto tra morte e social network, eredità digitale, funerali tecnologici in streaming, nascita di nuove figure professionali come il digital death manager: è tutto in questo libro stranamente (visto il tema) appassionante. Ma in fin dei conti non è strano che lo sia: è un argomento che riguarda tutti, senza eccezioni, ed è troppo importante per occuparsene domani.

 

Davide Sisto, La morte si fa social – immortalità, memoria e lutto nell’epoca della cultura digitale, Bollati Boringhieri 2018

 

 
 
 
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Andrea Fantozzi 17/09/2020 0

La sepoltura celeste

LA SEPOLTURA CELESTE

(ATTENZIONE IMMAGINI FORTI, NON GUARDARE SE FACILMENTE IMPRESSIONABILI)

La sepoltura celeste (anche conosciuta come "funerale celeste") è un antico rito funerario tibetano, ancora oggi largamente praticato. Il rito prevede che il corpo del defunto venga scuoiato, smembrato con un'ascia ed esposto agli avvoltoi per cibarsene. In Tibet la pratica è nota come JATHOR, che vuol dire fare l'elemosina agli uccelli. Negli anni '60-'70 la Cina ha vietato questa pratica, che è tornata ad essere legale dagli anni '80.

IL RITUALE
Il tomden, il maestro buddhista del cerimoniale, scuoia il cadavere dalla testa ai piedi, lasciando al contatto dell'aria le interiora e le ossa. Gli avvoltoi cominciano a volteggiare sopra il luogo del rituale, attirati dal fumo del ginepro e dall'odore della carne. Il tomden chiama gli avvoltoi usando l'espressione Shey, Shey ("Cibatevi, cibatevi"). Gli uccelli, attirati dalla carne, discendono così dal cielo e si nutrono del corpo dell'uomo morto. Le ossa e il cervello poi vengono frantumati con un martello di pietra e mescolati con farina d'orzo. Il tomden richiama ancora gli avvoltoi, che ridiscendono per mangiare gli ultimi resti.

SCOPO E SIGNIFICATO
La sepoltura celeste rappresenta la morte come episodio del tutto naturale, parte dell'eterno ciclo delle rinascite. Secondo la cultura buddhista, il corpo è un semplice involucro che permette di compiere il viaggio della vita. Dopo la morte generalmente i lama svolgono la pratica del Phowa il "trasferimento della coscienza", in presenza della persona morta, lo spirito abbandona il corpo che di conseguenza rimane vuoto e non ha alcuna necessità di essere conservato. Lasciare il proprio corpo in pasto agli avvoltoi è un atto finale di generosità da parte del defunto nei confronti del mondo della natura che crea un legame con il ciclo della vita e facendo questo il defunto ripaga i suoi 'debiti karmici' con gli altri esseri. Gli avvoltoi infatti sono uccelli che si cibano solo di animali morti e inoltre sono venerati e considerati dai tibetani una manifestazione delle ḍākinī, gli equivalenti tibetani degli angeli (ḍākinī, in tibetano khandroma che significa "colei che percorre lo spazio").

MOTIVAZIONI PRATICHE
Benché abbia un significato religioso, questo tipo di sepoltura risponde ad esigenze pratiche: in gran parte del Tibet, a causa delle grandi altitudini, il terreno è principalmente roccioso e spesso ghiacciato, rendendo difficile lo scavo di fosse. Inoltre, trovandosi la maggioranza del Tibet al di sopra della linea degli alberi, la scarsità di legname rende poco praticabile la cremazione.
Dal punto di vista pratico questo tipo di funerale è il miglior sistema ecologico per lo smaltimento dei cadaveri considerate le condizioni locali di cui sopra. Dal punto di vista ecologico, la miglior soluzione è comunque l'interramento (perché più lento), la peggiore essendo l'incenerimento (cremazione) che provoca anche la formazione di diossina.

ATTENZIONE IMMAGINI FORTI, NON GUARDARE SE FACILMENTE IMPRESSIONABILI

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Andrea Fantozzi 17/09/2020 0

INIMITABILE FLUYTAN "UNA SCOPERTA UTILE AL SETTORE SANITARIO E QUELLO FUNERARIO"

UN GRAN PASSO AVANTI NASCE FLUYTAN

FISSATIVO ALTERNATIVO ALLA FORMALINA

 

 

Introduzione - Formalina è uno dei fissativi più comunemente usati nella conservazione della materia organica in generale, avvolte previa diluzione in acqua e/o in alcoli o altro.

La nocività della sostanza per la salute umana è oramai assodata e l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (AIRC), a partire dal 2004, l’ha inserita nell’elenco delle sostanze considerate con certezza cancerogene per la specie umana.

A tal riguardo nasce l’esigenza di non utilizzare più tale fissativo a scopo di conservazione delle salme e dei campioni del cadavere nei vari settori. In questo lavoro è stata sperimentata una soluzione fissativa alternativa alla Formalina: il Fluytan .

Gli obiettivi di questa sperimentazione sono stati quelli di stabilire la validità del Fluytan nel risultare valido come alternativa alla formalina e di valutare le capacità di conservazione per periodi di tempo medio-lunghi.

Materiali e metodi - Sono stati esaminati 50 individui appartenenti ai gruppi

Animale vertebrato (36 rispettivamente) reperiti senza vita, mediante raccolta su aree montane dove erano presenti abbondanti comunità di faina, cinghiale, cornacchia, topo, scoiattolo etc.

Animale invertebrato (14 rispettivamente) reperiti senza vita, mediante raccolta su strade montane nel periodo primaverile.

In particolare gli organismi animali impiegati durante la sperimentazione sono stati: Scoiattolo, piccolo cinghiale, topi, faina, serpente, lucertola, vipera, coniglio e maiale. Tali organismi sono stati conservati con il Fluytan diluito a diverse concentrazioni con alcol isobutilico e glicerina, e valutati secondo una scadenza temporale (180-365 giorni)

Inoltre altri test preliminari, condotti su tessuti, organi isolati e cadaveri umani, hanno dimostrato l’efficacia conservativa della formulazione per oltre sei mesi.

Le parti trattate hanno conservato nel tempo, a temperatura ambiente, forma, volume e colore indicando l’assenza di fenomeni putrefattivi.

Il fissativo Fluytan garantisce, rispetto alla Formalina, una migliore preservazione degli acidi nucleici: ciò consente un più ampio range di indagini di “molecular profiling” anche su materiale d’archivio, ottenuto senza particolari precauzioni, permettendo ricerche su ampie casistiche nonché l’utilizzo immediato di eventuali nuovi marcatori molecolari utili ai fini clinici

 

L’ alcol utilizzato nella formulazione, l’alcol isobutilico, è anch’esso caratterizzato da una bassa tossicità animale (LD50 nel ratto: orale 2460 mg/kg – cutanea 4200 mg/kg – inalatoria LC50/4h 24 mg/l) ed è classificato poco pericoloso per le acque classe I (WGK1).

Inoltre, la formulazione allo studio, a differenza della formaldeide (formalina) non sembra interferire con le indagini medico legali, in particolare con quelle tossicologiche, in quanto non altera le molecole esogene eventualmente presenti nei tessuti e nei fluidi biologici e non interferisce con la determinazione dell’alcol etilico.

Questa proprietà permette la utilizzabilità dei tessuti a scopo giudiziario anche dopo l’eventuale tanatoprassi ed in caso di esumazione.

L’altra sostanza utilizzata nella formulazione è il glicerolo è un composto organico nella cui struttura sono presenti tre gruppi -OH. Il glicerolo è un componente dei lipidi e dei fosfolipidi o glicolipidi, dai quali viene ottenuto per idrolisi o trans esterificazione.

Vantaggi di Fluytan

. Tossicità nulla

. Non è necessario dopo l’applicazione nessun altro metodo di conservazione

. Elimina la lividità cadaverica

. Applicazione sopra cutanea

. Applicazione sottocutanea

. Applicazione vascolare

. Applicazione ad immersione

. Elimina la Formalina

Il fissativo alternativo Fluytan può quindi entrare nella routine delle varie attività, soprattutto considerando i notevoli vantaggi sotto il profilo della sicurezza degli ambienti di lavoro.

 

 

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Andrea Fantozzi 17/09/2020 0

Corsi di tanatoprassi, attenti alle truffe!

In questi ultimi anni, stiamo assistendo ad un susseguirsi,  su Internet e sulle testate giornalistiche del settore funebre, di svariati articoli che propongono corsi di tanatoprassi e di tanatoestetica; attenzione però, perché il pericolo è quello di una certa speculazione sull' argomento. Tale rischio è stato avvertito anche da ASSOTAN (Associazione Nazionale

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Andrea Fantozzi 17/09/2020 0

Tanatoprattore: una professione multidisciplinare

Dal 17 luglio 2013 anche l’Italia dispone dei suoi primi Tanatoprattori. Grazie al primo corso di Tanatoprassi  effettuato dall’I.N.I.T. con il sostegno della cattedra di medicina legale dell’università degli Studi di Roma Tor Vergata diretta dal direttore, Prof Giovanni Arcudi.

Lentamente, ma inesorabilmente, la tanatoprassi si sta facendo strada anche in Italia dove si riscontra una maggiore presa di coscienza su questa nuova ed emergente disciplina. Ne consegue che i nostri servizi sono sempre maggiormente richiesti. Per questo, l’Istituto Nazionale Italiano di Tanatoprassi ha deciso di iniziare a Roma un secondo corso di tanatoprassi sempre con la collaborazione dell'Università.

La collaborazione con l’Università sancisce i nostri corsi con quell’ufficialità che non può mancare in una disciplina che necessita di un’accurata preparazione sia sul piano teorico che pratico. Un livello di preparazione che non si può raggiungere con corsetti di 10 giorni come alcuni vogliono far credere.

La figura del Tanatoprattore è multidisciplinare in quanto la materia contempla varie discipline: chimica, anatomia e anche concetti di psicologia nei confronti delle famiglie. Ricordiamo in proposito che il tanatoprattore, pur lavorando sul corpo dei morti, svolge la sua attività a beneficio dei vivi.

Il programma del corso dell’I.N.I.T. è stato accuratamente studiato e preparato sulla base degli attuali programmi tutt’oggi in vigore in alcuni paesi europei ed anglosassoni come la Francia e l’Inghilterra dove la tanatoprassi viene regolarmente studiata e praticata da moltissimi anni. Corsi che richiedono uno studio in profondità sia a livello pratico che teorico.

Il corso è a numero chiuso e ha una durata di due anni, ma qualora i candidati non abbiano raggiunto il numero massimo di cure per poter accedere agli esami finali, si dilungherà fino al raggiungimento del numero minimo di cure stabilito dal programma.

I requisiti richiesti per frequentare il corso di Tanatoprattore sono un diploma di scuola superiore e soprattutto una buona predisposizione alla materia.

L’obbiettivo dell’I.N.I.T. è quello di formare e immettere nel mondo del lavoro un’equipe di Tanatoprattori professionisti, qualificati e riconosciuti  ufficialmente dalle autorità italiane per poter coprire le richieste del nostro paese, crescere insieme e diffondere questa disciplina che tende a rafforzare la coesione familiare e quella sociale in un mondo che scivola pericolosamente verso l’isolamento e l’individualismo.

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