10 articoli dell'autore Redazione Tan Magazine

Redazione Tan Magazine 17/09/2020 0

Intervista di Andrea Fantozzi (assotan) su live social

Il presidente di Assotan Andrea Fantozzi ha rilasciato un'intervista alla trasmissione Live social e ha parlato della storia della tanatoprassi in Italia, Di seguito potete vedere il video dell'intervista.

Il presidente di Assotan Andrea Fantozzi ha rilasciato un'intervista alla trasmissione Live social e ha parlato della storia della tanatoprassi in Italia, Di seguito potete vedere il video dell'intervista.

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Redazione Tan Magazine 17/09/2020 0

L'ultima birra prima di morire: la foto che emoziona il Mondo

Un brindisi l'ultima birra prima di volare in cielo. Un tweet diventato virale in pochissimo tempo, una foto che trasmette emozione. L'ultima birra prima di morire. Un'immaggine commovente di tutta la famiglia attorno al nonno sul punto di morte con le birre, per un brindisi di fine vita commovente. L'ha postata Adam Schemm. "Mio nonno è morto oggi. Ieri sera voleva bere l'ultima birra con i suoi figli" Ha scritto Adam che vive negli USA in Milwaukee. 

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Redazione Tan Magazine 17/09/2020 0

Come capire se un tanatoprattore è un professionista?

Il mercato della tanatoprassi oggi sta vivendo un periodo di definizione e di sviluppo. La tanatoprassi è, per definizione, la disciplina che concerne le cure rivolte al defunto e il trattamento estetico delle salme, prima delle esequie.

La parola “tanatoprassi” deriva dal greco thanatos 'morte' e praxis 'pratica'. Il professionista, dunque, che svolge i trattamenti di tanatoprassi è definito tanatoprattore. In questo frangente, è importante premere l’ accento su una definizione seria e precisa della disciplina, per distinguerla e caratterizzarla in un contesto di professionalità, di studio, di ricerca continua e di esperienza maturata direttamente sul campo. È infatti accuratamente necessario prendere le distanze da tutte quelle pratiche spicciole e ciarlatanerie che si spacciano per tale, e, non di meno, da tutti quegli sprovveduti imitatori e apprendisti “stregoni”, millantatori di soluzioni inefficaci e grossolane.

Un caso fra tutti, presentato negli ultimi anni, è quello della proposta, da parte di taluni, di prodotti cosmetici miracolosi per l’estetica del defunto.

Andrea Fantozzi, presidente dell' Istituto Nazionale Italiano di Tanatoprassi, spiega come poter riconoscere il vero tanatoprattore: «Certamente, è doveroso dire che il vero professionista non si presenta con trucchi e cosmetici: la salma del povero defunto non può essere minimamente paragonata a una “bambola” di fard. La cosmesi è un’ altra pratica e il mero make up di per sè non è uno strumento adeguato per trattare la nostra disciplina, la quale, come ci tengo a sottolineare, non è improvvisazione, ma studio e ricerca.»

Il caso di alcuni venditori, impegnati a proporre alle famiglie e alle imprese, vere e proprie valigette di trucchi e cosmetici utili per il caro defunto, è un chiaro esempio.

«Il tentativo - afferma Fantozzi - è goffo e fuorviante: il rischio è quello infatti di realizzare un lavoro ben distante da ciò che si aspettano i familiari dei defunti: è bene chiarirlo nuovamente, la tanatoprassi non si avvale dell’ utilizzo di tratamenti cosmetici, comunemente intesi come tali.

Questo perchè, semplicemente, il colore di base della pelle è ovviamente diverso: il risultato, applicando un mero makeup, sarebbe quello di rendere la salma una vera e propria "bambola" di fard.

La nostra logica è appunto ben distante da quella americana: il make up pesante non restituisce una immagine naturale del defunto e il risultato è ben lontano da quello che le famiglie si aspetterebbero. »

Intanto, per una buona riuscita dell’ operazione, prima di andare ad agire in senso estetico sul defunto, è opportuno eseguire una corretta conservazione di base della salma, per rallentare l’avanzamento del naturale processo di decomposizione.

Infatti, spiega Fantozzi, è opportuno, nella prima fase, applicare un prodotto conservante a livello topico, per eliminare la fase aerobica del procedimento. Successivamente, sarà necessario inibire la fase anaerobica, utilizzando alcune iniezioni mirate e prodotti particolari. Tutto ciò consente di preservare la salma per due giorni, senza bisogno di ricorrere a interventi estetici. La necessità di questo passaggio deriva dal fatto che altrimenti, le ipostasi sarebbero eccessivamente evidenti, e il make up correttivo andrebbe solamente a coprire questa sorta di lividi, rendendoli, purtroppo, paradossalmente ancora più evidenti.

«Ecco allora che il vero scopo della nostra pratica è eliminare i segni della dipartita, e non coprirli.» - conclude Fantozzi, invitando a diffidare sempre di ciarlatani che si spacciano per professionisti, prendendo in giro le famiglie del defunto e offrendo un servizio poco professionale.

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Redazione Tan Magazine 17/09/2020 0

Furti e atti vandalici: una piaga dei Cimiteri Italiani

Le strutture cimiteriali sono purtroppo interessate da diversi anni da problematiche di varia natura, primi tra tutti i furti, gli atti vandalici ed una urgente necessità di interventi, anche di semplice manutenzione ordinaria.

I cimiteri spesso difettano per una effettiva mancanza di supervisione (e quindi facilità di accesso) ed un crescente bisogno di spazi aggiuntivi. Tale scenario, caratterizzato da una pesante incuria e mancanza di controlli, si ripete tristemente in tutta la nostra penisola, senza distinzione fra Nord e Sud.

Per portare un esempio recente, negli ultimi mesi, ad esempio, il cimitero di Pizzoli, in Abruzzo, è stato teatro di furti a raffica. Vasi ma anche fiori e oggetti: questo il “macabro” bottino e certamente è stata un’ amara scoperta per i congiunti dei defunti che ivi riposano, che hanno visto le tombe dei propri cari private di piccoli oggetti collocati in ricordo. Seppur di non effettivo e considerevole valore econimico, il furto al caro estinto rappresenta soprattutto una privazione affettiva per coloro che avrebbero piacere di mantenere un contatto con il proprio congiunto scomparso, anche solo con un fiore. Ancora, ad Avezzano, sempre in Abruzzo, nei mesi scorsi, si sono verificate diverse segnalazioni di furti di arredi e suppellettili sacre in rame e in bronzo.

I furti al cimitero, dunque, non rappresentano casi isolati nel territorio, ma veri e propri atti di delinquenza reiterati nel tempo: se in precedenza esso veniva considerato un luogo verso cui portare rispetto e quasi, se vogliamo, timore reverenziale; oggi è diventato supermarket, senza casse per pagare, per ladri e figure borderline. Furti, dispetti, atti di vandalismo, gesti sconsiderati di persone con disturbi psichici hanno visto protagonisti nel corso degli ultimi anni, non di meno, anche i cimiteri di Milano e provincia. Dal punto di vista morale, questi gesti sono sicuramente atti di viltà che non possono in nessun modo essere riconducibili ad un mondo civile e gli enti pubblici non devono voltare le spalle a questa emergenza. Nel caso ad esempio del Cimitero Monumentale di Legnano, la cittadinanza spesso ha chiesto al Comune di riferimento l’installazione di telecamere, oppure l’ intensificazione di controlli, ma sembra che, ad oggi, non sia stato fatto abbastanza per risolvere questo problema.

Il Comune avrebbe inoltre risposto che l’ installazione delle telecamere sarebbe lesiva della privacy, ma c’è da chiedersi se effettivamente la mancata messa a disposizione di questa misura preventiva, possa essere davvero efficace e non controproducente, lasciando in tal modo agire indisturbati i delinquenti.

Oppure, ancora, in altri casi, la risposta delle amministrazioni sarebbe quella di non lasciare oggetti di valore davanti alle lapidi, ma il vero problema è che i ladri si portano via con sè di tutto, senza rispetto alcuno del defunto e dei suoi cari che piangono sulla sua tomba.

É necessario inoltre notare che la penisola è punteggiata di "lavori in corso", di ampliamento e ristrutturazione di diversi cimiteri, creando sicuramente scenari favorevoli ai ladri, che, nel frattempo, non perdono occasione di agire indisturbati.

Durante gli ultimi anni, per portare un esempio, in provincia di Frosinone si verificano da qualche tempo danneggiamenti alle tombe e furti sacrilegi. Infatti, nel cimitero Pareti a Ferentino, ladri e vandali scatenati hanno compiuto atti contrari al buon costume e al buon senso. Ad essere rubati sono fiori, vasi, discendenti in rame ed addirittura, durante una scorsa notte, i delinquenti hanno saccheggiato le coperture in piombo di alcune cappelle.

I ladri hanno, in quell’ occasione, agito effettivamente indisturbati nella notte, avendo a disposizione tutto il tempo necessario per compiere il malefatto, senza la benchè minima ombra di alcun controllo o sorveglianza. La famiglia ha ovviamente sporto denuncia ai carabinieri della locale stazione, che hanno avviato le indagini per risalire agli autori del gesto di pessimo gusto. Probabilmente la banda di malviventi era composta da piu' persone, in quanto smontare e portare via una copertura in piombo tagliata in lastre non è un’ impresa certamente facile per uno solo.

Ma quello non è stato l'unico caso. Come abbiamo già ampiamente detto, in diverse tombe mancano infatti fiori, vasi ed addirittura anche i discendenti in rame. Spesso, la situazione viene alla luce all’ indomani mattina, quando le famiglie si recano al cimitero per fare visita ai cari defunti.

I delinquenti colpiscono gli affetti e gesti come questi non hanno altra spiegazione, se non quella di persone senza scrupoli pronti a tutto pur di avere qualche piccolo guadagno. Nonostante nel caso di Ferentino, per esempio, fosse stato presentato negli anni scorsi un progetto che potesse garantire  l'ampliamento del cimitero e la previsione di un sistema di sicurezza con telecamere e vigilanza h24, tale proposito è purtoppo andato incontro a non poche problematiche con la giustizia, per accuse di estorsione e corruzione.

Insomma, a Ferentino, come in altre parti di Italia, la situazione cimiteriale è sostanzialmente immutata, i loculi continuano a scarseggiare e quelli che ci sono sono preda di atti vandalici senza alcun ritegno e rispetto.

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Redazione Tan Magazine 17/09/2020 0

La nuova formazione per il tanatoprattore

Diventa abbastanza complicato e restrittivo parlare in poche righe di una nuova e così ampia figura professionale quale il Tanatoprattore, cercheremo comunque di restringere al massimo il campo descrittivo di questa nuova professione e di elencare i numerosissimi vantaggi che tale nuovo mestiere può presentare a chi vi dedica il necessario interesse.

Con un po’ di scetticismo si potrebbe pensare che l’affacciarsi di una nuova figura professionale possa portare a promesse di nuove occupazioni ed eventuali riscontri economici/sociali che lasciano il tempo che trovano ed invece il nuovo mestiere del Tanatoprattore apre nuovi orizzonti e nuove soluzioni sia a chi ancora deve affacciarsi al mondo del lavoro, sia a chi opera già da tempo nel campo e deve riqualificare la propria impresa. Ecco che la Tanatoprassi si rivolge allo stesso tempo al disoccupato in cerca di lavoro e all’imprenditore che ha già insita nel suo mestiere l’idea di pratica funeraria e vuole ampliare le proprie conoscenze con un’eventuale utile e completa formazione alla Tanatoprassi stessa.

E’ chiaro che per diffondere un mestiere con pratiche nuove e poco conosciute, è necessaria una preparazione di base adatta a formare Tanatoprattori sempre più motivati e competenti ed è qui che la formazione stessa può essere appoggiata da meritati riconoscimenti sia a livello governativo che delle stesse regioni ed è da qui che si può attingere per l’ottenimento di eventuali agevolazioni che già favoriscono sia i disoccupati che le nuove imprese anche nella nuova realtà europea.

Un’eventuale e necessaria formazione è un mezzo indispensabile per creare nuovi posti di lavoro a professionisti ai quali sia riconosciuto anche un titolo nazionale dai vertici ministeriali competenti.

In quest’ottica è più facile capire come una nuova figura professionale possa offrire i propri vantaggi e radicarsi nel mondo del lavoro come un mestiere sempre al servizio del sociale e aperto    ogni giorno a nuove e moderne soluzioni applicative dettate dai tempi.

Alla luce di quanto detto finora diventa ovvio comprendere come il Tantoprattore possa farsi largo nel mondo del lavoro come una figura di chiara necessità nell’ambito sociale ed è altrettanto ovvio constatare quelle che possono essere negli anni le garanzie economico/sociali che questa nuova figura professionale potrà offrire ai suoi intermediari più assidui e competenti.

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Redazione Tan Magazine 17/09/2020 0

Tanatoprassi sempre più richiesta

La recente tragedia di Venezia, che ha visto un motoscafo offshore schiantarsi contro la diga San Nicoletto e ha causato 3 morti (tra cui il pilota motonautico Fabio Buzzi, ferito gravemente anche l’altro pilota italiano Mario Invernizzi). Ha visto un nuovo intervento della tanatoprassi.

Il fatto

L' imbarcazione offshore si è schiantata contro la diga di San Nicoletto a quasi 80 nodi. Una delle vittime è il progettista e pilota motonautico Fabio Buzzi, detentore di numerosi primati nell'offshore: stava tentando il record della Venezia-Montecarlo. Ferito gravemente un altro pilota italiano, Mario Invernizzi. Gli altri due morti sono invece due piloti inglesi le cui salme sono state affidate agli operatori dell'Istituto Nazionale Italiano di tanatoprassi per la ricomposizione e la dovuta conservazione del corpo per il rimpatrio in Gran Bretagna.

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Redazione Tan Magazine 17/09/2020 0

La nuova tanatoprassi

Con la scoperta di Fluytan, il sostituto della formalina nasce la nuova tanatoprassi: nuove tecniche, nuovi metodi di intervento, cambia il modo di svolgere la cura di tanatoprassi che il mondo conosce.
I.N.I.T. Istituto Nazionale Italiano di Tanatoprassi in collaborazione con Assotan e Alphatan Academy stanno preparando un libro per studiare e per apprendere la Nuova Tanatoprassi. Questo testo vi assisterà e vi porterà passo passo fino al momento dei test per l'esame finale dei corsi riconosciuti dallo Stato Italiano.

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Redazione Tan Magazine 17/09/2020 0

L'importanza dell'ultima immagine

Non appartengo al settore funerario. Mi occupo d’immagine. Immagine di vivi e non di defunti. Fino a non molto tempo fa, ignoravo tutto della tanatoprassi e guardavo con una certa diffidenza tutto ciò che era legato all’attività funebre, attività che consideravo come un male necessario. Necessario, ma sempre un male. Penso tutt’ora che il mio atteggiamento fosse comune a molta gente. Come molte persone, non ero per nulla attratto dal vedere i cadaveri anche se la mia professione mi aveva portato su vari scenari di guerra e calamità naturali dove dolore e morte facevano regolarmente parte dello scenario. Ma in quel caso era diverso: il contatto con la morte apparteneva alla sfera della professione. Era routine.

Dopo essermi avvicinato alla tanatoprassi, sempre per professione, mi sono posto una domanda: perché molte persone sono riluttanti ad avvicinarsi al corpo di un loro caro defunto? Perché sono insensibili? Non penso. La ragione è che l’immagine che vogliono conservare, che vogliono ricordare del loro caro non è quella del morto. La fissità del viso di un cadavere ha una grande forza espressiva e spesso, vi si legge in maniera inesorabile sofferenza e dolore. Si vogliono ricordare immagini di momenti felici. Eppure quell’immagine, quell’espressione sul letto di morte o nella bara, vista anche per un attimo, t’insegue e ti perseguita.

Ed è lì che tanatoprassi e tanatoestetica possono svolgere un importante ruolo sociale e di civiltà: curandone l’aspetto si ridà ad una persona, perché sempre di persona si tratta, la dignità che non di rado aveva perso nell’ultimo periodo della sua vita.

Il mondo di oggi è un mondo dove la cura dell’immagine è quasi portata ad esasperazione. Prodotti per l’estetica, la cura del corpo e del viso non conoscono crisi. La cura dell’immagine diventa una priorità impostata dai rapporti professionali e sociali e non si capisce perché questa cura non dovrebbe riguardare proprio l’ultima immagine che uno lascia di se. Chi rimane dovrebbe percepirlo come un segno di rispetto, un obbligo morale.

Tanatoestetica e tanatoprassi dovrebbero diventare una prassi e non l’eccezionalità. Prassi lo sono già in America e lo stanno diventando nel Regno Unito in Francia e in altri paesi europei. Sono personalmente convinto che se la gente fosse correttamente informata non avrebbe difficoltà ad aderire a patto che non venga spaventata da una terminologia sconosciuta e persino intrigante. Si dovrebbe semplicemente parlare di cure di conservazione come accade in Francia dove la stessa legge recita: “soins de conservation”.

I popoli antichi consideravano la nascita e la morte come due momenti fondamentali ai quali partecipava tutta la comunità. L’era moderna, che ha progressivamente disgregato le comunità, anche quella familiare, tende a limitare le forme e i momenti di partecipazione. Ritrovarsi e magari riallacciare rapporti da tempo affievoliti può essere una grande opportunità e la tanatoprassi può ridare una serenità familiare in un momento così delicato come quello del commiato.

Per avere successo in società si dice che bisogna “nascere bene” a chi ci lascia deve essere consentito “morire bene”.

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Redazione Tan Magazine 17/09/2020 0

Jean-Nicolas Gannal, ideatore della tanatoprassi moderna

Personaggio eccentrico e controverso, Jean-Nicolas Gannal (1791-1852) ha dato il suo nome al metodo Gannal, considerato il metodo alla base della tanatoprassi moderna. Come molto spesso accade, la fama di cui gode Gannal nel campo della tanatoprassi, è in parte usurpata in quanto il procedimento di conservazione dei corpi per via d’iniezione vascolare era già stato attuato dal medico italiano Giuseppe Tranchina qualche anno prima di Gannal, e addirittura un secolo prima

dall’anatomista olandese Frederik Ruysch che con il suo liquor balsamicum è considerato il primo ad avere utilizzato l’iniezione arteriosa per la conservazione dei cadaveri.

Le parti anatomiche e i corpi conservati da Ruysch suscitarono un notevole interesse tanto che, a quasi un secolo dalla sua morte, Giacomo Leopardi scrisse un’ opera intitolata Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie.

Sembra che, attraverso le sue mummie, Ruysch volesse trasmettere il messaggio che lui – e solo lui – fosse in grado di sfidare la morte rendendo l’aspetto di un morto simile a quello di un dormiente. Enfatizzò sempre la naturalezza delle forme e la flessibilità dei corpi diversi da quelli vivi solo per la mancanza di movimento. Era convinto che nessuno sarebbe stato in grado di raggiungere il suo livello di perfezione. Per questo non volle divulgare il suo metodo. Mantenendo il segreto sarebbe potuto rimanere l’unico valido intermediario tra il mondo dei vivi e la morte. Il metodo non sopravvisse quindi all’autore.

Tornando a scrivere di Gannal va altresì ricordato che l’americano Holmes, che gode di fama ancora maggiore rispetto allo stesso Gannal, specie negli Stati Uniti dove l’embalming nel senso moderno del termine è diventata ormai routine, trasse il suo metodo dalla traduzione in inglese di Histoire des Embaumements scritto da Gannal nel 1838 e tradotto in inglese nel 1840.

Fino al XIX° secolo i metodi di conservazione dei corpi erano molto invasivi, con asportazione di alcuni organi e tagli sulla muscolatura per fare penetrare polveri, aromi e altre sostanze.

Una rivista del 1842 descrive così il metodo Gannal: “Grazie al procedimento inventato dal sig. Gannal nulla è più come prima. Una piccola incisione sulla parte laterale del collo per introdurre il liquore di conservazione, tramite una pompa; poi, all’esterno, tessuti bagnati con liquori aromatici; due ore di tempo ed è tutto finito … non serve nemmeno spogliare il corpo che deve essere imbalsamato … il corpo di un bambino trattato con questo metodo è stato esposto per tre mesi nell’obitorio di Parigi … Un condannato, imbalsamato dal sig. Gannal è stato esposto a Londra per due anni agli occhi del pubblico … è auspicabile che il procedimento del sig. Gannal diventi popolare e questo sarà possibile grazie al prezzo contenuto di questo trattamento …

Su Gannal si sono scritte tante cose. Ad esempio che avesse sperimentato il suo metodo per rimpatriare i corpi di alcuni soldati morti nella battaglia della Berezina durante la campagna di Russia di Napoleone. Questo appare molto improbabile in quanto lo stesso Gannal fu fatto prigioniero dai russi alla Berezina. E’ invece vero che, come addetto ai reparti sanitari, partecipò a numerose campagne napoleoniche, fu fatto sette volte prigioniero e riuscì sempre ad evadere. Sopravvisse a Waterloo.

Tornato a Parigi lavora come chimico al laboratorio di chimica del Politecnico di Parigi prima e a quello dell’Accademia delle scienze, dopo.

E’ protagonista di diverse invenzioni: cere industriali, collanti, inchiostri, gelatine da sotto-prodotti animali che conserva con procedimenti chimici.

Fa ricerche sulla conservazione dei cadaveri per i laboratori di anatomia. Nel 1837, l’accademia delle scienze lo invita a fare delle prove sul metodo di conservazione dei corpi dell’italiano Tranchina per via di iniezione arteriosa di acido arsenico. Dà parere negativo insistendo sui pericoli, per la salute pubblica, rappresentati dall’arsenico. Facendo così finta di dimenticare che anche il suo liquido di conservazione, brevettato nello stesso anno 1837 contiene arsenico.

Ma quando nel 1845 l’Accademia di Medicina di Parigi fa un confronto tra il metodo Gannal e il metodo Sucquet, viene rivelata la presenza di arsenico nel liquido di Gannal che proprio per questo viene screditato. Il suo liquido è soppiantato da quello del suo concorrente, l’imbalsamatore J.P. Sucquet, a base di cloruro di zinco. Nonostante le critiche del mondo accademico e scientifico, grazie alla traduzione in inglese del suo libro, Gannal è noto in America ed è studiando il suo metodo e il suo liquido che Thomas Holmes svilupperà il proprio fluido togliendo la componente d’arsenico. Il metodo di Holmes conoscerà un notevole successo con la guerra di secessione. Holmes dichiarerà di aver praticato personalmente 4028 trattamenti. Al prezzo di 100 dollari per intervento, Holmes tornò nella sua natia Brooklyn da uomo ricco. Successo e ricchezza dovute in gran parte ad un eccentrico inventore parigino di nome Jean-Nicolas Gannal.

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Redazione Tan Magazine 17/09/2020 0

Tanatologia, Tanatoprassi, Tanatoestetica, Tanatoplastica

In questo numero affronteremo il tema della tanatologia, cioè lo studio della morte, risale alla notte dei tempi: da quando l’uomo ha preso coscienza di vivere, si è interrogato sulla morte. Ha tradotto questa sua ansia del comprendere in tutte le forme espressive e artistiche: dalla scrittura sia essa prosa o poesia, alla pittura e alla scultura, alla musica, nel modo di vestire durante il lutto.

La tanatologia non è quindi una scienza della morte ma l’insieme di tutte quelle discipline che ne trattano. La tanatologia è quindi rivolta non ai morti ma ai vivi che sono, sono o sono stati confrontati con la morte: persone colpite da un lutto, malati terminali, coloro che hanno tentato il suicidio. Per assolvere il suo compito, la tanatologia comprende tutte quelle discipline che possono aiutare l’Uomo confrontato con questo tragico e misterioso evento: psicologia, medicina, tanatoestetica e tanatoprassi.

La tanatologia diventa materia universitaria grazie allo scienziato russo Ilya Ilitch Metchnikov che nel 1903 scrive, nel suo libro Studi sulla natura umana e saggio di filosofia ottimista, che senza un’attenzione sistematica alla morte, le scienze della vita non sarebbero complete.

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