10 articoli dell'autore Sandra Bergamelli

Sandra Bergamelli 25/02/2023 0

Codacons: il business dei funerali in Italia vale 3,5 miliardi di euro

Gli abusi nelle camere mortuarie su cui indaga la Procura di Milano rappresentano una goccia nel mare, perché il fenomeno del racket del caro-estinto è diffusissimo negli ospedali italiani. Lo denuncia il Codacons, che da anni lancia l’allarme sulle illegalità da parte delle imprese funebri all’interno dei nosocomi del nostro Paese.
“Il business dei funerali raggiunge in Italia quota 3,5 miliardi di euro annui e vede attive più di 5 mila imprese funebri. Un giro d’affari enorme che fa gola a soggetti senza scrupoli, avvoltoi pronti a pagare profumatamente operatori, infermieri, medici e anche una certa Chiesa Cattolica per avere in tempo reale i nominativi dei deceduti, o a mettere in atto comportamenti illegali per sabotare la concorrenza, sfruttando la situazione di sofferenza e confusione dei parenti dei defunti per offrire servizi funebri a tariffe maggiorate rispetto ai prezzi di mercato”.
In base ai calcoli del Codacons, infatti, i funerali con tangente incorporata costano mediamente il 30% in più rispetto ai costi medi dei servizi funebri. Il Codacons chiede dunque di estendere i controlli in tutti gli ospedali italiani, al fine di stroncare le collusioni tra pompe funebri, infermieri e camere mortuarie, e invita i parenti dei defunti a non accettare mai l’offerta di agenzie che si presentano e offrono servizi senza essere state esplicitamente chiamate. Anche in queste situazioni drammatiche occorre avere il sangue freddo di dire un “no” deciso. Tanmagazine ha deciso di approfondire per fare informazione libera e giusta su un argomento che si sta trasformando in un pericoloso grande inganno del settore.

Nei prossimi numeri vi proporremo una delle storie più sleali e viscide che i così detti grandi imprenditori del settore hanno organizzato contro i veri innovatori del settore funebre italiano.

Leggi tutto

Sandra Bergamelli 15/05/2022 0

Ecco chi potrà prelevare subito i soldi dal conto cointestato del defunto anche se non erede sia in banca che alle Poste

Alla morte di un nostro caro defunto oltre a dover affrontare il dolore per la perdita, sono tante le incombenze da svolgere. Talvolta innanzi al mare magnum di adempimenti ci si ritrova impreparati e spaesati e se non si presta la dovuta attenzione si rischiano sanzioni salate. Infatti vedove ed eredi di coloro che sono deceduti dal 1°agosto al 30 novembre 2021 devono trasmettere all’Agenzia delle Entrate la dichiarazione persone Fisiche 2021. Ovviamente se il de cuius era titolare di partita IVA. Chi non invia questa dichiarazione entro il 31 maggio potrà ricevere dall’Agenzia delle Entrate, anche prima dell’estate, pesanti sanzioni. Pertanto, anche se è difficile e doloroso, è necessario andare avanti perché la legge non ammette scuse.

Si dovranno programmare tutte le scadenze e ricercare anche i conti di cui era titolare il defunto dove magari vi sono depositate somme importanti. Questi infatti non si estinguono automaticamente con la morte del titolare ma sarà necessario seguire un preciso iter sia da partedei successori che della banca. Ma cosa accade se il conto del de cuius era intestato con altro soggetto ancora in vita? Chi potrà prelevare le eventuali somme giacenti sul conto? A fornire la soluzione è proprio la Suprema Corte con pronunce anche piuttosto recenti.

Ecco chi potrà prelevare subito i soldi dal conto cointestato del defunto anche se non erede sia in banca che alle Poste

In particolare dopo la morte di uno dei cointestatari del conto, a firme disgiunte, il contitolare superstite potrà continuare ad utilizzare liberamente il conto corrente. La banca sarà tenuta a corrispondere al correntista superstite le somme depositate sul conto qualora questi le chieda. Ciò a prescindere dalla rispettiva quota e in virtù del principio della solidarietà attiva. Pertanto il cointestatario superstite potrà continuare ad operare sul conto, effettuando prelievi o versamenti.

A nulla potranno valere le rimostranze nei confronti della banca. La Corte di Cassazione in virtù del suindicato principio ha confermato che la banca è tenuta a corrispondere le somme depositate sul conto all’altro correntista. Ovvero si è espressa relativamente ad un deposito bancario intestato a più persone con la possibilità, per ognuna, di eseguire tutte le operazioni anche disgiuntamente. Ha evidenziato pertanto che in questi casi si realizza una solidarietà dal lato attivo dell’obbligazione che consente agli altri cointestatari di chiedere l’adempimento dell’intero saldo. In questo caso la banca sarà tenuta a soddisfare le richieste senza avere alcun obbligo nei confronti degli eredi non cointestatari del conto. Secondo la Cassazione questo rientra tra gli obblighi della banca, ovvero consentire agli altri contitolari di disporre pienamente e liberamente dei soldi sul conto. Pertanto ecco chi potrà prelevare subito i soldi depositati sul conto dopo la morte del de cuius.

 

Leggi tutto

Sandra Bergamelli 06/02/2022 0

Le attività funerarie nel diritto europeo ed italiano

Il disegno di legge sulla «Disciplina delle attività funerarie, della cremazione e della conservazione o dispersione delle ceneri», A.C. n. 3189, del 22 giugno 2015 , risponde certamente ad una esigenza largamente sentita di aggiornamento e riordino della attuale disciplina. Nel perseguire tale obiettivo l’iniziativa legislativa in oggetto si caratterizza peraltro rispetto ad altre analoghe proposte per il rilievo che in essa assume la considerazione dell’interesse generale che i servizi funerari complessivamente considerati perseguono. Come si legge infatti nella Relazione illustrativa del disegno di legge, «[q]uella funebre è attività complessa che, oltre ad articolare il proprio intervento in ambito commerciale […], si configura come attività di interesse generale attinente alla salute pubblica ed alla pubblica sicurezza, con preminenti aspetti di natura igienico-sanitaria». È a tutti noto come l’attività funebre si sia venuta sempre più caratterizzando per la natura pubblica del servizio così prestato, in ragione dei sempre più numerosi compiti di natura appunto pubblicistica – quando non addirittura di vere e proprie funzioni sanitarie – attribuiti agli operatori del settore, quali incaricati di pubblico servizio. L’attuale disciplina non risponde ormai da tempo a tali specificità dell’attività funeraria nella sua odierna accezione e le precedenti iniziative di riforma non traevano, sul piano delle soluzioni in concreto suggerite, le dovute e coerenti conclusioni da quanto premesso in merito alla natura dell’attività stessa. Non a caso dunque, a fronte di una legislazione, come pure si legge nella Relazione, «disorganica a livello regionale ed obsolescente a livello nazionale», l’interesse pubblico (generale) preminentemente perseguito dalla attività funeraria costituisce il momento ispiratore della nuova iniziativa legislativa.

 

Che la salvaguardia dell’interesse pubblico sia una esigenza destinata ad imporsi sui profili più prettamente commerciali, pur esistenti e come tali meritevoli di tutela, è la stessa Unione europea a dircelo. Il nostro legislatore può così introdurre quei correttivi al libero mercato che soddisfino l’interesse generale al regolare svolgimento dei servizi di rilevanza non solo pubblica ma anche commerciale. Del resto, l’evoluzione in senso pubblicistico dei servizi funerari è comune, pur con risposte variamente articolate, a vari paesi dell’Unione europea. Muovendo da tale qualificazione, essi sono intervenuti a disciplinare il mercato, privilegiando la soddisfazione dell’interesse generale, che coincide, non a caso, con quello dei dolenti, a che, da un lato, siano garantite la qualità del servizio, la affidabilità degli operatori, la diffusione del servizio sul territorio e la professionalità degli addetti, e, dall’altro, sia rispettato il dolore della famiglia, evitando i deprecati fenomeni di malaffare. L’Europa, dunque, viene in nostro soccorso, mostrandoci non solo la strada da seguire, ma anche fornendoci gli strumenti necessari.

 

La giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea.

 

I servizi funerari nella loro accezione più ampia comprendono due categorie di attività e possono perciò essere distinti in «servizi mortuari» e servizi di «pompe funebri». Tale distinzione è stata fatta propria dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella sentenza del 27 febbraio 2003, Bestattung Wien3 , l’unica peraltro in cui i giudici del Lussemburgo si sono pronunciati sulla disciplina e soprattutto sulla natura di tali attività, avendo avuto modo in precedenza di occuparsi solo dei profili più prettamente concorrenziali in una ormai risalente decisione del 4 maggio 1988, Pompes funèbres4 , resa in tema di fissazione dei prezzi e dunque di abuso di posizione dominante. Nella decisione del 2003 la Corte muove invece dalla constatazione di come spesso gli Stati utilizzino la menzionata distinzione per qualificare i servizi mortuari quali servizi di interesse generale e le pompe funebri come servizi resi in regime di mercato, per concludere invece che entrambi i servizi rispondono ad una medesima funzione, giacché «non si può contestare che i servizi mortuari e di pompe funebri possono essere considerati come servizi rispondenti effettivamente a un bisogno di interesse generale»5 , la cui nozione costituisce un concetto autonomo di diritto comunitario. Proseguendo nel suo ragionamento, la Corte precisa che «[d]a una parte, infatti, tali attività sono connesse all’ordine pubblico in quanto lo Stato ha manifestato interesse ad esercitare un rigoroso controllo sul rilascio di certificati quali certificati di nascita e di decesso. D’altra parte, evidenti motivi di igiene e sanità pubblica possono giustificare il fatto che lo Stato conservi, su tale attività, un’influenza determinante e adotti misure come quelle previste dall’art. 10, n. 1, del WLBG, qualora i funerali non siano stati organizzati entro un determinato termine successivo al rilascio del certificato di decesso. L’esistenza stessa di una tale disposizione rappresenta pertanto effettivamente un indizio del fatto che le attività di cui trattasi possono soddisfare un bisogno di interesse generale. Pertanto, è segnatamente necessario respingere l’interpretazione sostenuta dalla convenuta nella causa principale secondo cui, in antitesi alle prestazioni di pompe “nel senso ampio del termine” come l’inserzione di necrologi, la collocazione del defunto nella bara o il suo trasporto, soltanto l’inumazione e la cremazione dei corpi nonché la gestione dei cimiteri e dei colombari – qualificati come prestazioni di pompe funebri “nel senso stretto del termine” – rientrerebbero nella nozione di bisogno di interesse generale. Infatti, tale distinzione sarebbe artificiosa dato che tutte o la maggior parte di tali attività erano di regola esercitate da una medesima impresa o da una medesima autorità pubblica».

 

“ 3 Corte giust., 27 febbraio 2003, causa C-373/00, Adolf Truley GmbH c. Bestattung Wien GmbH, EU:C:2003:110. 4 Corte giust., 4 maggio 1988, causa 30/87, Corinne Bodson c. SA Pompes funèbres des régions libérées, EU:C:1988:225. 5 Corte giust., 27 settembre 2003, causa C-373/00, Bestattung Wien, cit., punto 51”.

 

 

Le indicazioni che emergono dalla decisione della Corte sono chiare ed utili per definire il possibile ambito di intervento legislativo all’interno dei singoli paesi. Ad avviso dei giudici del Lussemburgo, non importa quanto siano rilevanti le prestazioni di pompe funebri in senso stretto rispetto alle attività più propriamente commerciali svolte da un’impresa, dal momento che la suddetta impresa continuerebbe ad occuparsi di bisogni di interesse generale, come tali soggetti ad una rigorosa disciplina volta ad assicurare la soddisfazione di tali interessi. Perché peraltro una determinata attività di natura anche, se non soprattutto, commerciale, possa comunque essere qualificata come destinata a soddisfare principalmente specifiche esigenze di interesse generale aventi – questi sì – carattere non commerciale, ovvero sanitari o di ordine pubblico, occorre che ricorrano determinati «indizi» della sua natura pubblicistica. In conclusione, (tutte) le attività funerarie, siano esse di natura pubblica oppure commerciale, rispondono, in determinate circostanze, ad un interesse generale dell’ordinamento. Il disegno di legge di cui si discute è destinato a soddisfare pienamente le condizioni poste dalla Corte di giustizia, ponendo al centro del riordino motivi di ordine pubblico, di igiene e di sanità pubblica. Come si legge infatti nell’art. 7, «[l]’attività funebre costituisce attività di interesse generale attinente alla salute pubblica ed alla pubblica sicurezza, con preminenti aspetti di natura igienico sanitari». Tale affermazione, più volte ripresa nell’articolato, si riverbera anche ma non solo sul piano dei requisiti per lo svolgimento dell’attività, sulle modalità per la sua effettuazione e sul processo di qualificazione professionale degli addetti (vedi artt. 8-11).

 

Del resto, come sottolineato dall’avvocato generale Alber nelle conclusioni rese nel caso Bestattung Wien, a connotare in senso pubblicistico l’incarico attribuito all’impresa di pompe funebri è proprio il fatto che le attività celebrative e di inumazione siano disciplinate insieme, in un ambito normativo unitario che non consente di distinguere, fra le varie attività, «quelle che sono svolte nell’interesse della collettività e quelle che sono svolte nell’interesse dei singoli»7 . Ancora più interessanti sono le considerazioni che possono trarsi dalla sentenza della Corte di giustizia sul piano dei possibili interventi di regolamentazione del mercato da parte dello Stato. È infatti la stessa Corte a sottolineare come, soddisfacendo l’attività un bisogno di interesse generale, il suo esercizio possa essere subordinato al rilascio di una previa autorizzazione8 , che è strettamente collegata, precisa l’avvocato generale, alla verifica dell’esistenza di una necessità del servizio da verificarsi in sede di rilascio della autorizzazione stessa9 . La verifica di tale «necessità» si traduce, sempre ad avviso dell’avvocato generale, in una delimitazione, per motivi di interesse generale, della concorrenza, mantenendo la pubblica amministrazione «un’influenza sostanziale almeno per ciò che concerne la determinazione del numero di coloro che operano sul mercato»10 . L’introduzione di un meccanismo autorizzatorio, basato sulla verifica della sussistenza dei requisiti previsti per l’esercizio dell’attività, e la definizione dei livelli ottimali di copertura del servizio funebre non solo costituiscono momenti qualificanti del disegno di legge (vedi art. 5), ma, come appena osservato, rispondono anche alla funzione sociale dell’intero comparto delle attività funebri, in piena coerenza e rispetto delle precise indicazioni della Corte di giustizia.

 

 

La direttiva Bolkestein e le deroghe alla libertà di iniziativa economica.

 

Non deve a questo punto meravigliare il fatto che la direttiva servizi, nota anche come direttiva Bolkestein (direttiva n. 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno11, cui è stata data attuazione col d. lgs. 26 marzo 2010, n. 5912), non menzioni i servizi funerari né per disciplinarli né per escluderli dal suo ambito di applicazione. Va invece rilevato che uno specifico riferimento ai «servizi di pompe funebri» compare nel Manuale per l’attuazione della direttiva servizi, pubblicato dalla Commissione europea, dove, a commento dell’art. 2, par. 2, lett. d, della direttiva, che esclude dall’ambito di applicazione della direttiva stessa i servizi nel settore dei trasporti, si precisa che l’esclusione non comprende «i servizi che non costituiscono servizi di trasporto» in senso stretto, quali «i servizi di pompe funebri», per quanto attiene ovviamente al trasporto della salma. Tale precisazione è stata fatta propria dal d.lgs. n. 59 del 2010, cit., il cui art. 6, c. 2, riprende al riguardo le indicazioni fornite dalla Commissione europea.

 

La prima considerazione da trarre è che le attività funerarie in genere non sono in quanto tali menzionate nella direttiva per il fatto, si può ragionevolmente ritenere, che esse risultano, per molteplici e rilevanti profili, riconducibili alla prestazione di servizi che attengono all’ambito della sanità, dell’igiene e della sicurezza pubblica, di per sé escluse, ex art. 2, par. 2, lett. f e anche i, dal campo di applicazione della direttiva stessa, e, per altri, alla categoria più ampia dei servizi in cui è preminente l’interesse generale alla loro esecuzione. Secondo infatti la distinzione tracciata dalla Corte di giustizia nella sentenza Bestattung Wien14 , fra «servizi mortuari» e «pompe funebri», i primi («servizi mortuari») rientrano fra i settori cui non si applica la direttiva, stante la loro natura pubblicistica. Per quanto riguarda invece le «pompe funebri», tra cui rientrano i servizi di trasporto funebre sopra ricordati, essi possono essere comunque soggetti a restrizioni, anche significative, e quindi di fatto esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva, laddove il legislatore nazionale riconosca loro la natura di servizi di interesse generale. Dispone infatti in tal senso la stessa direttiva che, in più disposizioni, prevede che la prestazione di determinate categorie di servizi possa essere sottoposta a restrizioni, tra cui, in particolare, il rilascio di autorizzazioni e misure di pianificazione territoriale, quando ciò trovi giustificazione in «motivi imperativi di interesse generale», tra i quali compaiono la pubblica sicurezza, la sanità e l’igiene pubblica e la tutela del consumatore (considerando n. 40; v. anche considerando n. 56 e art. 9). Il richiamo ai motivi imperativi d’interesse generale compare ovviamente anche nel d.lgs. di attuazione della direttiva, dove l’art. 8, c. 1, lett. f, riprende il contenuto del citato considerando n. 40 per definire l’ambito delle possibili deroghe al regime di liberalizzazione altrimenti introdotto.

 

Ulteriore conseguenza è che la libertà di esercizio delle attività in discorso può essere variamente limitata da ciascuno Stato membro per soddisfare le proprie esigenze imperative, nel rispetto comunque dei principi generali dell’ordinamento comunitario, tra cui quelli di non discriminazione e di proporzionalità. Stante infatti la natura comunque restrittiva delle misure previste nel progetto di disegno di legge in esame, perché esse possano essere giustificate occorre non solo che esse trovino ragione in motivi imperativi di interesse pubblico, ma anche che tali previsioni abbiano applicazione non discriminatoria, siano idonee a conseguire lo scopo perseguito e si limitino a quanto necessario per il raggiungimento di detto scopo. Tutti questi requisiti sono pienamente soddisfatti dalle disposizioni di cui si propone l’adozione nel disegno di legge A.C. n. 3189, cit.

 

Che i servizi di pompe funebri possano essere considerati come servizi rispondenti ad un bisogno di interesse generale è la Corte di giustizia, nella decisione sopra ricordata, ad affermarlo, riconoscendo così la possibilità per gli Stati di far ricorso per la loro disciplina a meccanismi autorizzatori idonei a soddisfare le esigenze imperative dell’ordinamento in questione, in deroga a quanto altrimenti previsto dalla direttiva servizi. A ciò si aggiunge che le disposizioni contenute nel disegno di legge di riforma, seppur restrittive dell’accesso al mercato, sono non discriminatorie e si applicano in ugual misura a tutte le imprese del settore. Ciò vale in particolare per i requisiti che sono fissati per consentire agli attuali e ai nuovi operatori di ottenere l’autorizzazione per la propria attività. In linea di principio, tutti gli operatori del settore che soddisfino le condizioni indicate hanno la possibilità di beneficiare delle nuove disposizioni.

 

Degli obiettivi specifici perseguiti dalla normativa proposta già si è detto, va invece precisato che lo strumento della pianificazione territoriale, di cui all’art. 5 del disegno di legge, è sicuramente idoneo a soddisfare l’interesse pubblico a che venga garantita la possibilità da parte dei dolenti di accedere ad un servizio che nel tutelarne i diritti soddisfi anche esigenze prioritarie di carattere igienico sanitario e di sicurezza pubblica. Nel perseguire tale obiettivo la normativa proposta non va oltre quanto strettamente necessario per raggiungere tale obiettivo. Nella scelta poi concreta dei singoli strumenti, in particolare amministrativi, giudicati idonei a garantire la tutela dell’interesse pubblico perseguito gli Stati membri dell’Unione mantengono, come già ricordato, un margine di discrezionalità che giustifica le differenti soluzioni legislative rintracciabili in ciascuno di essi. Il fatto che uno Stato membro imponga norme più rigide in materia di tutela di preminenti interessi pubblici di quelle stabilite da un altro Stato membro non significa dunque che tali norme siano incompatibili con le disposizioni dell’ordinamento dell’Unione. Ciò che conta è che, quando da tali norme conseguano restrizioni alle libertà fondamentali, i requisiti e le limitazioni così introdotti soddisfino le condizioni (quattro) sopra indicate e frutto della elaborazione della Corte di giustizia. Non varrebbe dunque invocare, al fine di contestare la legittimità delle forme di tutela e regolazione del mercato che sarebbero introdotte dal progetto di legge in discorso, una possibile violazione della libertà di iniziativa economica tutelata dalla Costituzione, così come declinata nelle pronunce della Corte costituzionale. In realtà, dovendosi fornire una interpretazione comunitariamente orientata della normativa nazionale, stante la supremazia del diritto dell’Unione, va ricordato che la libertà di impresa è sancita dall’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Esso stabilisce che tale libertà è riconosciuta «conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali». Tale rinvio al diritto comunitario va inteso nel senso che la libertà di impresa può incontrare limiti tra i quali la Corte di giustizia, nella sentenza Sokoll-Seebacher del 13 febbraio 2014, annovera espressamente un regime di autorizzazione amministrativa preventiva, purché, come già osservato, tale regime sia fondato «su criteri oggettivi, non discriminatori e previamente conoscibili, che garantiscano 8 la sua idoneità a circoscrivere sufficientemente l’esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali».

 

Nello stesso senso si è pronunciata la Corte costituzionale, precisando che la tutela della concorrenza «si attua anche attraverso la previsione e la correlata disciplina delle ipotesi in cui viene eccezionalmente consentito di apporre dei limiti all’esigenza di tendenziale massima liberalizzazione delle attività economiche»16, purché eventuali regimi autorizzatori siano giustificati da motivi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione e di proporzionalità17 . Tutti criteri quelli indicati dalla Corte costituzionale, e prima ancora dalla Corte di giustizia, che risultano pienamente soddisfatti dalla normativa proposta nel disegno di legge A.C. n. 3189, cit. Infine, sempre nel senso che la tutela del consumatore e, quindi, a maggior ragione, quella di esigenze igienico-sanitarie e di pubblica sicurezza giustifichino in base al diritto dell’Unione europea restrizioni alla libertà di iniziativa economica, si è pronunciato di recente anche il Consiglio di Stato, nella sentenza pronunciata il 26 agosto 2015, in tema di esercizio dell’attività di gioco lecito18 . Pienamente legittima è dunque la scelta che il legislatore italiano è chiamato ad operare sulla base del disegno di legge A.C. n. 3189, cit., laddove introduce meccanismi autorizzatori e di pianificazione territoriale, in quanto, come si legge all’art. 7 dell’articolato, «l’attività funebre costituisce attività di interesse generale attinente alla salute pubblica ed alla pubblica sicurezza, con preminenti aspetti di natura igienico sanitari». Il tutto nel rispetto del dettato delle disposizioni del TFUE e, più in particolare, della direttiva servizi che consente di restringere il suo ambito di applicazione per quei servizi che rispondono a finalità di interesse generale, purché siano soddisfatti i requisiti generali posti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. 

I profili concorrenziali.

 In più occasioni l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avuto modo di occuparsi dei profili concorrenziali dell’attività funeraria, giungendo a conclusioni critiche nei confronti dell’attuale assetto normativo. Due sono i profili principali di indagine: anzitutto, la distinzione fra l’attività di gestione delle camere mortuarie e l’attività imprenditoriale di onoranze funebri (AS392, Segnalazione del 23 maggio 200719); in secondo luogo, la possibilità, prevista nel caso dalla legge regionale campana, di subordinare l’esercizio dell’attività funeraria all’iscrizione in un apposito registro (AS1153, Segnalazione del 6 novembre 2014; vedi anche AS1055, Segnalazione del 14 giugno 201320). In merito, va ora rilevato che il disegno di legge in esame soddisfa anche le esigenze manifestate dalla AGCM nelle proprie Segnalazioni. Giova al riguardo prendere le mosse dalle considerazioni svolte dalla Autorità Garante nel novembre 2014, con riguardo alla previsione della iscrizione in un registro regionale delle imprese funerarie e cimiteriali. È infatti la stessa AGCM a sottolineare come il regime autorizzatorio così introdotto risulti incompatibile con la libertà d’iniziativa economica, in quanto non vi sono a livello statale disposizioni che «abbiano valutato l’esistenza di esigenze di interesse generale»21 idonee a giustificare tale restrizione.

 A rendere dunque illegittimo il regime di autorizzazione introdotto a livello regionale è (solo) l’assenza, in sede di fissazione dei principi generali che devono regolare la materia, di una espressa qualificazione da parte dello Stato dei servizi funerari quali servizi di interesse generale. Tale considerazione, letta alla luce dei principi affermati dalla Corte di Giustizia nel ricordato caso Bestattung Wien22, giustifica pienamente l’iniziativa di riforma in discussione, che, muovendo dalla esigenza di soddisfare ben precisate esigenze di interesse generale, detta criteri oggettivi cui subordinare il rilascio del documento autorizzativo, soggetto a periodiche verifiche, nell’ambito di una programmazione territoriale. I vincoli così introdotti all’accesso al mercato risultano strettamente giustificati, in un’ottica di proporzionalità, dall’interesse generale perseguito e come tale riconosciuto meritevole di tutela dall’ordinamento comunitario.

 A conclusioni non dissimili si perviene anche con riguardo al fatto che, sempre secondo la AGCM, le finalità commerciali dell’attività di onoranze funebri «non si conciliano con il corretto e fisiologico svolgimento del servizio di gestione delle camere mortuarie». L’art. 8, par. 4, del disegno di legge A.C. n. 3189, cit., prevede infatti che «[l]e imprese funebri, qualora esercitino attività in esclusiva in mercati paralleli, quali quelli relativi all’ambito cimiteriale nello stesso territorio in cui operano le imprese funebri, sono obbligate alla separazione societaria, intesa come svolgimento distinto con società o soggetto, comunque denominato, dotato di separata personalità giuridica ed organizzazione distinta ed adeguata di mezzi e risorse». A ciò si aggiunge che, in base al successivo par. 5, alle stesse «imprese funebri è vietata la prestazione dei servizi in ambito necroscopico, intendendosi per tali la gestione di servizi mortuari di strutture sanitarie ed assimilabili e di depositi di osservazione ed obitori, nonché la fornitura a questi di servizi diversi dal trasporto funebre».

Anche sotto questo profilo le nuove disposizioni darebbero dunque una risposta adeguata alle perplessità manifestate dalla AGCM, assicurando il rispetto delle regole di concorrenza nel settore, sempre comunque in coerenza con il preminente interesse al soddisfacimento delle esigenze pubbliche, anche quando i servizi di onoranze funebri e i connessi servizi di carattere pubblico-sociale e igienicosanitari sono prestati in un contesto imprenditoriale unitario ed integrato.

Conclusioni.

Un rapido esame delle normative vigenti negli altri paesi dell’Unione, tra cui, in particolare, Belgio, Francia, Germania e Spagna, ci mostra come comune sia il riconoscimento della funzione pubblica delle attività funerarie. La soddisfazione dell’interesse generale allo svolgimento nel modo più idoneo di tali attività avviene peraltro in ciascun paese secondo modalità tra loro diverse; comuni sono tuttavia l’attenzione per gli aspetti di formazione degli addetti al settore e l’introduzione di adeguati requisiti per l’esercizio dell’attività. Alla luce di quanto fino ad ora osservato, deve pertanto ritenersi pienamente compatibile con i principi del mercato interno e della concorrenza una legislazione nazionale che, come quella di cui si propone l’adozione nel nostro paese, condizioni lo svolgimento delle attività funerarie, complessivamente intese, in modo cioè da ricomprendere sia i servizi mortuari sia quelli di pompe funebri, all’ottenimento di una autorizzazione rilasciata dalla pubblica amministrazione, previa verifica del soddisfacimento di taluni requisiti. Le condizioni così poste al rilascio della autorizzazione sono peraltro strettamente proporzionali al fine perseguito di interesse generale e riguardano, in particolare, le strutture necessarie per l’esercizio dell’attività e la formazione degli operatori del settore. Ad esse si accompagna l’obbligo di rispetto di una stringente regolamentazione di sanità pubblica. L’adozione nel nostro paese di una normativa organica di riforma che fissi a livello nazionale i principi generali, cui devono attenersi i legislatori regionali negli ambiti di loro competenza, è divenuta una priorità cui il legislatore non può più sottrarsi. Si tratta infatti di porre rimedio alla confusione prodotta sul piano normativo dal proliferare sia di interventi legislativi regionali, attuati in modo disorganico e con previsioni normative talvolta tra loro contraddittorie, sia di misure regolamentari comunali che disciplinano, in modo spesso molto differente tra loro, i servizi funerari, con inevitabili ricadute negative sulla qualità del servizio reso al dolente e sul rispetto degli standard sanitari. L’esigenza di una riforma del settore è resa ancor più evidente dal fatto che l’attuale normativa nazionale riguarda soltanto gli aspetti di sanità pubblica più rilevanti, senza preoccuparsi, da un lato, di definire, a livello di principi, quali siano gli interessi generali da perseguire, e, dall’altro, di fornire gli strumenti normativi necessari per lo svolgimento della funzione pubblica di cui le imprese funebri sono incaricate. Di fatto, tutti questi aspetti vengono lasciati all’intervento del legislatore regionale o addirittura alla regolamentazione comunale, pur esulando le relative questioni dalle loro competenze, con effetti 11 distorsivi anche sul piano della concorrenza più volte segnalati dalla Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. In conclusione, il disegno di legge A.C. n. 3189, cit., oltre a rispondere ad esigenze di modernizzazione del settore, disciplinando la tanatoprassi, introducendo, sulla scorta dell’esperienza di altri paesi, le case funerarie e regolamentando, infine, la cremazione, procede ad un riordino complessivo dell’attuale normativa; il tutto al fine di assicurare la salvaguardia dell’interesse generale nell’espletamento del servizio pubblico di cui le imprese svolgenti attività funeraria sono incaricate. L’attività funeraria verrà perciò svolta, secondo le previsioni del disegno di legge di riforma, nel rispetto delle condizioni previste per il rilascio della prevista autorizzazione e secondo un piano di programmazione territoriale che, da un lato, consente a tutti gli operatori esistenti di adeguarsi alla nuova disciplina, e, dall’altro, garantisce che il servizio sia prestato sulla base delle esigenze del territorio. Le imprese del settore devono dunque soddisfare i requisiti di affidabilità, formazione, professionalità e dotazione strutturale che, per rispondere ad una esigenza di interesse generale, la natura stessa del servizio impone, nel pieno rispetto dei principi fissati dal diritto dell’Unione europea.

Leggi tutto

Sandra Bergamelli 02/12/2021 0

A causa della vodka il 25% dei Russi muore prima dei 55 anni

In Russia, la vodka rappresenta la principale causa di morte per le persone di sesso maschile sotto i 55 anni di età. A riportare questo allarmante dato è la rivista scientifica Lancet , dopo aver raccolto i dati provenienti dal Centro sul cancro di Mosca, dall'Università di Oxford e dall'Agenzia per la ricerca sul cancro dell'Oms (Organizzazione mondiale della Sanità). Lo studio, iniziato nel 1999 e conclusosi nel 2008, è stato condotto su un campione di 150 mila persone per esaminare il fenomeno dell’uso di alcol tra la popolazione russa e il tasso di mortalità correlato.

Dalla ricerca si evince che gli adulti russi, in particolare gli uomini, presentano rischio maggiore di morte prematura rispetto ai loro coetanei di altri paesi europei. Nel 2005, il 37% degli uomini russi è deceduta prima dell'età di 55 anni. Il 25% della popolazione russa muore per patologie legate all’alcol, in particolare al consumo di vodka. Per fare un paragone, in Gran Bretagna, paese con numerose storie di alcolismo, il tasso di mortalità è del 7%.

 

Si stima che, nel 2011, ogni abitante russo beveva in media 13 litri di alcol all’anno, otto dei quali di vodka. Inoltre, anche il consumo di sigarette è risultato maggiore tra coloro che facevano un alto consumo di vodka. In particolare, tra 57.361 fumatori di sesso maschile con nessuna malattia precedente, la stima del rischio di morte nei successivi 20 anni, all’età di 35-54 anni, era del 16% per coloro che avevano riferito di bere meno di una bottiglia di vodka a settimana, il 20% per coloro che consumavano 1-2 bottiglie a settimana e il 35% per coloro che ne consumavano oltre 3 a settimana. I corrispondenti rischi di morte, in età 55-74 anni, per lo stesso tipo di consumo di vodka, erano invece del 50%, 54% e 64%. In entrambe le fasce di età, il maggior rischio di mortalità si trovava in corrispondenza di bevitori cronici.

 

Il Direttore del Centro di ricerca russo contro il cancro afferma che nessun paese ha mai fatto registrare statistiche simili e che un tale tasso di mortalità è paragonabile ad un periodo di guerra o ad una profonda crisi demografica. Il governo della Federazione Russa ha varato dei provvedimenti per contrastare il fenomeno dell’alcolismo, compresi gli alcolici con una gradazione decisamente inferiore come la birra. Il nuovo giro di vite ha introdotto ferree restrizioni, come il divieto di vendita di bottiglie dalle ore 23.00 fino alle 8.00 del mattino. Altro punto saliente è il divieto di promozione commerciale su mezzi di trasporto pubblici o sui mezzi d’informazione di massa come tv, radio e stampa. Infine, il Cremlino ha fatto scattare il “piano aumento alcolici” che prevede l’incremento delle accise del 30% (36% per la vodka). Con questa strategia, la Russia mira a ridurre drasticamente i consumi, arginando al contempo una terribile piaga sociale.

In Italia, il numero annuale di morti causate dall’alcol è stimato intorno a 20 mila. L’Istituto superiore di Sanità, nella sua ultima indagine, conferma come il consumo di alcol stia diminuendo in modo costante, pur essendo in crescita la quota di chi beve alcolici fuori dai pasti, in modo particolare tra i giovani. Sul territorio romano, dall’analisi dei dati raccolti nella “Relazione Annuale sullo stato delle tossicodipendenze nei Servizi erogati dall’Agenzia Capitolina sulle Tossicodipendenze, edizione 2013”, emerge che quasi tre quarti (73,7%) del campione totale, composto di 6.498 persone, dichiara di avere consumato bevande alcoliche. All’interno del gruppo dei bevitori, il 38,8% consuma per lo più cocktails e la maggioranza (57,6%) dichiara di cambiare bevanda, a seconda di ciò che desidera, mentre il il 6,2% riporta di aumentare la gradazione.

 

Leggi tutto

Sandra Bergamelli 30/09/2021 0

Il laboratorio della morte

Negli ultimi anni, l’elevata tossicità e cancerogenicità della Formaldeide è stata riconosciuta a livello mondiale dal punto di vista sia scientifico sia normativo. I numerosi esempi di questo riconoscimento, e della seguente restrizione normativa all’uso della formaldeide, includono: negli Stati Uniti (a livello federale) – la Formaldehyde Emission Standards for Composite Wood Products, il Toxic Substances Control Act, il Resource Conservation and Recovery Act, il Clean Water Act, e il Clean Air Act; in Canada – il Canadian Environmental Protection Act, e il Hazardous Products Act; in Brasile – la Resolução nº 37 del 03/06/2008. In altri paesi (ad esempio in Cina e in Giappone) sono stati introdotti valori limite di concentrazione di formaldeide nell’aria.
Nell’Unione europea, la Direttiva 2004/37/CE, il Regolamento 2006/1907/CE e il Regolamento 2008/1272/CE hanno riconosciuto la cancerogenicità della formaldeide e ne hanno vietato l’uso, la produzione e la commercializzazione a partire dall’agosto 2017. Più recentemente, la Risoluzione del Parlamento Europeo del 27 marzo 2019 ha raccomandato agli Stati membri di ridurre al minimo l’esposizione alla formaldeide. La Direttiva UE 983/2019 ha ribadito la classificazione della formaldeide come sostanza cancerogena e ha riconosciuto la sua natura di allergene da contatto per la pelle. Il sistema normativo UE prevede tuttavia un sistema di autorizzazione alla produzione e al commercio di Formaldeide, ove assolutamente necessario. La Direttiva UE 983/2019 ha difatti riconosciuto che, posto il suo alto grado di accuratezza diagnostica, la Formaldeide è ancora utilizzata di routine nel settore sanitario in tutta l’Unione sulla base di questo sistema di autorizzazione. Infatti – al momento, e non considerando Fluytan – non esiste un’alternativa valida (accettata dalla comunità scientifica) alla Formaldeide per preservare campioni di cellule o tessuti. Per il settore sanitario, la Direttiva 983/2019 ha inoltre introdotto un periodo transitorio di cinque anni durante il quale è aumentato il valore limite consentito di Formaldeide nei luoghi di lavoro (concentrazione nell’aria).
E’ tuttavia importante sottolineare che a livello normativo (almeno nell’UE) sussiste l’obbligo giuridico sia per il settore pubblico sia per i produttori, importatori e utilizzatori di formaldeide di cercare alternative alla Formalina (si veda ad esempio il Regolamento 1907/2006, articolo 55: “tutti i fabbricanti, importatori e utilizzatori a valle che richiedono autorizzazioni analizzano la disponibilità di alternative e ne considerano i rischi ed esaminano la fattibilità tecnica ed economica di una sostituzione”.) Da un punto di vista giuridico, siamo attualmente in una fase “transitoria”, in cui l’uso della Formaldeide è tollerato, e soggetto ad autorizzazione derogativa, solo in virtù dell’assenza di validi sostituti. La formaldeide viene utilizzata nell’impossibilità di una prevenzione primaria: ovvero l’eliminazione dei rischi con l’utilizzo di diverse sostanze.
Di conseguenza, in particolare nel sistema sanitario e funerario, migliaia di lavoratori (es. infermieri, tecnici, medici, patologi, tanatoprattori) sono ancora esposti alla Formaldeide con possibili effetti negativi sulla salute. Fino ad ora, il punto di equilibrio tra la diagnostica (cioè la salute del paziente) e gli interessi di protezione del lavoratore si basa sulla riduzione dei rischi secondo il principio del “(rischio) più basso ragionevolmente ottenibile”. Il rischio derivante dall’esposizione deve essere ridotto implementando delle specifiche misure tecniche, organizzative e procedurali (es. cappe chimiche, procedure di sicurezza, ecc.). L’uso della Formaldeide comporta pertanto un pesante onere economico e giuridico per il datore di lavoro e / o per i medici del lavoro coinvolti. E’ difatti in aumento il numero di cause legali per responsabilità del datore di lavoro relative a malattie professionali legate all’uso di Formaldeide (si veda, ad esempio, negli Stati Uniti: il cosiddetto “Lumber Liquidators Scandal” e la causa intentata contro la FDA da Women’s Voices e l’Environmental Working Group.

La sostituzione della formalina (composto tossico e cancerogeno) è raccomandata per ragioni di salute dei lavoratori e tutela dell’ambiente ed è richiesta dalla vigente Normativa Europea.

 

 

Leggi tutto

Sandra Bergamelli 18/08/2021 0

Autopsie pericolose: I cadaveri sono ancora pieni di virus

 

I malati di Covid-19 restano infettivi anche per un certo lasso di tempo dopo la morte.

Patologi e altri specialisti devono bardarsi di tutto punto e prendere precauzioni per non contrarre il virus.

Chiunque è contagioso prima di morire, lo è anche appena dopo il decesso». Parole di Aurel Perren, direttore dell'istituto di patologia all'Università di Berna. Quanto tempo lo rimanga e però tuttora uno dei tanti punti interrogativi attorno al Covid-19. Per questo motivo anche i patologi, per eseguire l'autopsia, devono bardarsi di tutto punto. «Indossiamo mascherine FFFP3, occhiali di sicurezza, guanti e tute protettive. Proprio come i dottori che eseguono i tamponi a potenziali malati in ospedale.

Le stesse precauzioni sulla sicurezza vengono prese anche dall'istituto di patologia a Basilea. Nell'ospedale universitario renano si è anche cambiato un po' il metodo per effettuare le autopsie. «Non estraiamo più gli organi dai cadaveri per esaminarli. L'osservazione, a eccezione per i polmoni, viene fatta nel corpo», precisa a 20 Minuten Alexander Tzankov, capo del dipartimento d'istopatologia e autopsia presso l'Università renana. 

Questo metodo di autopsia "interno" ha lo scopo di limitare al minimo il contatto con i fluidi corporei e il sangue di un paziente infetto. «Queste secrezioni rappresentano per i patologi il maggior rischio d'infezione». Anche Tzankov non sa esattamente quanto questo virus resti in vita in un cadavere. Poi fa l'esempio dell'Epatite C: «L'agente patogeno che trasmette l'infezione inizia a indebolirsi dopo tre ore dalla morte e ha una carica virale pari a zero dopo 24 ore».

Il lavoro dei patologi basilesi è stato però ripagato e ha contribuito ad acquisire conoscenze importanti nella lotta al coronavirus. Il team condotto da Tzankov ha infatti dimostrato che tutte le dodici vittime di Covid-19 analizzate - due donne e 10 uomini tra i 56 e 96 anni - soffrivano d'ipertensione. Undici su dodici (unica eccezione una donna) erano ancora altamente infettivi quando è sopraggiunto il decesso. «I loro corpi erano ancora pieni di virus», conclude Tzankov.

Il cadavere di chi è morto per il Covid-19 resta contagioso?

 

Il corpo di chi è morto a causa del Covid-19 continua a trasportare e a diffondere il virus? Questa è una nuova (e inquietante) ipotesi sviluppata in un articolo pubblicato sulla rivista Journal of Forensic and Legal Medicine.

 

“occhi possibile porta d’ingresso”

 

Dalle osservazioni raccolte in questo studio, riportate anche su Maxi-Sciences.com, sembrerebbe che un medico forense e un’infermiera di Bangkok, in Thailandia, abbiano contratto la malattia da pazienti deceduti.

«È improbabile che i professionisti forensi possano entrare in contatto con pazienti infetti ma lo è molto meno entrare in contatto con campioni biologici e cadaveri», si legge nell’articolo, rimarcando che i due sono gli unici casi positivi tra il personale sanitario su 272 riscontrati nel Paese a partire dal 20 marzo.

In poche parole, secondo lo studio, la probabilità che il medico e l’infermiere abbiano contratto il Covid-19 al di fuori della struttura professionale è bassa e, quindi, lo scenario più probabile tra quelli considerati è che la contaminazione sia avvenuta a causa delle secrezioni provenienti da un corpo contaminato dal Covid-19.

 

Allerta dai medici inglesi sul Covid-19, emersa complicanza nei bambini

 

«Un cadavere potrebbe essere contagioso almeno per ore, persino per giorni», ha detto il dr. Otto Yang, professore di medicina, microbiologia, immunologia e genetica molecolare presso la David Geffen School of Medicine (Stati Uniti) sul sito specializzato Live Science. «Il virus potrebbe essere ancora presente nelle secrezioni respiratorie e potrebbe potenzialmente riprodursi in cellule che non sono ancora morte nei polmoni», ha spiegato.

Anche in Francia, inoltre, un paziente morto da cinque giorni ha mostrato ancora segni della malattia, come rivelato da Le Parisien l’11 aprile scorso. «Questo non significa necessariamente che sia ancora attivo» ha affermato il  professor Lorin de la Grandmaison, direttore del servizio di anatomia patologica e medicina legale presso l’ospedale Raymond-Poincaré di Garches (Hauts-de-Seine) .

In assenza di una sufficiente esperienza medica con questa nuova malattia, sarà necessario attendere nuovi studi e nuovi dati per avere certezze sulla trasmissione del virus post mortem. Nel frattempo, si raccomanda ai professionisti forensi di indossare i dispositivi di protezione (tute, guanti, occhiali, maschera).

 

  

Leggi tutto

Sandra Bergamelli 10/07/2021 0

Tanatoestetica. Albo Tanatoprattori: “No a sovrapposizioni. La tanatoestetica è un ramo della tanatoprassi e non una professione a se. Solo tanatoprattori abilitati potranno esercitare”

In un documento interno  della Commissione di ordine nazionale del tanatoprattore O.N.T. si fa il punto sulla diffusione della tanatoestetica. “Chi esercita prestazioni tanatopratiche senza essere un tanatoprattore abilitato, rischia oggi di incorrere nell’esercizio abusivo di professione”.


 
“Com’è ben noto,  per effetto della nuova Legge sulla disciplina funeraria di prossima uscita è individuata la professione del tanatoprattore. Detta professione dovrà poi essere istituita con la procedura prevista”.
 
“Primo assunto – si precisa -: la pratica della sola tanatoestetica  non sarà istituita, è la tanatoprassi ad esserlo, e la tanatoestetica ha senso solo dopo un corretto trattamento di conservazione igienica del corpo del defunto.  Per la figura professionale del tanatoprattore : la fase istitutiva dovrà seguire il previsto iter normativo sia relativo alla definizione del profilo che del percorso formativo. Allo stato, con nota della Commissione O.N.T.  al Ministero della Salute,  del 5 maggio scorso, si chiarisce che: “Ne consegue che in assenza del profilo della figura del tanatoesteta, la relativa attività professionale non può essere esercitata, a meno che il professionista che pratica la tanatoestetica non sia in possesso di Diploma di tanatoprassi e successiva abilitazione””.

 
“Secondo assunto – precisa la commissione d’Albo O.N.T. - : la tanatoestetica è un’attività complementare della tanatoprassi e come tale può essere posta in essere solo da tanatoprattori professionisti. Si chiarisce, a tal proposito che: “La definizione delle funzioni caratterizzanti la nuova professione della tanatoprassi avviene evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni di altre professioni non' riconosciute o con le specializzazioni della stessa””.
 
“Posto che – puntualizza - , con ogni evidenza, le prestazioni tanatoestetiche sono nella competenza dei tanatoprattori regolarmente abilitati, nella creazione di nuove figure professionali non potrà darsi una parcellizzazione o sovrapposizione per tale tipologia di prestazioni”.
 
“Coerentemente – conclude -  questa Commissione d’albo nazionale, assicurerà tutti i contributi necessari affinché il Ministero della Salute e la Conferenza Stato – Regioni possano disporre di ogni elemento utile ad evitare sovrapposizioni o parcellizzazioni con le competenze dei tanatoprattori, essendo chiaro che il trattamento di tanatoestetica costituisce ambito di attività propria della tanatoprassi. Resta invece di tutta evidenza che chi esercita prestazioni tanatopratiche senza essere un tanatoprattore abilitato, rischia oggi di incorrere nell’esercizio abusivo di professione”.

 

(Questo il punto della Commissione nazionale dell’O.N.T. Ordine Nazionale Tanatoprattori del 30 Aprile 2021).

 

Il parere dell’l.N.I.T. Istituto Nazionale Italiano Tanatoprassi:

Molte professioni, tra cui quelle tecniche, possono essere svolte solo in presenza di determinate abilitazioni rilasciate e/o riconosciute dallo Stato.

Esistono, infatti, professioni  “non regolamentate”, per il cui esercizio non è richiesto un determinato titolo professionale, che possono essere esercitate da chiunque, fatto salvo l’assolvimento di determinati obblighi informativi a tutela del consumatore.

Altra cosa sono, invece, le professioni  “regolamentate”, ovvero quelle per il cui esercizio è necessario uno specifico titolo di studio, una particolare abilitazione ovvero un’iscrizione ad un determinato Albo od elenco (cfr. art. 33, comma 5 Cost. e art. 2229 c.c.), la cui sussistenza ammette il professionista allo svolgimento di tutte le attività riservate alla categoria.

  In Italia non è possibile fare il lavoro che si vuole senza le dovute autorizzazioni: per alcune professioni, infatti, occorre una speciale abilitazione che viene rilasciata direttamente dallo Stato dopo il superamento di un apposito esame oppure al conseguimento di uno specifico titolo. Contravvenire a queste norme significa incorrere in un vero e proprio reato: l’esercizio abusivo della professione.

In pratica, chi vuole diventare tanatoprattore, o comunque esercitare la tanatoestetica, può farlo solamente a determinate condizioni che, se non rispettate, fanno scattare il reato. Purtroppo in Italia sono tanti i professionisti che si spacciano per tali ma che, in realtà, non hanno le carte in regola per poter esercitare.

Occorre sottolineare che la professione del tanatoprattore è soggetta all’iscrizione all’ordine professionale o Albo, nonché all’iscrizione presso le relative Casse previdenziali.

L’iscrizione consente loro di svolgere le attività tipiche della professione .

Possiamo dire che la vigilanza da parte degli Ordini ci preserva da prestazioni professionali che, se escluse dal controllo, non garantiscono quei modelli qualitativi e rigorosi necessari alla tutela dell’interesse generale e della professionalità della maggior parte di coloro i quali hanno fatto della professione una scelta di vita.

Ad ogni buon conto, nel dubbio, possiamo sempre consultare gli ALBI, anche on line, per verificare la relativa iscrizione del professionista a cui abbiamo dato fiducia e mandato.

 

Leggi tutto

Sandra Bergamelli 20/06/2021 0

Le modernità funebri

La necessità, si dice, è la madre dell'invenzione. Non sono sicuro che queste innovazioni funebri nascano tutte per necessità ma sicuramente ci offrono qualcosa su cui riflettere.

Bare IKEA
negli ultimi tempi
sui social spopolano delle immagini che fanno davvero accapponare la pelle: ma davvero Ikea si è messa a vendere delle bare che si montano facilmente a casa? Ovviamente no. Dando un occhio alle fotografie del catalogo che circolano online (e che, a dire il vero, non sono nemmeno recenti, ma vecchie di qualche anno) si capisce subito che si tratta di uno scherzo architettato da qualcuno davvero bravo con il fotomontaggio. Ma se le bare Ikea sono uno scherzo, sappiate che c’è davvero chi vende quelle montabili a casa!

Da Biella arriva davvero la bara da assemblare in stile Ikea

Ecco come si monta la bara in stile Ikea inventata dall'artigiano biellese Franco Ballarè e dalla sua "Eco Coffin": basta mettere insieme i pezzi, avvitarli con una brugola, foderare e il gioco è fatto. Il prezzo? Molto inferiore a una cassa classica, assicura il professionista piemontese

 https://video.repubblica.it/edizione/torino/da-biella-arriva-la-bara-da-assemblare-in-stile-ikea/193709/192692

Funerali Webcast
Sì, puoi guardare un funerale in diretta su Internet, ma solo su invito e con un codice di sicurezza! Questa tendenza in crescita in America ma oggi anche in Italia è stata creata per consentire ai membri della famiglia che non possono partecipare di assistere alla cerimonia dal vivo. Si è dimostrato particolarmente popolare nella comunità ebraica poiché la loro religione afferma che il corpo deve essere sepolto entro 48 ore, quindi le famiglie non sono sempre in grado di  essere lì di persona. La pratica è stata criticata per aver fornito un sostituto per la presenza effettiva, ma i direttori delle pompe funebri che utilizzano il servizio affermano che non è così. Sostengono che consente di aiutare  coloro che non sono fisicamente presenti e inoltre aiuta la fase di lutto. "East Devon Crematorium è stato il primo nel Regno Unito a installare una telecamera per rendere possibili i funerali webcast".

Cimiteri per i tifosi
La squadra di calcio dell'Amburgo SV ha creato un cimitero designato per i tifosi accanto al proprio stadio. La necessità è arrivata in risposta al dover rifiutare centinaia di richieste da parte delle famiglie di spargere ceneri sul campo. Ora à possibile essere sepolti o far spargere le tue ceneri con vista dello stadio.
Anche l'FC Schalke, un'altra squadra della Bundesliga tedesca, ha un cimitero per devoti seguaci.

 L'urna che diventa albero

L'azienda barcellonese Urna Bios ha progettato un'urna con un duplice scopo. L'urna ha una sezione superiore separata per consentire la germinazione del seme. Man mano che la piantina cresce, le radici entrano in contatto con le ceneri e alla fine con la biodegradazione l'intera urna si dissolverà nel sottosuolo. Attualmente offrono una scelta di 6 diversi semi di alberi e anche urne per resti di animali domestici. Il team creativo dietro il design, Roger e Gerard Moline, sperano che "Bios Urn cambi il modo in cui le persone vedono la morte, convertendo la "fine della vita" in una trasformazione e un ritorno alla vita attraverso la natura".
urnabios.com

Fondi commemorativi online
È sempre più comune leggere un necrologio che richiede donazioni di beneficenza "al posto dei fiori". 
Anche i siti web commemorativi sono sempre di piu', di solito hanno una o due pagine contenenti fatti, foto e poesie preferite del defunto. Ora ci sono aziende che offrono modelli per creare il tuo sito web commemorativo che accetta pagamenti con carta di credito e ordini permanenti! Puoi creare un fondo che mostri ai tuoi donatori quanto è stato raccolto. Poiché il costo dei funerali aumenta, alcune persone chiedono donazioni online per aiutare a pagare le spese mediche o il funerale stesso.

“Il diciannovenne e malato di cancro Stephen Sutton ha raccolto l'incredibile cifra di 3,2 milioni di sterline per il Teenage Cancer Trust tramite un sito web di donazioni online che continuerà a fungere da fondo commemorativo dopo la triste notizia della sua morte il 14 maggio 2014.”

 

Instagram ha deciso di trovare un modo per onorare le vittime da coronavirus lanciando un aggiornamento che permetterà di creare degli account commemorativi. Ma di cosa si tratta e come funziona questa toccante novità?

Il COVID-19 ha causato e continuare a causare la morte di numerose vittime in tutto il mondo. Questa terribile situazione ha avuto impatto anche sulla tecnologia e sui social. Instagram ha pensato bene di creare dei profili commemorativi per ricordare le vittime del coronavirus, una novità che potrebbe essere accolta positivamente dai parenti delle vittime che, ricordiamo, non hanno potuto celebrare le classiche esequie funebri.

Coronavirus, gli account commemorativi per le vittime su Instagram

Coloro che possedevano un account su Instagram, ma che purtroppo hanno perso la vita a causa del coronavirus, presto potranno essere pubblicamente commemorati. I vertici del social network infatti hanno deciso di lanciare un aggiornamento per rendere riconoscibili gli account delle vittime da COVID-19 attraverso un banner, “Remembering” (ovvero “In memoria di”).

Tale scritta apparirà sotto la foto profilo della persona deceduta, in modo da rendere subito evidente che ci si sta imbattendo in un profilo celebrativo. Tale progetto è in corso d’opera da tempo, ma il team di Instagram ha dichiarato di voler accelerare i lavori per andare incontro alle esigenze di tutti coloro che hanno perso qualcuno di caro a causa della pandemia.

 

Memoriali sui social media
Non in senso stretto un'innovazione nel settore funerario, ma illustra come la tecnologia ha cambiato il nostro approccio alla morte e alle persone in lutto.
Circa il 70% di noi possiede uno smartphone  e l'uso dei social media è aumentato rapidamente negli ultimi cinque anni. Più del 50% della popolazione Italiana ha una pagina Facebook e ci sono oltre 30 milioni di account Twitter live. Era, forse, inevitabile che questi siti venissero usati come memoriali virtuali e forum per le persone per commemorare i loro cari o sfogare il loro dolore e sentimenti legati al lutto. è una cosa buona? Ci sono, ovviamente, dei rischi: non puoi controllare i post di altre persone e potresti essere soggetto a messaggi o immagini sgradevoli. Fortunatamente, questi possono essere eliminati ma per alcuni il danno emotivo è già fatto! Il lutto sui social media è un fenomeno con cui molte persone non si sentono a proprio agio: l'idea della vecchia scuola secondo cui il lutto dovrebbe essere un processo privato, non pubblico o interattivo. C'è anche la possibilità che ti venga imposto il lutto pubblico da altri utenti ben intenzionati. Può essere molto angosciante per coloro che sono in lutto ricevere costantemente immagini e messaggi della persona che è morta, come un promemoria 24 ore su 24 della loro perdita.
Forse dovremmo abbracciarlo come un aspetto molto positivo della tecnologia moderna. In generale, come nazione, siamo riluttanti a parlare di morte e di morire. Se i siti dei social media ci consentono di parlare più apertamente dei problemi, allora sicuramente è una buona cosa. Poiché la maggior parte degli utenti dei social media sono giovani, tra i 25 ei 34 anni, esiste una reale possibilità che la prossima generazione non veda la morte come un argomento tabù.

Tutto sommato, sembra che, anche la morte, come la vita, sia influenzata dai progressi della tecnologia.

VITA (DIGITALE) ETERNA.

Chi proprio non volesse saperne di accettare l'inevitabile (inevitabile: si dice delle tasse e della morte) può ricorrere alla tecnologia per lasciare qui sulla Terra una copia digitale del proprio sé. Fenix Begravning, agenzia svedese di servizi funebri, ha messo a punto un sofisticato sistema di intelligenza artificiale in grado di ricreare un'identità digitale e interattiva dei trapassati. Il sistema, Voices From The the Other Side (voci dall'aldilà), viene addestrato utilizzando tutti i contenuti che il caro estinto ha pubblicato sui social network, le sue chat e le sue email. In questo modo l'AI impara a esprimersi come il suo originale in carne e ossa ed è in grado di rispondere a semplici domande sul suo passato. Per ora il software si esprime solo in forma scritta, ma gli esperti dell'azienda contano di dargli una voce e di migliorarne le capacità grazie ai progressi della tecnologia.

SPARATI (FIN QUASI) NELLO SPAZIO. 

Se siete appassionati di fisica, fantascienza ed esplorazione del cosmo potreste trovare interessante l'idea di trascorrere l'eternità dispersi nella stratosfera. Ad occuparsi della logistica potrebbe essere Mesoloft, azienda americana che grazie a speciali palloni porterà le vostre ceneri a 24.000 metri di quota per disperderle, al costo (base) di 5.000 euro optional esclusi, come video commemorativo, servizio fotografico del lancio, o blog ricordo.

 

RIPOSO BUDDISTA. 

Ideale per le persone più riflessive, la tumulazione in un tempio buddista garantisce tranquillità eterna, anche se in pieno centro a Tokyo. Il Koukokuji Buddhist Temple offre la possibilità di conservare le ceneri dei defunti all'interno di una futuristica urna di vetro a forma di Buddha, illuminata da luci a led: pochi i posti disponibili (2.000), al prezzo di 6.000 euro più 80 euro l'anno per le spese.

 

 

 

 

FARSI DIAMANTE. 

"Un diamante è per sempre" recitava qualche tempo fa una nota pubblicità. LifeGem ha fatto suo lo slogan mettendo a punto una tecnologia che permette di trasformare in diamanti sintetici le ceneri dei propri cari (a due, ma anche a quattro zampe). I tecnici estraggono il carbonio dalle ceneri del defunto, lo purificano e con l'ausilio di una pressa industriale da molte decine di tonnellate lo trasformano in diamante. Il processo è piuttosto lungo, richiede 24 settimane, e costa dai 3.000 a 20.000 euro a seconda della caratura finale della gemma.

 

CORALLI IN ETERNO. 

Se l'idea di rendervi utili alla causa ambientale anche dopo il trapasso vi sembra stimolante, potete farvi trasformare in corallo. Eternal Reef si occuperà di mescolare le vostre ceneri con una speciale miscela di cemento e creare con esse una sfera che verrà poi fatta affondare nei pressi della vostra barriera corallina preferita, dove sarà colonizzata da microrganismi e creature varie. Il costo oscilla dai 3.000 ai 7.000 euro a seconda delle dimensioni della sfera.

 

CIBO PER I FUNGHI. 

Tra le alternative più ecosostenbili alla sepoltura c'è quella proposta da Jae Rhim Lee, artista e fondatore di Ceoio, che realizza

una speciale veste funebre che ospita - nel tessuto - le spore di diverse specie di funghi. Questi organismi cresceranno nutrendosi del corpo del defunto, accelerandone la decomposizione.

 

L'ETERNO SCIACQUIO. 

Progettato per risolvere il problema della sovrappopolazione di Hong Kong, Floating Eternity è un cimitero galleggiante: una struttura artificiale progettata dagli architetti del Bread Studio (Londra), ancorata vicino alla costa e in grado di ospitare 370.000 urne cinerarie.

Leggi tutto

Sandra Bergamelli 11/03/2021 0

Attestati formazione sulla cura delle salme farlocchi? Ecco come scoprire se sono considerati validi!

Il rilascio degli attestati per corsi di formazione professionali destinati alla cura delle salme sono molto importanti quando si tratta di lavoro.

Una formazione degna di questo nome deve avere come unico obiettivo l’acquisizione di competenze. Tuttavia, anche se seguire lezioni interessanti è sempre bello (un po’ come seguire lezioni noiose si trasforma in un’impresa a dir poco impegnativa), senza una certificazione la loro validità è pari a zero.

Infatti, in tema di documentazione in ambito di Tanatoprassi e igiene funeraria, per gli attestati dei corsi di formazione la validità è tutto.

Ma quali sono i requisiti che un attestato di formazione dovrebbe avere? Insomma, come capire se davvero gli attestati di formazione sono validi? Ad esempio, chi può rilasciare attestati di formazione sulla Tanatoprassi?

Scopriamo di più sul rilascio di attestati per corsi di formazione sulla tanatoprassi validi o farlocchi in questo articolo. Analizziamo i vari aspetti implicati e impariamo come smascherare eventuali tentativi di raggiro. Sulla formazione non si scherza!

 

 

Attestati di formazione validi o farlocchi: come riconoscerli

Frequentare corsi senza attestati di formazione validi non porta a nulla.

Compreso questo dogma, con il nuovo Regolamento di Polizia Mortuaria di prossima uscita dove  è stato possibile porre basi più solide in materia di formazione nel campo della tanatoprassi. È stata fatta maggiore chiarezza su un ambito che, prima, presentava non poche ambiguità.

Tuttavia, se da un lato sono state colmate grosse lacune, dall’altro la formazione nel campo della cura dei defunti ha generato un business che è stato preso di mira da molti. Così sono nate società fittizie ed enti bilaterali che forniscono corsi con relativi attestati di formazione senza validità alcuna.

Questo mercato, purtroppo, è cresciuto nel tempo, ha illuso tante persone e aziende e ha portato alle “vittime” del raggiro una perdita di denaro, oltre al rischio di sanzioni per il fatto di non aver rispettato gli obblighi in materia previsti dalla Legge.

A favore di questa situazione e del diffondersi di attestati di formazione farlocchi, inoltre, c’è anche la cosiddetta garanzia d’impunità, in quanto vengono controllate solo il 5% del totale delle realtà aziendali che si occupano di formazione. Di conseguenza, i reati effettivamente scoperti sono solo una piccolissima parte, e si va dalla falsifica dei registri alla contraffazione alla truffa, fino all’associazione a delinquere.

Ma come fare per riconoscere corsi e relativi attestati di formazione sulla tanatoprassi validi? Innanzitutto è fondamentale individuare un buon Istituto di formazione su questa disciplina, scegliendo ad esempio tra i centri riconosciuti e accreditati.

Vediamo di seguito quali sono i requisiti base di un attestato di formazione riconosciuto dalla legge.

·       Requisiti di un attestato di formazione

La validità degli attestati dei corsi di formazione è determinata da una serie di elementi imprescindibili. Questi requisiti sono:

  • Prima cosa che esista una Legge che riconosca quella specifica figura professionale
  • Presenza di dati relativi all’ente che organizza e gestisce il corso di formazione professionale
  • Presenza della dicitura riportante la normativa di riferimento.
  • Indicazione di tutti i dati corretti relativi al partecipante al corso di formazione professionale
  • Indicazione della tipologia di corso e del settore di appartenenza
  • Numero di ore di corso sia pratiche che teoriche effettivamente frequentate
  • Periodo di frequenza del corso di formazione
  • Presenza delle firme del rappresentante dell’ente formatore e del corsista

 

Chi può rilasciare attestati di formazione sulla Tanatoprassi?

Oltre ai dati sopracitati come requisiti di un attestato di formazione nel campo della tanatoprassi, un punto importante è quello che vede protagoniste le realtà che erogano i corsi. E allora, chi può rilasciare gli attestati di formazione sulla tanatoprassi?

Per verificare che gli attestati di formazione siano validi, infatti, occorrerebbe accertarsi che il corso di formazione sia riconosciuto dalla Pubblica Amministrazione.

In questo senso, è possibile svolgere corsi validi e riconosciuti solo dopo che lo stato abbia riconosciuto la disciplina della tanatoprassi e  la figura del tanatoprattore sul territorio nazionale.

·       Attestati per corsi di formazione di tanatoestetica senza validità

Le proposte di rilascio di attestati per corsi di formazione per la tanatoestetica o tanatoprassi poco trasparenti o addirittura illegali sono purtroppo moltissime.

In questo senso, una realtà da tenere particolarmente in considerazione è quella che vede protagonisti i corsi di formazione online. Quel che è bene sapere, infatti, è che non tutti i corsi possono essere svolti tramite modalità e-learning, nonostante si trovino proposte di ogni genere che danno accesso a certificazioni e attestati per corsi di formazione senza alcuna validità.

Un altro caso è quello di realtà che promuovono il rilascio di attestati per corsi di formazione a pagamento, senza proporre nemmeno la frequenza del corso. Naturalmente, anche in questo caso si tratta di certificazioni senza alcun tipo di validità.

 L’attestato è il documento che certifica l’acquisizione delle competenze apprese durante il corso di formazione e dev’essere presentato in caso di controlli delle autorità competenti.

I riconoscimenti sono nati per creare le categorie professionali.
Il riconoscimento di un corso però, non è un indice di validità del corso stesso.

Gli unici riconoscimenti che hanno valore legale sono (ovviamente) quelli che derivano da un ente pubblico.
Classicamente sono:

  • Corso di specializzazione riconosciuto dal MIUR
  • Corso di formazione professionale riconosciuto dalla Regione

Esistono anche riconoscimenti di enti privati (solitamente sono associazioni), ma non hanno ovviamente nessun valore legale. Più semplicemente chi ritiene di dare un peso a questo o quell'ente privato lo fa, chi ritiene di non farlo, non lo fa.
Gli enti privati decidono in piena libertà sia i corsi che intendono "riconoscere", sia i parametri utilizzati per il riconoscimento stesso.

 

Il riconoscimento legalmente valido avviene quando vi è l'esigenza di creare una nuova figura professionale, e quindi si devono determinare le competenze minime che quella figura professionale deve avere.
In questi casi tutti i corsi che riguardano il formare quella figura devono, di fatto, essere riconosciuti dall'ente pubblico preposto.

 
Riassumendo:
Il riconoscimento legale è importante quando si ha necessità di acquisire un titolo (cosa ben diversa dalle competenze), mentre se si sta cercando un corso allo scopo di acquisire delle competenze, si deve prestare particolare attenzione ai programmi, ai docenti, alla spendibilità sul mercato del lavoro di quelle competenze, ecc..
A questo scopo può essere molto utile un confronto diretto con l'ente organizzatore (ponendo tutta una serie di quesiti che servano a comprendere il tipo di corso in relazione alla nostra esigenza formativo-professionale) e possibilmente con quanti abbiano frequentato il corso o lo stiano frequentando.

 

Per concludere, è quindi fondamentale informarsi sempre bene prima di iniziare un corso, per avere la certezza che si tratti di una realtà affidabile e riconosciuta, in grado di rilasciare attestati di formazione validi.

 

 

 

Leggi tutto

Sandra Bergamelli 17/09/2020 0

L'Accademia della Crusca ha ammesso la parola tanatoprassi nell'uso comune e corretta della lingua italiana

Noi umani abbiamo, da sempre, il compito di dare i nomi alle cose. È un compito aperto, perché la realtà cambia continuamente e di conseguenza anche la lingua ha bisogno di parole nuove per descriverla. Se, però, è vero che ognuno di noi può diventare onomaturgo, inventore di parole, altrettanto vero che non tutte le parole create finiscono nei vocabolari.

Tra le stranezze che caratterizzano l’Italia ne esiste una che in qualche modo collega il mondo delle imprese con quello della cultura. Eppure fino ad oggi, è stata data una limitata visibilità alle imprese che investono in servizi che modificano la cultura, anche se questo contribuisce alla ricchezza culturale del paese, e secondo diversi esperti, dovrebbe contribuire sempre di più, visto che, in anni di mutamento delle strutture funerarie il settore potrebbe crescere proprio puntando sulla valorizzazione dell’immenso patrimonio dei servizi moderni. In quest’ottica riveste particolare importanza una iniziativa avviata da ASSOTAN Associazione Italiana di Tanatoprassi, e I.N.I.T. L’Istituto Nazionale Italiano di Tanatoprassi. l’inserimento della parola “tanatoprassi” nella lingua italiana. Questo vocabolo è entrato a far parte ufficialmente, del nostro patrimonio linguistico. Ogni lingua scritta e parlata da sempre è stata per l’uomo espressione della propria cultura. L’iniziativa, oltre a significare l’evoluzione dei costumi e della mentalità di un popolo, premia quelle imprese che hanno superato gerarchie funzionali, e hanno introdotto nell’azienda moderne professioni particolarmente innovative e interessanti anche se in netta minoranza rispetto a quelle tradizionali, e vuole offrire nuove soluzioni in termini di comunicazione legata a servizi e cultura.

Leggi tutto